di OSSERVATORIO TG ARTICOLO 21
I TITOLI DEL 28 APRILE - Si parla di ‘ndrangheta nei Tg e i giornalisti tentano di approfondire anche la loro conoscenza sulla più potente associazione di criminalità organizzata del Paese ma, contemporaneamente, quella meno conosciuta dai media. Sarà questo il tema del nostro commento di oggi, affidato a Francesco Forgione, profondo – come dire – conoscitore della materia. Comunque gli arresti di Rosarno e la manifestazione civile di quella Reggio che non applaude il boss campeggiano solo nei titoli del Tg1 anche se ogni giornale ha un servizio al proprio interno.
L’apertura, invece, è monotematica quasi per tutti. Lo spettro della crisi europea scatenata dalla Grecia ma che vede in forte crisi anche Portogallo e Spagna. Apertura per tutti e sondaggio per La7. Solo Studio Aperto che, come consuetudine, apre con la cronaca strappalacrime inserendo la crisi solo come terza notizia.
La politica, invece, continua ad occuparsi del rapporto Fini-Berlusconi nel giorno in cui il finiano Bocchino si è visto accettare le dimissioni da vice capogruppo alla Camera dal fedelissimo del Premier Cicchitto. La notizia è nei titoli di Tg1- che riporta anche il dato del Governo battuto sul Ddl lavoro -, nel Tg2, nel Tg3.
A Piazza Navona, ieri, presidio dei giornalisti e delle associazioni per la difesa dell’Art. 21 della Costituzione, contro l’Alfano bis delle intercettazioni. La notizia è nei titoli di Tg3 e Tg4. Siparietto sul Tg4 con il segretario Fnsi Siddi in diretta telefonica con Fede. Una soluzione? Un gran giurì per la privacy presieduto da Fede. La proposta è fatta ma il direttore nicchia un po’ e poi accetta.
Tanto calcio e la lezione di Jovannotti ad Harward per chiudere mentre continua la vita parallela di Studio Aperto. La Marcuzzi gira scene sexy in un palazzo di Desio, a casa Cloney è sempre un gran caos, qualcuno s’è perso un coccodrillo in un laghetto di Caserta mentre a Milano i giovani non solo si drogano e bevono. Ma cominciano a fare sesso a 14 anni.
Il Commento: Francesco Forgione, esperto di mafie
(intervista di Alberto Baldazzi)
I tg tra ieri ed oggi Hanno dato sicuramente ampio spaio alle vicende della lotta alle ‘ndrine e alla ‘ndrangheta, anche se mostrando qualche elemento di minor conoscenza rispetto alla criminalità organizzata in Campania e soprattutto in Sicilia. Come mai c’è questa distonia tra la conoscenza diffusa nelle redazioni dei giornali e dei tg di mafia e camorra, rispetto alla ‘ndrangheta?
“Ci sono due questioni che si intrecciano. La prima riguarda la vocazione della ‘ndrangheta ad essere una mafia inabissata, a non sfidare mai lo stato, a non commettere omicidi eccellenti, a non accendere mai i riflettori su di sè . Rompe sostanzialmente questa sua storica vocazione tre volte: con l’omicidio Scopelliti, che però viene compiuto su ordine di cosa nostra, dopo la sentenza del maxi processo; con l’omicidio Fortugno, con la strage di Duisburg. Si parla si ‘ndrangheta tra ieri e oggi, per un errore commesso dalla famiglia di Giovanni Tegano, cioè quello di reagire all’arresto del loro congiunto – un grande capo, l’ultimo dei grandi patriarchi della ‘ndrangheta - con la manifestazione plateale di consenso. Quelle urla : “uomo di pace”, rimarranno impresse nell’immaginario della storia della ‘ndrangheta, catalizzando così l’attenzione dei media. Una settimana fa è stato arrestato un altro grande capo, il figlio del boss Antonio Pelle, in una operazione straordinariamente, ma non c’è stata nessuna attrazione mediatica e nessuno ne ha parlato. Il secondo elemento riguarda il mondo dell’informazione che non vede la ‘ndrangheta perché non la cerca, se non che quando succede qualcosa di eclatante. La rivolta di Rosarno, la bomba al tribunale di Reggio Calabria, la strage di Duisburg. E’ un’ipocrisia del nostro mondo dell’informazione che ha perso il gusto del giornalismo d’inchiesta. E se posso permettermi questa ipocrisia ha fatto il paio nel corso degli anni con quella della politica. Bisogna aspettare la commissione antimafia del 2008, quella che io ho presieduto, per avere la prima relazione di una commissione parlamentare sulla “ndrangheta. ”
Negli anni ’70, se la memoria non mi tradisce , c’è stato uno sceneggiato tv legato alle storie di ‘ndrangheta: “ Nessuno deve sapere”. Tornando alle polemiche delle ultime settimane sull’opportunità o meno da parte della fiction o della narrativa di occuparsi di criminalità organizzata. Lei cosa pensa. Illuminare serve oppure e, come dice il nostro presidente del Consiglio, “sputtana” l’Italia all’estero?
“ Intanto l’Italia all’estero la sputtanane le mafie, la sputtana il sistema della corruzione politica che ormai ci porta ai livelli più bassi tra l’africa e la Grecia, unico paese europeo che nelle statistiche sta dietro a noi per fenomeni di corruzione e per la percezione della corruzione. Io penso che invece bisogna sapere e per questo ho parlato del recupero del giornalismo d’inchiesta. Un giornalismo che non sta solo dietro le carte dei processi per pubblicare le intercettazioni. E che magari grazie alle inchieste costringe i magistrati a aprire le inchieste dove loro non erano ancora arrivati. Io penso anche alla fiction, ancorando la fiction alla realtà -non le squadre speciali che sappiamo non esistono per come ce le fanno vedere - . Ma fiction ancorate alla realtà anche con una dose di trascendenza, che poi spesso scopriamo essere comunque al di sotto della realtà. “