di Alberto Spampinato*
Paolo Cucchiarelli è uno dei massimi esperti italiani di stragi, inchieste parlamentari e grandi misteri insoluti. Si occupa con continuità e competenza di queste cose da oltre trent’anni, ha al suo attivo vari scoop. Giornalista parlamentare dell’ANSA, è un mio compagno di lavoro e un vero archivio ambulante. Ve ne voglio parlare perché nei giorni scorsi questa persona tenacemente impegnata nella ricerca della verità, sulla cui correttezza nessuno ha mai potuto dubitare, è stata iscritta nel registro degli indagati per il reato di false informazioni al pubblico ministero. In pratica, Cucchiarelli, avvalendosi del segreto professionale che è previsto per i giornalisti dal Codice di Procedura Penale (art.200) ma solo fino a un certo punto, si è rifiutato di mettere a verbale il nome di una fonte confidenziale, un fascista che ha indicato come
“Mister X”.
IL CASO - L’iniziativa giudiziaria per la quale Cucchiarelli rischia quattro anni di carcere è del sostituto procuratore di Milano Armando Spataro che, esaminando gli elementi utili a riaprire l’inchiesta sulla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 (17 morti e 88 feriti e finora nessun colpevole), si è imbattuto nel ponderoso libro-inchiesta “Il segreto di Piazza Fontana”, (Ed. Ponte alle Grazie 2010, 700 pagine) nel quale Cucchiarelli, citando atti giudiziari, testimonianze storiche e nuovi elementi venuti a sua conoscenza, sviluppa la tesi delle due bombe, una buona e l’altra cattiva.
LE DUE BOMBE - Secondo questa tesi, il 12 dicembre 1969 alla Banca Nazionale dell’Agricoltura esplosero due bombe di diversa matrice. La prima, era stata messa dagli anarchici a scopo dimostrativo, per causare danni, ma non vittime: un innesco a tempo doveva farla esplodere dopo la chiusura, quando gli uffici sarebbero stati deserti. La seconda bomba sarebbe stata piazzata nella sala contrattazioni della Banca ad insaputa degli anarchici, da terroristi di estrema destra, che volevano invece provocare l’eccidio e addossarne la colpa agli anarchici, e più in generale alla sinistra.
LE DUE MEZZE VERITA’ – E’ una tesi suggestiva, che fa tornare i conti di tante verità di segno opposto emerse nelle varie fasi delle indagini. Cucchiarelli la ricava, per un verso, da un’inchiesta condotta, insieme a Fiasconaro e D’Ambrosio, dal giudice Emilio Alessandrini, interrotta nel 1979 quando fu assassinato da terroristi di Prima Linea. Per altro verso, Cucchiarelli recupera l’altra mezza verità dall’ultima inchiesta condotta dalla procura di Milano, prima dal giudice Salvini e poi dai giudice Meroni e Pradella. Dal 1993 a oggi, e soprattutto negli ultimi nove anni, il giornalista ha cercato le prove, le conferme che fanno capolino in vari atti processuali, ha raccolto testimonianze a viso aperto e anche le versioni di chi ha accettato di parlare a condizione di tenere celata la sua identità. E alla fine, da tutto ciò è venuto fuori il libro, una vera e propria controinchiesta che ha ottenuto molti apprezzamenti.
GIUDICI E GIORNALISTI - E’ naturale che anche la magistratura abbia notato il gran lavoro di Cucchiarelli e voglia farne tesoro. Non è naturale che un magistrato faccia pressioni inaccettabili, al limite dell’intimidazione; che per conoscere il nome di chi ha ricostruito in modo diverso i fatti di quaranta anni fa metta sotto inchiesta un giornalista e insista perché riveli le sue fonti confidenziali. I giornalisti devono fare i giornalisti, come i magistrati devono fare i magistrati. Ci deve essere la massima collaborazione, ma nel rispetto dei ruoli e delle reciproche prerogative. Deve prevalere quell’applicazione intelligente dei codici, che finora, quasi sempre, ha prevalso nel nostro paese; ha permesso di superare alcune incongruenze, che ci sono, fra le norme che tutelano l’indipendenza e l’autonomia dei giornalisti e quelle che difendono le esigenze superiori della giustizia. Chiedere a un giornalista di trasformarsi in un confidente, non va in questa direzione.
COSA DICE CUCCHIARELLI - “Questo episodio è certamente minimo – spiega Cucchiarelli - ma, al di là del fatto contingente, conferma una generale confusione di ruoli e di rapporti tra magistratura e giornalisti con conseguenti fraintendimenti che a volte possono sfociare, come in questo caso, in un vero e proprio tentativo di intimidazione nei confronti di un giornalista che ha svolto una inchiesta su un fronte non facile riempiendo, con il suo lavoro, un “vuoto” che appartiene proprio ai magistrati di questa Repubblica. Quando il mio lavoro era ormai sistematizzato ho intervistato tre personaggi potenzialmente in grado di confermare la mia ipotesi, e cioè: il vice capo degli Affari Riservati, Russomanno, che ha confermato in pieno; il giudice Paolillo, che fu il primo ad indagare, per pochi giorni, sulla strage di Milano; e un fascista che ho chiamato “Mister X”. E’ stata una scelta obbligata. Questo signore, per rispondere alle domande che gli ho fatto nel tempo, ha posto come condizione di non essere citato, per la sua scarsa o nulla fiducia nei magistrati italiani. Mi rifiuto di rivelare il suo nome perché ho assunto l’impegno professionale e d’onore di non rivelarlo”.
PROTEGGERE I GIORNALISTI - Il caso Cucchiarelli ci sollecita ad approfondire la riflessione sul vuoto legislativo che c’è nel nostro paese, che a noi sembra evidente, in materia di protezione del diritto di cronaca. Un problema che si trascina da anni insoluto, che si manifesta sempre più spesso e nel modo più drammatico, con i casi di cronisti minacciati con la violenza o intimiditi da perquisizioni pervasive o ridotti sul lastrico da pretese di risarcimento che non hanno limiti né filtri e spesso hanno un evidente carattere intimidatorio e un effetto censorio. E’ il tema che affrontiamo nel nuovo rapporto di “Ossigeno per l’informazione”, che renderemo noto nelle prossime settimane.
*cons. naz FNSI – direttore di Ossigeno per l’Informazione