di Redazione
“La legge non può essere retroattiva, essa dispone solo per l'avvenire” (Codice civile, undicesima Disposizione preliminare) . Ci insegnavano così al primo anno d'università, laurea in giurisprudenza..." (Federico Orlando). "Ci troviamo in presenza di un potere costituente che pretende di scardinare l’ordinamento costituito introducendo delle forme di immunità per il Capo politico che non hanno alcun fondamento giuridico in un ordinamento repubblicano". (Domenico Gallo). "... Un'eccezione che non esiste in nessun paese del mondo visto che in Francia e in Israele, come in pochi altri paesi, c’è uno scudo temporaneo che vale per il presidente della repubblica e non per quello del governo" (Nicola Tranfaglia). Abbiamo a chiesto tre autorevoli commentatori di darci il loro punto di vista sul Lodo Alfano e lo stop retroattivo ai processi (all'interno di seguito gli articoli)
La condanna dell’avvocato inglese Mills già avvenuta a Milano postula la presenza dell’imprenditore-politico milanese come corruttore
di Nicola Tranfaglia
Si tratta, oppure no, di un osceno privilegio a favore di un presidente del Consiglio, capo dell’esecutivo e non dello Stato? Mi pare ormai accertato che sia così. Ma questo elemento non a caso viene omesso quando i seguaci del capo carismatico del PDL cercano di difendere il lodo Alfano costituzionale di fronte all’evidenza di un’eccezione che non esiste in nessun paese del mondo, visto che in Francia e in Israele, come in pochi altri paesi, c’è uno scudo temporaneo che vale per il presidente della repubblica e non per quello del governo.
Il fatto è che gli italiani continuano a non rendersi conto fino in fondo che ormai la nostra costituzione repubblicana è attaccata a fondo dall’attuale maggioranza di centro- destra che governa il paese dall’aprile 2008 ma che più volte negli ultimi sedici anni è intervenuta violando norme e principi costituzionali all’interno di una concezione del potere che possiamo definire come di populismo autoritario e che pone l’elezione popolare come unico criterio di giudizio per chi conquista il potere.
Questo è il punto cruciale: il contrasto radicale tra la democrazia rappresentativa creata dalla carta del 1948 che parla di sovranità del popolo che si esercita secondo le regole della costituzione e delle leggi e il credo plebiscitario che anima Berlusconi e quelli che lo seguono.
E’ vero, certo, che, quando il governo cadrà, Berlusconi potrà essere processato ma è indubbio che, in questo modo, si rinvia di anni o di lustri il giudizio penale per reati di cui il presidente del Consiglio si è sicuramente già macchiato come, ad esempio, nella corruzione di testimoni e di giudici che risulta da processi già giunti a giudizio: è noto che la condanna dell’avvocato inglese Mills già avvenuta a Milano postula la presenza dell’imprenditore-politico milanese come corruttore.
E una simile condizione mostra con grande chiarezza come la norma fondamentale dell’articolo 3 sulla eguaglianza formale e sostanziale degli italiani di fronte alla legge diventi carta straccia rispetto al lodo Alfano e ad altre leggi prevedibili e di iniziativa del governo che ci saranno sicuramente approntate se la legislatura dovesse essere in pericolo, come pure appare inevitabile.
Già perché i tempi del lodo Alfano sono lunghi e non escludono il successivo referendum popolare e non bisogna essere indovini per aspettarsi da parte di Berlusconi un nuovo blitz legislativo per una norma di legittimo impedimento che copra il capo del governo prima dell’approvazione del lodo costituzionale.
I finiani hanno questa volta abbozzato e votato al Senato la norma retroattiva particolarmente indigesta per chi dice di voler difendere la costituzione (le norme penali, come è noto, non possono essere mai retroattive per un principio generale dell’ordinamento giuridico italiano) e si sono collocati ancora una volta vicini alla maggioranza del PDL.
E’ un gioco pericoloso questo e nasce, io credo, dal calcolo che spinge il presidente della Camera ad aver bisogno di tempo prima di andare alle elezioni con il suo nuovo partito ma costituisce, sul piano dell’immagine e del consenso elettorale, una ferita difficile da rimarginare.
Quale ristoro giuridico avrà il cittadino danneggiato da chi è “improcedibile” per l'intera durata dell' incarico?
di Federico Orlando
"La legge non può essere retroattiva, essa dispone solo per l'avvenire” (Codice civile, undicesima Disposizione preliminare) . Ci insegnavano così al primo anno d'università, laurea in giurisprudenza. Ma nella gerarchia delle leggi, quella costituzionale (lodo Alfano) sta sopra alla legge ordinaria e quindi può modificarla. Sarebbe tuttavia aberrante inserirla in Costituzione, che non può contenere leggi ad personam o personas e che comunque continuerebbe a contenere principi conflittuali con esse: dall'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge alla non retroattività della legge stessa (articolo 25: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”).
Oltre l'aberrazione, un'altra stravaganza mi colpisce: la legge di non procedibilità per reati anche precedenti ai loro incarichi, è limitata al presidente della repubblica e al presidente del consiglio, escludendo dunque i presidenti del senato e della camera. Ma se il principio è adottato per assicurare “serenità” alle supreme istituzioni, come si fa a escludere quei due presidenti, visto che essi sono la seconda e terza carica dello Stato? E che il presidente del senato supplisce il capo dello stato in caso d'impedimento? Quale norma assicurerebbe la sua “serenità”? Qualcuno ha dimenticato che, quando Segni fu dichiarato impedito a svolgere le funzioni presidenziali, il presidente del senato Merzagora lo supplì al Quirinale per ben sei mesi, prima che arrivasse Saragat?
Terzo punto che mi colpisce: quale ristoro giuridico avrà il cittadino danneggiato da chi è “improcedibile” per l'intera durata dell' incarico? Se, per esempio, l'attuale presidente del consiglio restasse a Palazzo Chigi fino al 2013 e, dopo quella data, venisse eletto per sette anni capo dello stato, il cittadino da lui eventualmente danneggiato ancor prima d'essere entrato a Palazzo Chigi dovrebbe attendere il 2020, cioè la uscita dal Quirinale, per veder affrontata la vertenza in sede processuale.
Ovviamente, le mie sono considerazioni di chi, come diceva Andreotti, ha “una laurea in legge prescritta dai decenni”. Ma tanto gratuite non saranno se il leader di un grande partito di opposizione, come Bersani, minaccia barricate affinché questa riforma non abbia l'approvazione parlamentare coi due terzi degli aventi diritto al voto; e, sottoposta a referendum confermativo, sia bocciata dagli elettori. Procedimento lungo, sicché, come diceva Davigo martedì sera nella trasmissione Otto e mezzo di Lilli Gruber, il problema c'è ma i suoi effetti sull'ordine giuridico non sono tanto vicini. Molto vicini, anzi in atto, mi sembrano invece i suoi effetti sull'ordine sociale. Nel stesso giorno in cui forzisti, leghisti e finiani votavano (in commissione) la bozza di legge costituzionale retroattiva, alla Corte dei conti il nuovo presidente, Giampaolino, svolgeva una devastante relazione sullo stato del paese, così riassumibile: “Troppa corruzione. A rischio il prestigio delle istituzioni” (per non parlare delle tasse che non potranno essere ridotte perché i conti non tornano, vista la limitata crescita del Pil). Fra corruzione dilagante nella classe dirigente (politica e non politica), leggi costituzionali protettive dei vertici politici e quindi abrogative del principio “la legge è uguale per tutti”, come si farà a frenare la corruzione fra i cittadini (evasione fiscale, per dire) se essi avranno sempre la giustificazione dell'esempio che viene dall'alto?
La Costituzione di Arcore
di Domenico Gallo
E’ giusto indignarsi ma non c’è da menare grande scandalo per l’emendamento approvato ieri in Commissione Affari costituzionali al Senato che stabilisce che possono essere sospesi “i processi nei confronti del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio dei ministri, anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica.”
Quando un sarto confeziona un vestito deve pur sempre effettuare delle piccole correzioni, tagli o aggiustamenti, per ottenere che il vestito calzi alla perfezione al suo cliente.
Lo scandalo pertanto non sta nell’aggiustamento, ma nel fatto che un parlamento asservito confezioni un vestito costituzionale che deve calzare a pennello al capo politico che oggi svolge le funzioni di Presidente del Consiglio e domani potrebbe giocare nel ruolo di Presidente della Repubblica.
Così dopo esserci rassegnati alle leggi ad personam, che hanno corrotto la natura stessa della legge, come strumento di regolazione degli interessi per perseguire il bene pubblico, adesso ci stiamo avviando ad una Costituzione ad personam.
Se non c’è altro modo per evitarlo, allora si cambia la Costituzione per impedire che il Capo politico possa essere chiamato a regolare i suoi conti con la giustizia, rimasti ancora aperti malgrado una valanga di riforme del diritto e della procedura penale, destinate ad ostacolare il controllo giurisdizionale nei confronti dei reati dei colletti bianchi.
Tuttavia, come le leggi non possono essere deliberate ad libitum, poiché devono rispettare la Costituzione, come testimonia la fine ingloriosa del primo “Lodo Alfano” approvato con legge ordinaria, così anche le modifiche della Costituzione effettuate con legge costituzionale, non possono essere ad libitum, ma devono pur sempre rispettare quel nucleo intangibile della Costituzione rappresentato dai principi supremi della Repubblica e dalla forma repubblicana.
Come è stato giustamente osservato da Giuseppe D’Avanzo su Repubblica: “L'impunità costituzionale assicurata a Berlusconi svela come "un potere costituente" voglia scardinare l'ordinamento costituito e crearne uno nuovo ridisegnando gli equilibri dello Stato per il vantaggio di una sola persona. In modo da rendere "permanente, quotidiano e al contempo perenne" il caso d'eccezione che Berlusconi rappresenta.”
In effetti proprio questo è il significato della riforma costituzionale ad personam che i sarti di Berlusconi stanno confezionando in Parlamento. Qui ci troviamo in presenza di un potere costituente che pretende di scardinare l’ordinamento costituito, introducendo delle forme di immunità per il Capo politico che non hanno alcun fondamento giuridico in un ordinamento repubblicano. Ciò comporta il cambiamento della natura della funzione pubblica esercitata dal Presidente del Consiglio o dal Presidente della Repubblica poiché il soggetto che interpreta questi ruoli viene trasformato in una sorta di sovrano, politicamente inviolabile.
In questo modo verrebbe introdotta nell’ordinamento costituzionale una norma tendenzialmente assimilabile all’art. 4 dello Statuto Albertino che statuiva: “la persona del Re è sacra ed inviolabile”.
Nella Costituzione di Arcore che si delinea in questo provvedimento, si vorrebbe scrivere che la persona di Silvio Berlusconi è sacra ed inviolabile, almeno finchè gode del favore politico della maggioranza parlamentare, che Berlusconi, evidentemente, conta di conservare in eterno.
Si tratta di una scommessa rischiosa e destinata all’insuccesso, come tanti altri progetti falliti di Berlusconi di liberarsi delle sue grane, ma non può essere sottovalutato il vulnus che introdurrebbe nell’ordinamento repubblicano, modificando l’equilibrio dei poteri e rendendo l’esercizio dei poteri politici una funzione ancora più autoreferenziale ed irresponsabile di quanto non lo sia adesso.
Per fortuna i costituenti nella loro infinita saggezza ci hanno dotato di uno strumento per impedire ad una maggioranza arrogante di fare strame della Costituzione: il referendum.
Questa maggioranza sappia che se la costituzione di Arcore venisse deliberata come legge costituzionale, troverebbe un macigno insuperabile sulla strada della sua entrata in vigore: il popolo italiano. Che l’affosserebbe con il referendum, come è già avvenuto nel 2006.