di Roberto Secci
Dolore, rabbia, sconcerto.. I familiari di Daniele Franceschi, carpentiere 31enne viareggino, detenuto nel carcere francese di Grasse da poco più di 5 mesi, hanno saputo della morte del proprio congiunto due giorni dopo il suo decesso. Il giovane era stato arrestato in un Casinò della Costa Azzurra con l'accusa di falsificazione e uso improprio di carta di credito e aveva segnalato alla mamma Cira di aver subito soprusi e carenza di soccorsi durante il periodo di detenzione. In alcune lettere spedite da Grasse, Daniele raccontava di avere tanta paura, che in quel posto terribile odiavano gli italiani, di subire continue sopraffazioni, di sentirsi minacciato. Subito dopo l’arresto era stato colpito da una strana febbre. La temperatura era salita sino a 41, da ricovero immediato, ma nessuno lo aveva aiutato, si faceva da solo impacchi di acqua sulla fronte. Lo accusavano di non voler lavorare, tutti contro di lui: guardie e detenuti. Nel certificato di morte, firmato alle 17.30 di mercoledì dal medico del carcere, si parla genericamente di arresto cardiaco. Secondo quanto riferito dal direttore del penitenziario francese, Daniele, verniciatore e carpentiere navale, separato, padre di un bambino di 9 anni, aveva accusato forti dolori al petto e alle 12.30 lo avevano accompagnato in infermeria, ma dopo un elettrocardiogramma risultato normale, lo avevano chiuso nella sua cella da solo. E qui è stato trovato morto, quattro ore più tardi. Il corpo riverso sul pavimento, apparentemente nessun segno di violenza. Daniele non aveva mai avuto problemi di cuore: era un atleta.
L'atteggiamento assunto dalle autorità francesi, che hanno impedito ai familiari di Franceschi di vedere la salma del proprio congiunto, il diniego opposto al medico legale di parte di assistere all'esame autoptico, fa aumentare il sospetto che le cose siamo andate in modo diverso. Nel rispetto dei ruoli previsti dai trattati internazionali, ci chiediamo se il Consolato Italiano fosse informato delle condizioni del nostro connazionale e soprattutto se in questo frangente, tanto drammatico, sia possibile andare oltre “l'assistenza ai familiari che da due giorni stazionano fuori da carcere di Grasse ” senza ricevere risposta alcuna e interpellare il direttore dell'Amministrazione penitenziaria francese perché sia fatta piena chiarezza su quanto accaduto a Daniele Franceschi. Non possiamo dimenticare quanto accaduto a Stefano Cucchi, brutalmente picchiato in carcere e morto alcuni giorni dopo all'ospedale Pertini di Roma. Le immagini del corpo martoriato del giovane hanno fatto il giro del mondo. Non dobbiamo e non possiamo dimenticare neppure la morte di Marcello Lonzi trovato cadavere in una cella delle Sughere di Livorno nel luglio 2003 e per la quale si batte da anni Maria Ciuffi, mamma della vittima, senza un adeguato e quanto mai necessario supporto mediatico. Anche il corpo di Marcello aveva evidenti segni di percosse e la famiglia fu avvisata della morte del ragazzo quando l'autopsia era già in corso. Nel rispetto del dolore di chi perde un figlio, dobbiamo alzare la voce, dobbiamo dire basta alle violenze nelle carceri, alle condizioni di invivibilità delle strutture spesso sovraffollate che, accomunano Francia e Italia anche per i l' impressionante numero dei suicidi. Ci domandiamo anche se il reato commesso da Daniele Franceschi non potesse prevedere misure alternative alla detenzione. Troppi interrogativi ai quali il Ministro Frattini dovrà dare risposta.
*L'immagine che accompagna l'articolo è del corpo senza vita di Marcello Lonzi