di Marco Calamai
Lo sciopero generale del 29 settembre, il primo contro Zapatero, ha dimostrato la profonda insoddisfazione dei lavoratori e del “popolo di sinistra” nei riguardi della politica di rigore con cui il governo socialista spagnolo, interpretando fedelmente l’orientamento sempre più rigido di Bruxelles e della Banca centrale europea nei riguardi del deficit e del debito dei singoli paesi della UE, sta cercando di contribuire al superamento della grave crisi economica spagnola. Le diverse interpretazioni sullo sciopero, certamente riuscito sul piano numerico, dimostrano un altro dato: nessuno, in Spagna, è in grado di proporre soluzioni alternative a quelle decise e proposte dal governo socialista per uscire da una crisi che dimostra come i margini di manovra dei singoli governi europei siano sempre più limitati se si vuole realisticamente restare nell’ambito dell’euro e delle politiche, sempre più rigide, che propone la Commissione europea per uscire dalla recessione.
E’ quest’assenza di proposte alternative, che fa si che un governo di sinistra e un leader sensibile al giudizio dei cittadini siano costretti a perseguire una strategia economica e sociale di orientamento conservatore, che suscita sconcerto e preoccupazione, all’interno della sinistra, sul futuro politico ed economico della Spagna.
Sul piano economico appare evidente che non è certo la già decisa maggiore libertà di licenziamento il fattore decisivo che aiuterà il paese a uscire da una recessione alle cui origini non vi è soltanto la crisi internazionale ma anche e in primo luogo un modello produttivo, avviato decenni fa dal regime franchista e mai messo in discussione nell’era democratica, che si è basato sull’espansione sfrenata del mattone. Una scelta che ha certamente arricchito molta gente ma che ha provocato una devastante bolla immobiliare con la conseguente disoccupazione, la più alta in Europa, che colpisce drammaticamente soprattutto le giovani generazioni.
Sul piano politico si assiste a un crescente logoramento di Zapatero, l’uomo che prima della crisi tanto entusiasmo aveva suscitato, in Spagna e in Europa, per il suo coraggioso e coerente impegno per i diritti sociali e civili. La caduta d’immagine del premier socialista preoccupa la sinistra spagnola che avverte con crescente preoccupazione il rischio, ormai confermato dai sondaggi, che sia il Pp ( Partito popolare ) il vincitore delle elezioni nell’ormai non lontano 2012. E ciò malgrado lo scarso prestigio del suo leader, Mariano Rajoy, e la mancanza di idee e proposte concrete di una destra che sa solo insultare il capo del governo socialista cercando di screditarlo con ogni mezzo.
Il problema, per Zapatero e per tutta la sinistra spagnola, è che non resta ormai molto tempo, vista la tenace tenuta della attuale crisi recessiva, per modificare lo stato d’animo prevalente. Modificare il sistema produttivo è uno slogan facile a dirsi ma molto difficile a farsi, soprattutto con tempi così stretti. D’altra parte, come si è detto, non ci sono, in questo momento, convincenti ricette di sinistra per far fronte con prospettive certe alla crisi economica internazionale e spagnola in particolare. Da qui quel misto di preoccupazione, rabbia e rassegnazione che si avverte nel paese, in particolare tra i giovani, anche in Spagna sempre più distaccati dalla politica.