di Sofia Sabatino
L’8 ottobre 300.000 studenti delle scuole sono scesi in piazza contro la distruzione della scuola pubblica. Più di 100 le piazze, da Bolzano a Palermo passando per Venezia, Padova, Torino, Milano, Bologna, Firenze, Grosseto, Pesaro, Roma, Barletta, Potenza, Trapani, Messina e Catania e tante altre. Le scuole si sono svuotate, a dimostrare che la riforma Gelmini non è accettata dagli studenti e da chi la scuola la vive ogni giorno: anche i docenti, i genitori, i precari della scuola e gli studenti universitari hanno manifestato insieme a noi.
Come abbiamo fatto il primo giorno di scuola, anche l’8 ottobre abbiamo indossato i caschetti gialli da lavoro, per difenderci dalle macerie che Gelmini e Tremonti ci hanno lasciato. Edifici fatiscenti, didattica stantia, docenti sempre più stanchi e privi di motivazione, contributi “volontari” delle famiglie a coprire le mancanze di fondi, capaci e meritevoli privi di mezzi: questa è “l’epocale riforma” del Ministro Bulldozer. Pretendiamo investimenti nell’istruzione, provvedimenti per l’edilizia scolastica e il diritto allo studio, una didattica nuova e più diritti per gli studenti.
E invece, in risposta alla grande mobilitazione studentesca il ministro Gelmini ha snocciolato le solite frasi fatte che ripete dal 2008: lei è la vera riformatrice, chi manifesta vuole mantenere lo status-quo.
Ma di quale status quo parla? Si riferisce alle scuole italiane che cadono a pezzi? Ai docenti sottopagati e demotivati? Alla mafia e alla corruzione che soffocano le nostre vite?
Noi questa realtà, fatta solo delle macerie lasciate dalla politiche sbagliate del governo, non vogliamo per nulla conservarla: vogliamo cambiare, e subito, il nostro Paese e la nostra scuola!
È per questo che non ci fermeremo qui: da domani partiranno i “Cantieri della scuola pubblica”, iniziative ed assemblee per dare inizio alla ricostruzione della nostra scuola e del nostro futuro.
Il 16 ottobre saremo ancora in piazza al fianco dei lavoratori della Fiom Cgil per dire che l'Italia non può uscire dalla crisi e immaginare un domani senza i diritti e la democrazia.
La ricostruzione parte dalla scuola per andare oltre, a incontrare altre generazioni ed altri mondi, fra chi si batte per difendere il posto di lavoro in un momento di crisi e chi si impegna senza sosta nella lotta alle mafie, per la cultura, per la libera informazione.
Ricostruire per noi significa estendere il diritto al lavoro, liberare le nostre esistenze dalla precarietà, fondare il Paese di domani sull’accesso libero alla cultura e alla formazione, per una cittadinanza basata sulla partecipazione, i diritti e la dignità di ognuno. Distruggono la scuola, ma non i nostri sogni!