di Domenico D'Amati
I fautori della “costituzione materiale” che, in materia di scelta del governo, si sarebbe sostituita a quella formale, ignorano anzitutto un principio giuridico fondamentale: vale a dire che quando un ordinamento, come la nostra Costituzione, prevede per la sua modifica una determinata procedura, deve escludersi che i suoi creatori abbiano ritenuto possibile che la modifica avvenga con modi diversi, quali, ad esempio, la prassi.
Il complesso meccanismo della lettura plurima e dell’eventuale referendum, stabilito per la modifica della carta fondamentale, non avrebbe senso se potesse essere messo nel nulla semplicemente disattendendolo. Ma v’è di più. Nel caso in esame, in cui il Presidente della Repubblica contesta, giustamente, la legittimità del tentativo di condizionare i suoi poteri in materia di nomina del Presidente del Consiglio e di scioglimento delle Camere, non è dato ravvisare nemmeno l’esistenza di una prassi, che abbia dato vita, in materia, alla c.d. costituzione materiale. La prassi è la costante ripetizione di comportamenti per un congruo lasso di tempo. Essa, nel caso in esame, dovrebbe consistere da un lato nel conferimento dell’incarico di Governo al soggetto indicato nelle schede elettorali e, dall’altro, nello scioglimento delle Camere in caso di perdita, da parte di questo soggetto, della fiducia parlamentare. Per poter sostenere che, per prassi, il Presidente della Repubblica sia tenuto a sciogliere le Camere nel caso che venga meno il Governo Berlusconi, bisognerebbe, tra l’altro, dimostrare che in precedenti casi analoghi, il Presidente si sia costantemente attenuto a questa prassi. Ma ciò non è avvenuto. Non esiste, in materia, alcun precedente nel senso voluto da Berlusconi.
Quanto alla “volontà del popolo” cavallo di battaglia del Ministro Alfano, a parte che in materia essa deve essere espressa con le modalità previste per la modifica della Costituzione, nessuno può affermare che, con l’indicazione del nome del candidato premier sulla scheda, l’elettore abbia manifestato la volontà che in caso di cessazione dell’incarico governativo, la parola debba necessariamente tornare al corpo elettorale. La preferenza espressa dall’elettore è riferita alla situazione politica esistente al momento delle elezioni, ma non esclude affatto che, in un tempo successivo, il premier possa essere sostituito con la normale procedura in caso di crisi di governo. Escludere questa possibilità significherebbe trasformare il nostro paese in una repubblica presidenziale, calpestando le regole previste dalla Costituzione. Che a questo risultato si voglia pervenire minacciando il ricorso a mezzi extra parlamentari è un vero è proprio attentato alla Costituzione. Il Presidente della Repubblica ha dimostrato la ferma volontà di resistere a questa inaudita pressione, accompagnata da una pesante campagna di disinformazione. Le forze democratiche hanno il dovere di schierarsi al suo fianco, dimostrando con chiarezza e determinazione la volontà di difendere le istituzioni repubblicane. Riconoscere alle enormità disinvoltamente propugnate dal Ministro Alfano la dignità di argomentazioni giuridiche significa mettersi su un piano inclinato al termine del quale c’è l’instaurazione di un regime autoritario.