di Simona Silvestri
Il costo della vita di un lavoratore ammalato a causa dell'amianto, alla Eternit, lo stimavano intorno ai 50 mila, euro più euro meno a seconda che l’interessato fumasse oppure no. Lo ha ricordato in aula a Torino il sindaco di Napoli Rosa Russo Jervolino durante l’udienza di lunedì 21 giugno, rispondendo alla domanda del Pubblico Ministero Colace sull’arrivo di eventuali finanziamenti da parte degli “svizzeri” per la bonifica dello stabilimento di Bagnoli. “No, finanziamenti privati non ce ne sono stati .. Ci sono invece stati tentativi non proprio nobili di offerte di denaro per declinare la costituzione di parte civile o situazioni di posizioni processuali... Offerte che sono state scartate e ritenute offensive”.
La sua testimonianza, così come quella del sindaco di Rubiera (Reggio Emilia) Lorena Baccarani, lascia intendere che alla Eternit fossero ben informati della nocività dell’amianto. Nel caso di Rubiera, dove era situata la Icar, uno dei quattro dipartimenti italiani di proprietà di Stephan Schmidheiny e Jean Luois de Cartier de Marchienne, questa consapevolezza è emersa dagli atti di cessione successivi alla chiusura dello stabilimento. Come sostenuto da Baccarani, nei tre contratti di vendita delle corrispettive parti dell’area Icar, la stessa Eternit si impegnava a farsi carico di eventuali opere di bonifica qualora fosse emersa la necessità di “ripulire” gli edifici e i terreni interessati. Terreni nei quali, dopo la chiusura dello stabilimento, furono ritrovati a più riprese residui di amianto interrato sotto i cortili e fanghi contaminati.
Una pratica cara alla Eternit, quella dell’interramento: Rosa Russo Jervolino ha ricordato che a Bagnoli “si è trovato amianto anche in luoghi in cui non ci si aspettava di trovarlo, e a una profondità che non si sospettava”, fino a 3 o 5 metri sottoterra.
La bonifica degli ex stabilimenti della Eternit è oggi in corso, ma presenta numerosi problemi, soprattutto dal punto di vista economico. Per il solo stabilimento di Bagnoli, 40 mila metri quadri circa, sono stati stanziati 75 milioni di euro direttamente dal Ministero del Tesoro. Le cifre, infatti, sono ingenti e completamente a carico dello stato, che deve sobbarcarsi anche gli enormi costi sociali e sanitari che la vicenda Eternit ha avuto e continua ad avere ancora. Vasco Errani, presidente della regione Emilia Romagna, sentito durante la stessa udienza di Jervolino e Baccarani, ha ricordato come i soli ammalati della Icar costino al sistema sanitario regionale dai 18 ai 20 mila euro: purtroppo si tratta di centinaia di persone, ammalatesi a causa delle condizioni malsane cui erano costrette a lavorare. I racconti dei sopravvissuti non lasciano dubbi in proposito: niente mascherine, sacchi di amianto tagliati a mano senza protezioni, poche docce e lavanderie assenti per eliminare le polveri ed evitare che si disperdessero all’esterno.
Dalla fabbrica degli svizzeri finora non è arrivato alcun contributo, seppur minimo, per provvedere alla bonifica dei terreni che la Eternit ha contribuito a inquinare e contaminare fino alla chiusura totale dei suoi stabilimenti nel corso degli Anni Novanta. Curioso, dal momento che uno dei due imputati, lo svizzero Schmidheiny, si forgia oggi della fama di fervente ambientalista, e dichiari sul suo blog come la qualità della vita si basi sulla soddisfazione dei bisogni fondamentali dell’uomo nel totale rispetto dell’ambiente.
Sarebbe interessante se egli spiegasse questa tesi dai banchi del processo di Torino, dove finora non si è presentato.
Il 5 luglio prossimo, con molta probabilità, uno Schmidheiny dovrà presentarsi davanti alla corte presieduta da Giuseppe Casalbore: peccato però si tratti di Thomas, fratello di Stephan.
Evidentemente la qualità della vita degli operai di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli non valgono un viaggio in Italia e oggi, come allora, non sono sufficientemente importanti. Per lui.