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Beni culturali, un affare di famiglia
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di Nicola Tranfaglia

Beni culturali, un affare di famiglia

Si può dire, con il minimo necessario di oggettività, che il Ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi è all’altezza della situazione richiesta in Italia dalle dimensioni e dall’importanza del nostro patrimonio archeologico e artistico? Temo, purtroppo, che si debba rispondere risolutamente di no.
Quali sono le caratteristiche del ministro ? Sempre a cercare di essere oggettivi, come dicevo prima.
E’ uno dei luogotenenti più vicini e innamorati del Capo.
Lo dicono le sue liriche strazianti pubblicate in plaquette clandestine ed eleganti e dedicate a personaggi di fama sinistra come il capogruppo alla Camera del PDL Fabrizio Cicchitto, ritornato in parlamento dopo un intervallo quasi decennale dovuto alla sua tessera piduista o il pluricondannato Marcello dell’Utri già noto per i suoi gusti bibliografici e le sue amicizie sospette piuttosto che per aver avanzato proposte costruttive al Senato della repubblica.
Bondi, dopo dieci anni passati a fare il sindaco del Pci in un paese toscano, ha percorso fino in fondo la via di Damasco da sinistra a destra ed è diventato in men che non si dica uno dei tre coordinatori del grande partito liquido che fa capo a Berlusconi e ha mostrato di scambiare i beni culturali del nostro paese per un affare di famiglia o di clan.
Ha affidato la cura del grande sito campano alla Protezione civile e in particolare al braccio destro dell’ineffabile Bertolaso, Fiori, che di archeologia non sa nulla ed ha speso decine di milioni di euro a Pompei per restauri-spettacolo e altre amenità senza far svolgere la manutenzione ordinaria indispensabile a preservare dal crollo la Casa dei gladiatori e altri straordinari reperti di quel capolavoro che finora ci era rimasto.
Uso il termine verbale imperfetto perché già nella primavera 2010 è arrivato un primo, disastroso crollo e l’uso delle ruspe della protezione civile al posto delle attrezzature archeologiche ha dato un colpo decisivo allo sbriciolamento di una eccezionale testimonianza del passato.
Parlare come ha fatto Bondi di una sua assenza di responsabilità dei crolli che sono già avvenuti e di quelli che probabilmente potrebbero avvenire nelle prossime settimane è un insulto per chi conosce il valore dei reperti di Pompei, le competenze del ministro e la massa dei visitatori che arriva da tutto il mondo per vederli e il danno gravissimo che viene da quel che è successo per l’immagine del nostro paese, oltre che per la sua attraibilità turistica e culturale.
Ma si sa che il governo Berlusconi ragiona soltanto in termini di profitto immediato e possibilmente privato e non in termini di quel bene comune che dovrebbe muovere l’esecutivo della repubblica in una democrazia funzionante.
A Pompei come all’Aquila la procedura è la stessa. E le conseguenze drammatiche  ormai non si fanno aspettare. 

 


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