di Roberto Zaccaria
Il Lodo Alfano secondo i giudici costituzionali era illegittimo perché violava il fondamentale principio dell’uguaglianza tra i cittadini, sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Le nuove norme sul c.d.”processo breve” contenute nel disegno di legge d’iniziativa del Senatore Gasparri, ormai stabilmente dedito a prestazioni “ancillari” nei confronti del Premier, violano non solo l’articolo 3 ma anche l’articolo 24 della Costituzione, ove è solennemente sancito il principio della legittimità dell’agire in giudizio a tutela dei propri diritti e quindi il diritto alla difesa. In altre parole, prima si salvava il Premier con gravissimo strappo al principio di uguaglianza, questra volta per salvare il Premier, si nega il diritto di avere giustizia a tutti gli altri cittadini.
Salterebbero centomila processi con un un danno enorme, irreparabile per tutti i cittadini vittime di reati anche odiosi: anche l’usura delle associazioni mafiose viene cancellata!
E lo si fa con poco credibili pretesti riformistici e progressisti, e, cosa ancora più strumentale, richiamando l’articolo 111 della Costituzione e l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo ultimo dettaglio è a dir poco patetico.
Per dare efficienza senza soldi alla Giustizia si chiudono i fascicoli a data prestabilita e si butta tutto in un gigantesco inceneritore. Altrochè rifiuti. Si archiviano i diritti della gente perbene!
Nel dettaglio le gravi problematicità del disegno di legge non si riscontrano tanto nell’idea di accorciare, attraverso un meccanismo quasi di conto alla rovescia, i tempi troppo lunghi della giustizia italiana. I processi, infatti, non potranno durare più di due anni per il primo grado, di due anni per il grado di appello e di ulteriori due anni per il giudizio di legittimità, nonché di un altro anno in ogni caso di giudizio di rinvio.
Tutto questo vale nei processi per i quali la pena edittale è inferiore a dieci anni di reclusione e sono quindi esclusi una serie di reati quali associazione di stampo mafioso, reati legati all’immigrazione, alla pornografia minorile o al sequestro di persona.
E tuttavia il sospetto che questa legge serva prima di tutto a Silvio Berlusconi viene rafforzato dal fatto che essa avrà portata retroattiva (ovvero si applicherà a tutti i processi non conclusi al momento dell’entrata in vigore) e che questa norma varrà solo per gli incensurati. Stime attendibili parlano di oltre 100 mila procedimenti che andrebbero ad estinguersi una volta entrata in vigore la legge; tra questi ricadrebbero certamente il processo Mills (la cui richiesta di rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi risale al 10 marzo 2006), il processo Mondadori (22 aprile 2005, più di quattro anni ormai dalla data del rinvio a giudizio del premier).
Ma vi sarebbero degli effetti anche su alcuni altri grandi processi - le cui sorti riguardano centinaia di piccoli risparmiatori - quale quello del crack Parmalat oppure il Caso dell’Antonveneta. Che fine faranno i diritti lesi di tanti Italiani? Il Governo non sembra interessarsene, perseguendo non un’organica riforma strutturale della nostra giustizia, bensì solo un’amnistia generalizzata.
In uno Stato democratico e di diritto i governanti dovrebbero essere al servizio dei propri cittadini; nell’Italia Berlusconiana del 2009 ancora una volta i cittadini pagano per preservare i privilegi del proprio governante.