di Nicola Tranfaglia
I risultati della votazione della Camera sulla mozione di sfiducia nei confronti del ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi provano due cose: la prima è che la maggioranza attuale, per quanto in difficoltà, è in grado di restare compatta su questioni percepite di una certa importanza; la seconda è che le opposizioni sono divise e non in grado, almeno fino ora, di mandare a casa un ministro che è stato distratto e incompetente, che ha appoggiato la politica suicida del governo Berlusconi sull’università, sulla ricerca e sulle istituzioni culturali del paese.
Questo significa che l’attuale governo è forte e in grado di attuare un programma coerente di riforme amministrative e per la ripresa economica dell’Italia?
C’è francamente da dubitarne per quello che abbiamo visto e per l’atteggiamento negativo di tutte le opposizioni rispetto alla legge sul federalismo che si discuterà nelle prossime settimane.
Ma quel che è successo dimostra che si allarga, in queste condizioni, la distanza tra le scelte del parlamento e quelle degli italiani sempre più in difficoltà e preoccupati per le decisioni del governo, oltre che per il forte degrado della vita pubblica.
A chi come noi vuole stare vicino ai cittadini piuttosto che alla classe politica si impone un duplice compito: mettere in luce ogni giorno gli errori compiuti dal ministro Bondi come dal governo intero ma, dall’altra, indicare agli italiani che la cultura ha bisogno di attenzione costante e di risorse adeguate, che i giovani attendono da chi li rappresenta una politica adeguata alle esigenze europee, che favorisca il rovesciamento radicale della politica culturale di Bondi, come di Tremonti e del governo attuale.