di Tania Passa
Che la crisi politica nel centro sinistra stia diventando una crisi di sistema è sotto gli occhi di tutti, ma c’è un esempio su tutti che fa da metafora sugli altri, è la crisi dell’editoria che ha colpito a sinistra i due giornali principali che fanno riferimento al Pd:il monumento storico del giornalismo, la testata L’Unità, fondata da Antonio Gramsci e il più giovane Riformista, sono in crisi da mesi e si avvicinano alla fine. I dirigenti Pd stanno a guardare, o almeno mai un comunicato ufficiale o una presa di posizione, solo posizioni sulle correnti interne!. Ma vediamo la situazione delle due testate.
L’unità: tutto cominciò nel 2008 quando la Nie, la società che editava l'Unità presieduta da Mariolina Marcucci mise in vendita la testata,si proposero gli Angelucci, ma all’operazione si opposero: il cdr, i sindacati nazionali e parte dei Ds e l’ipotesi sfumò. Nei DS si opposero i Fassiniani, che trovarono anche la disponibilità di un compratore ( come testimoniano i giornali di allora), un editore puro: Di Stefano patron di Europa 7. Veltroni prima lasciò lavorare i fassiniani, per impedire la compravendita agli Angelucci, e poi tirò fuori dal cappelo il coniglio, la disponibilità di Soru, all’insaputa di chi aveva condotto l’operazione e trovato la disponibilità di un editore puro.
Ad oggi però l’Unità è in crisi ,e Soru da un anno e mezzo non ha investito come aveva assicurato sul giornale, ma praticato tagli, 11 giornalisti verranno messi in cassa integrazione a zero ore, e l’Unità a metà ottobre chiuderà le testate locali di Toscana ed Emilia, praticamente dove si vendono il 40% delle copie, quindi l’Unità si candida alla chiusura.In questi mesi gli Angelucci si erano avvicinati di nuovo alla testata Gramsciana, ed il direttore del giornale e lo stesso Veltroni non hanno mai visto di buon occhio la cosa.
Il Riformista: nato da un’idea di Velardi nel 2002, viene venduto nel 2006 agli Angelucci, i quali già possedevano Libero. Sfumata in questi giorni l’ipotesi dell’acquisizione dell’Unità da Renato Soru e di una sua successiva fusione delle redazione con quella de Il Riformista, la famiglia Angelucci ha deciso di vendere il valore della testata di loro proprietà al prezzo di quattro milioni di euro. Tra i motivi della vendita anche il fatto che l’Agcom contesta un collegamento societario di fatto tra le due case editrici di Libero e Il Riformista, che fanno capo entrambe alla famiglia Angelucci, un collegamento che sarebbe lesivo della concorrenza. Se così fosse accertato, non potrebbero essere erogati i contributi. I contributi arretrati sarebbero 2,5 milioni di euro per il Riformista e 6 milioni per Libero, spiega in un articolo ItaliaOggi, che pubblica un nuovo dato sulla diffusione del Riformista: tremila copie vendute e settemila in abbonamento. L’unica proposta seria arrivata per l’acquisizione de Il Riformista, è quella de “Le ragioni del Socialismo “ di Emanuele Macaluso e, notizia di poche ore fa, anche Enrico Cisnetto avrebbe intenzione di comprare il giornale. Quindi Gianni Cervetti ed Emanuele Macaluso da una parte e il giornalista Enrico Cisnetto dall’altra, ma se non andassero in porto anche questo giornale sarebbe a rischio di chiusura.
Di certo non si chiede di fare da editore al Pd, ma di avere un’idea della cultura e del giornalismo italiano si. Quanti soldi e fatica vengono spesi su Youdem, voluta da Veltroni?Non si poteva dedicare un po di fatica per salvare una testata di importanza nazionale, come il giornale fondato da Antonio Gramsci? E visto che si era messo un giornalista uscito da Il Riformista, amico del consigliere politico di D’alema , a dirigere RedTV, progetto poi fallito , i d’Alemiani non potevano dedicare tempo e fatica a salvare Il Riformista?
Non si contestano le tv nel merito e tanto meno i colleghi che ci lavorano, però una considerazione va fatta: per quale ragione il pd ha messo in piedi due televisioni satellitari, quando poteva investire su una sola, e salvare due giornali?
La cronaca di una morte annunciata dunque per 60 giornalisti di una testata che è un monumento nazionale come L’Unità. Oggi l’assemblea di redazione inizia uno sciopero di due giorni e in un comunicato afferma : “L'Unità non sarà quindi in edicola venerdì 17 e sabato 18 settembre, e nelle stesse giornate il sito non verrà aggiornato. L'assemblea delle redattrici e dei redattori de l'Unità proclama all'unanimità due giornate di sciopero per respingere la minaccia dell'azienda di sospendere, ad appena quattro mesi dal rilancio, le cronache locali dell'Emilia Romagna e della Toscana a partire dal 15 ottobre. La politica miope dei tagli nella quale persevera l'editore Renato Soru, che da tempo è indisponibile a nuovi investimenti - mentre non vengono smentite voci di nuovi iniziative editoriali in Sardegna - colpisce l'area storica di radicamento e diffusione della nostra testata.
La crisi che investe il giornale non può essere scaricata ulteriormente su una redazione che si è già fatta carico di enormi sacrifici. E' arrivato il momento di dire basta a scelte contraddittorie e sbagliate, che indeboliscono il prodotto e colpiscono la diffusione del giornale. I ripetuti richiami del sindacato e della redazione sono rimasti finora inascoltati. Ai quasi 50 giornalisti, tra cui molti giovani colleghi, che non fanno più parte dell'organico in virtù dello stato di crisi, si aggiunge oggi la prospettiva concreta di altri 11 redattori che rischiano il posto di lavoro. L'editore deve esserne consapevole: colpendo le redazioni della Toscana e dell'Emilia Romagna si assume l'intera responsabilità di mettere in discussione l'esistenza stessa del quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Per queste ragioni l'Unità non sarà in edicola venerdì 17 e sabato 18 settembre".
C'è ancora spazio per confidare ancora in una soluzione per i colleghi, non possiamo credere che il giornale fondato da Antonio Gramsci possa chiudere.
E’ il momento della responsabilità per tutti, bisogna azzerare il pregresso e le guerre fatte anche a colpi di TV dentro il Pd, salvare le testate dei due giornali. Questa è una partita in cui la dirigenza del PD si gioca le capacità gestionali, 80 giornalisti italiani di due giornali di sinistra, non possono andare a casa nel momento in cui bisogna ricostruire la cultura sociale e politica di un Paese.