di Daniela de Robert
La marcia della pace si trasferisce all’estero scegliendo di percorrere più che le strade di pace le strade della guerra. Sarà proprio nei territori contesi di questo Medio Oriente al centro da decenni di tensioni, violenze e conflitti sanguinosi che oltre quattrocento italiani cammineranno per invitare tutti e ognuno ad assumersi le proprie responsabilità. “Stiamo consumando forse l’ultima possibilità di fare la pace in Medio Oriente” ha detto Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace presentando l’iniziativa. “Questo – ha aggiunto - non è più il tempo delle diplomazie inconcludenti. È il tempo in cui ciascuno si deve assumere le proprie responsabilità. Ma c’è troppo silenzio. E quando i governi tacciono è bene che parlino i popoli”.
Per questo giovani, rappresentanti di Comuni, Province e Regioni, gruppi sportivi, rappresentanti di associazioni, studenti e insegnanti, semplici cittadini hanno scelto di spendere una settimana nella Terra Santa percorrendo strade, incontrando istituzioni e persone, visitando i luoghi della memoria, favorendo il dialogo tra israeliani e palestinese, tra i familiari delle vittime dell’una e dell’altra parte, andando nei luoghi sacri delle fedi che lì trovano radice per sollecitare l’impegno per una pace che non trova la sua via ma anche per chiedere a gran voce all’Europa che faccia la sua parte.
Molte le tappe di questa carovana di pace: Betlemme, Haifa, Hebron, Tel Aviv, Jenin, Gaza, Misgav-Sachnin, Ramallah, Nazareth, Birzeit, Jaffa, Nablus, Gerusalemme. Un lungo percorso per un lungo conflitto che proprio in questi giorni torna a riscaldarsi con tensioni crescenti cominciate Domenica nella Spianata delle Moschee, lo stesso luogo in cui nel 2000 esplose la seconda Intifada.
Ma la pace non è un’utopia. Bisogna volerla e costruirla. Questa marcia sta a dimostrare che i cittadini dell’Europa ci sono. Aspettiamo ora che anche le istituzioni dell’Unione europea dicano la loro insieme agli Stati che la compongono.
Intanto in Medio Oriente si continua a soffrire e a morire.