di Nello Trocchia
Dieci anni fa usciva i Cento passi, film sulla vita di Peppino Impastato, giornalista e giovane militante di Democrazia proletaria, ucciso dalla mafia nel 1978. Una pellicola che ha avuto il merito, in una ricostruzione cinematografica, di riportare in primo piano la figura straordinaria di un'ambientalista, un intellettuale come Peppino, ucciso prima dalla mafia e poi dal depistaggio di stato. Dieci anni dopo si sono ritrovati il regista Marco Tullio Giordana e gli attori con i familiari e gli amici di Peppino, nella Cinisi del 2010. Un ritorno a Mafiopoli, dove si è consumato l'ultimo oltraggio allo strapotere mafioso. La casa del capomafia Tano Badalamenti, mandante dell'omicidio di Peppino, infatti, è stata aperta, dopo la confisca e l' assegnazione all'associazione Impastato. " Abbiamo ripetuto quello che è successo il 9 maggio, questa volta siamo entrati con i protagonisti del film - racconta Giovanni, fratello di Peppino - abbiamo percorso i cento passi. Ognuno di noi ha contribuito ad aprire quella porta". Il cerchio si è chiuso con la confisca della casa di Don Tano. " Confiscare la casa è la sconfitta della mafia, è la prima volta - continua Impastato - che un bene viene affidato alla parte lesa, un segnale di speranza, per chi crede nel cambiamento, questi sono fatti concreti". Una vittoria degli amici, di Felicia, la madre di Peppino, del centro Impastato, di quanti hanno demolito il castello di menzogna e fango e costruito la verità. L'attore Luigi Lo Cascio, che ha interpretato nel film Peppino Impastato, racconta le sue emozioni, entrando nella casa di Badalamenti: " Visto che abbiamo girato il film in quei luoghi, nei cento passi indicavamo quella casa, sembra un pò il controcampo visitarla, entrarci, violarla. Significativo che lo stato sequestri beni, ma in questo caso la valenza simbolica è molto forte, visto che tra i soggetti che si occuperanno di quello spazio ci sono i familiari di Peppino". Dai giorni, dopo l'omicidio, quando si parlò di suicidio e si costruì il depistaggio di stato, fino alla verità giudiziaria, alle scuse alla famiglia contenute nella relazione antimafia, fino alla confisca del luogo di morte, oggi simbolo di riscatto e giustizia. " Questo atto - continua Lo Cascio - deve essere interpretato come punto di partenza, alla luce di questa vittoria, ora tocca alla collettività scegliere. Quella casa era simbolo di mafiosità, trasformata in simbolo di futuro, la dimostrazione che cambiare è davvero possibile".
A distanza di anni la battaglia di Peppino contro le speculazioni edilizie e il cemento selvaggio continua a lasciare traccia come dimostra l'ultima operazione nel porto turistico Zeta dieci, al centro della denuncia coraggiosa e documentata del giovane Impastato.
Ascolta l'intervista a Giovanni Impastato
Ascolta l'intervista a Luigi Lo Cascio