di Redazione
Sabato 23 gennaio ad Acquasparta nel corso della tre giorni promossa da Articolo21 Francesco Demofonti, componente del Cdr di Grt e in rappresentanza della sua redazione è intervenuto alla nostra assemblea raccontando la l’esperienza della cooperativa Grt e riflettendo sul tema della libertà di espressione. Libertà negata nel loro caso. Dirlo, gli è costato una querela. Articolo21 esprime la sua totale solidarietà a Demofonti e intanto ripubblica integralmente il suo intervento
INTERVENTO AD ACQUASPARTA
di Francesco Demofonti
Carissimi, questo è il discorso che sabato 23 gennaio 2010 ho letto ad Acquasparta, come componente del Cdr di Grt e in rappresentanza della mia redazione! Per questo discorso, che 'in diretta' è stato leggermente modificato (in tutti i casi si può ascoltare sul sito di Radio Radicale', anche se al 99% non è diverso dal testo) ho ricevuto una querela! Vi chiedo di non abbandonarmi e di aiutarmi in questo ennesimo sopruso che sono costretto a subire da un esponente di Grt, in questo caso quello che fino al 17 aprile scorso è stato il mio direttore, Mario Bruno Bertoldi. Grazie in anticipo, Francesco Demofonti. Ricordo, infine, che nei confronti dello stesso Bertoldi la redazione fece un esposto del quale non si è mai saputo nulla! E questo nonostante il presidente dell'Ordine del Trentino sia venuto a Roma ed abbia ascoltato dalle nostre voci storie che nulla avevano a che fare con il giornalismo.
La redazione della cooperativa Grt aderisce alla manifestazione odierna in difesa della Costituzione e in particolare dell'articolo 21 della Carta anche se non tutti i suoi componenti per ragioni di turnazione sono potuti essere presenti. Noi di Grt siamo fermamente convinti che la libertà di stampa non possa essere limitata per ragioni politiche, culturali o ideologiche. Eppure siamo qui a raccontarvi la nostra esperienza - di vita e professionale - che purtroppo parla della NEGAZIONE dell'articolo 21 della Costituzione. E siamo ben lieti di farlo - vi ringraziamo per l'opportunità che ci avete dato - perchè se da un lato questo ci aiuta a sentirci meno soli, dall'altro possiamo contribuire ad illustrare il modo in cui - quotidianamente e concretamente - vive la Carta Costituzionale nella provincia italiana.
Nel nostro Paese nel 2010 vige ancora la censura. Noi di Grt possiamo affermarlo a viva voce visto che, nell'espletamento del nostro ruolo di giornalisti, l'abbiamo subita più volte in questi mesi. Non abbiamo avuto l'opportunità di svolgere la nostra professione che - secondo quanto ci hanno insegnato - è semplicemente quella di raccontare la realtà. Il nostro direttore, infatti, - che risponde al nome di Mario Bruno Bertoldi e che ci guida nostro malgrado da un anno da Bolzano dove risiede e lavora - ci ha impedito esplicitamente - PENA DURE SANZIONI - di riportare nei nostri Gr le notizie relative all'inchiesta della procura di Bari sul presunto giro di escort a Palazzo Chigi. Una precisa scelta editoriale, seguendo l'esempio di altri direttori che erano e sono convinti che non si debbano esacerbare gli animi degli italiani con notizie tendenziose? Non è così.
"Quella non è una notizia", ha avuto il coraggio di dire, spiegando - in un pessimo esempio di giornalismo - che la notizia ci sarebbe stata solo nel caso di arresto del Premier. A nulla è valsa la nostra difesa. "Un fatto diventa notizia - ha riposto la nostra collega via Skype (le riunioni avvengono così!!) - quando è di interesse pubblico, e in questo caso l'interesse pubblico c'è visto che stiamo parlando del nostro Presidente del Consiglio". Ma sentite la sua affermazione conclusiva: "Il direttore sono io e si fa come dico io. Se non vi sta bene quella è la porta!!!"
Noi non siamo iscritti a nessun partito - sebbene abbiamo idee politiche e ci rechiamo alle urne per votare -. Vorremmo soltanto fare i giornalisti. Inoltre confezioniamo Giornali Radio di tipo generalista della durata di 5 minuti al massimo in cui inseriamo le notizie dell'ultim'ora. Il nostro non è un giornale di opinione. Comunque non ci riteniamo dei sabotatori o dei sovversivi. Eppure questa frase - il direttore sono io e si fa come dico io - l'abbiamo sentita davvero tante volte in questi mesi, anche in tempi non sospetti. Il nostro direttore ci ha accusati di essere DISONESTI INTELLETTUALMENTE e FAZIOSI nel riportare - per esempio - la notizia dei fischi ricevuti dal premier durante il suo intervento all'ultima assemblea annuale della Confesercenti che si è tenuta la scorsa primavera all'Auditorium Parco della Musica di Roma.
C'è poi da aggiungere che le sue critiche sono sempre arrivate dopo la messa in onda dei nostri giornali radio, mai prima. In questo modo ci ha sempre potuto accusare di negligenza, imperizia e quant'altro. Queste accuse si sono trasformate presto in una trentina di lettere di RICHIAMO DISCIPLINARE all'indirizzo di alcuni colleghi - definiti FACINOROSI nei suoi interventi - in cui si legge di tentativi di insubordinazione, maleducazione, parolacce pronunciate in redazione, varie e imprecisate forme di IRRIVERENZA.
Protagonisti sempre tre o quattro redattori presi di mira di volta in volta. Mai nessun riferimento alla resa in onda degli stessi, che godono di ottima reputazione e di grande stima da parte dei colleghi. Nonostante il grande impegno di Stampa Romana e della Federazione Nazionale della Stampa, nelle persone di Paolo Butturini, Roberto Natale e Franco Siddi, due nostri colleghi sono stati LICENZIATI (uno di questi si è visto peraltro arrivare a casa l'ufficiale giuziario con la lettera di licenziamento qualche ora prima di uscire per andare a sostenere l'esame da giornalista professionista!!!). A nulla è valso anche lo sciopero indetto dalla redazione all'indomani di questi provvedimenti, che è stato vanificato dall'esimio direttore che, assieme alla sua consorte, da Bolzano, ha curato il confezionamento e la messa in onda dei gr. Dunque un sistema infallibile che farebbe impallidire l'intero ministero della comunicazione tedesco ai tempi di Hitler. Un sistema che poggia su un assunto odioso e pericoloso per definizione: eliminare il dissenso per creare un grande consenso. Detto diversamente si tratta di licenziare un giornalista oppure di spingerlo a dimettersi volontariamente, dopo costanti pressioni di vario tipo come le lettere di richiamo, tante albe di fila, negazione di cambi turno ecc.
Mai avremmo pensato di vivere sulla nostra pelle una realtà del genere. TUTTO QUESTO è davvero squalificante sia dal punto di vista umano che professionale. TUTTO QUESTO illustra appunto uno dei modi in cui si vive l'articolo 21 della Costituzione nel nostro Paese. Ma le radici di TUTTO QUESTO vengono da lontano e sono il frutto di una pianificazione mirata, dove numerosi altri elementari diritti dei lavoratori-giornalisti sono stati sistematicamente offesi e negati.
Tutto ha avuto inizio grosso modo un anno fa con il rinnovo del nostro Cdr al quale abbiamo dato mandato di mediare con la nostra dirigenza la definizione di un nuovo accordo che era ormai scaduto. (Un particolare di tale accordo: chi conduce la trasmissione "L´Italia in Prima Pagina", che va in onda dalle 5 alle 6, viene pagato in buoni pasto da 2 euro l´ora....). I vertici della cooperativa hanno cominciato a dare segnali di insofferenza. La vertenza è divenuta asprissima: fino ad oggi non siamo riusciti a sederci attorno ad un tavolo. Il 29 maggio 2009 ci siamo recati all'assemblea dei soci con l'intenzione di non votare il bilancio, proprio per dare un segnale forte e chiedere di conseguenza una reale e leale trattativa. Non l'avessimo mai fatto: abbiamo trovato una lista di nuovi soci - per noi fittizi, molti dei quali mai visti e sentiti in redazione, sulla regolarità dei quali aspettiamo il verdetto del giudice. Ovviamente però questi soci hanno votato - per delega - a favore dei provvedimenti in discussione vanificando quindi la nostra presa di posizione. Ma c'è dell'altro. L'atteggiamento nei nostri confronti da parte dei leader della cooperativa quel giorno è stato terribile. Ci hanno letteralmente aggredito con le parole, arrivando quasi allo scontro fisico - il direttore è andato verso un collega a pugno teso - una nostra collega ha subito molestie sessuali. Sempre l'egregio direttore - un gran profeta - ci ha detto che saremmo finiti tutti sulla strada. Ed effettivamente è quello che sta succedendo!
Dal 29 maggio 2009 tutto è cambiato, in redazione come nelle nostre vite. Molti di noi infatti hanno accusato malessere e stanno fronteggiando situazioni di enorme stress psicologico. Fortunatamente abbiamo trovato il sostegno del sindacato e dell'associazione articolo 21 che ci hanno permesso di DENUNCIARE quanto sta accadendo in questi giorni. La vicenda infatti è ben lungi dall'essere conclusa e propone ancora situazioni a metà strada tra l'ironico e il tragico, tra il surreale e il grottesco, comunque abbastanza sui generis.
Per esempio il presidente della cooperativa - che per un verso richiama alla mente l'atavica questione della mancanza degli editori puri nel nostro paese e, dall'altro, l'idea di uno Janjaweed della comunicazione italica - è stato capace di denunciare alla magistratura tutti i soci giornalisti. Il motivo? Diffamazione: per aver sottoscritto una lettera in cui si avvertiva gli altri soci - quelli presumibilmente fittizi - della situazione in atto. Non meraviglia quindi che quasi tutti i giornalisti abbiano ricevuto lettere di richiamo. Dunque abbiamo ragione di ritenere che altri colleghi presto saranno licenziati. La nostra coordinatrice Cristiana Tomei - da sempre un faro per tutti - è stata rimossa dall'incarico. E' stato nominato un vicedirettore connivente con la dirigenza, le segretarie sono pagate per trascrivere ciò che ascoltano mentre noi passeggiamo nei corridoi. I nostri magri stipendi la scorsa estate sono stati dimezzati per un paio di mesi a fronte di una improvvisa crisi di liquidità risoltasi MIRACOLOSAMENTE proprio la settimana di ferragosto.
Ma circa un mese fa è arrivato il regalo di Natale. E´ stata convocata un´ assemblea straordinaria dei soci in cui è stata approvata il nuovo statuto e il nuovo regolamento della cooperativa. Questi documenti prevedono - fra le altre cose - di sottoporre i giornalisti al capo dei tecnici e al responsabile degli addetti alla segreteria, oltre che al direttore e al vice-direttore. Proprio a loro dovremmo rivolgerci in caso di diatribe, che saranno comunque risolte 'bonariamente' dai vertici della cooperativa. Inoltre si fa divieto esplicito di diffondere a terzi i contenuti di tali eventuali diverbi, negandoci, così, teoricamente, di rivolgerci ad un avvocato. La pena - tra le righe - è l'espulsione.
Siamo nel 2010 a Roma. Sempre nella capitale nei prossimi giorni è prevista una nuova assemblea - ancora una volta dall'esito scontato - che dovrà decidere se dotare o meno la struttura di un AMMINISTRATORE UNICO. AMMINISTRATORE UNICO che sarà ovviamente il nostro egregio presidente, il grande architetto di tutto questo sistema, che continua a definire la PROPRIA AZIENDA quella che in realtà è e resta una cooperativa, dove tutti, dunque, dovremmo avere pari diritti. Già, dovremmo....AMMINISTRATORE UNICO per un OBIETTIVO UNICO: difendere 400 mila euro all'anno che sono i fondi stanziati dallo Stato a favore di Grt in quanto cooperativa di giornalisti.
Ecco la chiave di tutto. Cosa importa a questi signori dell'articolo 21 della Costituzione? Cosa importa a questi signori dei diritti dei lavoratori, del diritto tout-court o della democrazia? Abbiamo dovuto chiedere l'intervento del giudice per avere il permesso di prendere visione dei libri societari degli altri documenti della cooperativa: è un nostro sacrosanto diritto ma ci è sempre stato sostanzialmente negato da questi signori e ad oggi non siamo ancora riusciti ad analizzare questi documenti. Documenti che dovrebbero esplicitare il modo in cui i vertici della cooperativa hanno speso questi soldi, che - ricordiamolo - arrivano dallo Stato per un fine nobilissimo: quello di sostenere le imprese editoriali. Il baluardo della democrazia e del pluralismo nel nostro Paese: ancora una volta torniamo alla libertà di stampa, sebbene dalla prospettiva di una piccola realtà come la nostra, composta - fino alla scorsa estate - da 15 giornalisti. Perchè consentire a questi signori - destinatari di aiuti di Stato - di gestire la cooperativa in modo così disinvolto, in disprezzo dei più elementari diritti?
Perchè consentire a questi signori - destinatari di aiuti di stato - di produrre disoccupazione e disagio sociale? Cogliamo questa occasione per lanciare un appello alle tante personalità presenti: dateci una mano per evitare che altri nostri colleghi finiscano ingiustamente 'in mezzo alla strada', come aveva predetto il nostro direttore nei mesi scorsi. Noi percepiamo poco più di mille euro al mese, ma crediamo fortemente in quello che facciamo. Dunque vogliamo solo continuare a lavorare, serenamente, nella correttezza deontologica e nella piena legalità.
Il tema dei fondi pubblici all'editoria è al centro del dibattito politico e lo sarà sempre di più nei prossimi mesi. Si parla di rivedere il sistema di erogazione dei contributi, di ristabilirne i criteri, di recuperare il diritto soggettivo delle testate a percepire i fondi. Nell'ottica delle lotte agli sprechi e alle truffe si è ipotizzata anche la creazione di una commissione che indaghi su come vengono effettivamente impiegati questi soldi. Noi siamo favorevoli, anzi siamo pronti a mettere a disposizione tutta la documentazione in nostro possesso. Chiediamo che questo capitolo occupi un posto preminente durante i lavori dei prossimi Stati Generali dell'Editoria. Chiediamo di poter dire la nostra in vista della riforma del comparto, che deve necessariamente tener conto delle reali condizioni di vita delle redazioni giornalistiche radiofoniche locali. Nella speranza che il messaggio possa giungere al sottosegretario Paolo Bonaiuti e al ministro dell'economia Giulio Tremonti, ribadiamo che è profondamente ingiusto dare soldi pubblici in assenza totale di trasparenza. La redazione, infine, non esclude, se la situazione dovesse rimanere tale, di arrivare a gesti clamorosi.