di Fabrizio Ricci
Giù dalla torre è buio pesto. Si spengono i riflettori, si spostano le telecamere. Perché, si sa, i lavoratori, quando stanno per terra, non fanno più notizia. E il pericolo, per gli operai e le operaie della Antonio Merloni, è proprio questo: ovvero che dopo 4 giorni di grande attenzione mediatica, conquistata grazie all'occupazione del Campanaccio di Nocera Umbra, il monumento simbolo di questa vertenza nella regione, ora ritorni quel silenzio insopportabile che per troppo tempo ha coperto il dramma di migliaia di lavoratrici e lavoratori.
E questo rischio si fa concreto proprio adesso che invece si entra nella fase decisiva, dopo che qualche spiraglio, forse inaspettatamente, sembra essersi riaperto. Il bando per l'acquisto dell'azienda che produce elettrodomestici “bianchi” non è andato infatti deserto come si temeva. Ci sono soggetti interessati, qualcuno dice due, altri addirittura cinque. Ci sarebbero i cinesi, dei quali si parla da tempo, ma anche gli iraniani e persino un gruppo italiano, fatto abbastanza raro di questi tempi. Tuttavia, si tratta di “manifestazioni di interesse”, che - se naturalmente mantengono viva la speranza di poter salvare questa azienda così importante, con quasi tremila dipendenti diretti negli stabilimenti di Umbria e Marche - devono poi trasformarsi in concrete offerte di acquisto, basate su solide fondamenta economiche e corredate da piani industriali credibili.
“E' come quando si entra in un negozio alla ricerca di qualcosa – spiega Mario Bravi, segretario generale della Cgil dell'Umbria – il commesso sa bene che finché il cliente si guarda intorno, o magari chiede anche informazioni su un prodotto, non vuol certo dire che poi lo comprerà. Finché non tira fuori i soldi, può sempre voltarsi e andarsene a mani vuote”.
Dunque, ora spetterà ai commissari (l'azienda è da due anni in amministrazione straordinaria) valutare la serietà e la concretezza di questi interessamenti. “Ci vorrà almeno un mese per questo – avverte ancora Mario Bravi - e nel frattempo è fondamentale che si lavori anche, come sta facendo la Regione Umbria, sul versante dell'accordo di programma e quindi della possibile reindustrializzazione dell'area”.
Intanto però vanno tenute le luci accese su questa vertenza, dopo che i lavoratori umbri sono riusciti con la loro protesta a riconquistarsi un po' di attenzione. Lo testimonia il fatto che nei giorni scorsi dalla Torre di Nocera - dal “Campanaccio”, come lo chiamano in paese - sono passati in tanti: dalla presidente della Regione Catiuscia Marini, ai rappresentanti di Confindustria e delle altre associazioni di categoria; dal Vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, ai tanti sindaci della zona e pure a qualche parlamentare.
“Il nostro obiettivo era far parlare di noi e credo che per un po' ci siamo riusciti – dice Maurizio Tempesta, uno degli operai della Merloni di Colle di Nocera che è salito in cima alla torre – dobbiamo senz'altro ringraziare la Rai regionale che in tutti i giorni della nostra occupazione ha fatto collegamenti in diretta dal Campanaccio, anche 6 volte al giorno. Ora però – prosegue Tempesta – dobbiamo continuare con la mobilitazione perché non è possibile che una vertenza così importante per il numero dei lavoratori coinvolti non abbia l'attenzione che merita a livello nazionale. Insomma, non vogliamo tornare nel dimenticatoio”.
E anche Beppe Giulietti, portavoce di Articolo21, che ha portato la sua solidarietà e quella dell'associazione ai lavoratori in lotta, ha colto l'occasione per lanciare proprio da Nocera Umbra un appello ai media nazionali, che oggi, dopo la fine della protesta sulla torre, suona ancora più attuale: “Chiedo ai colleghi dell'informazione nazionale di dedicare a vicende come questa, ai diritti sociali, alle morti sul lavoro, alla disoccupazione che aumenta, almeno un centesimo del tempo che nelle ultime settimane hanno dedicato al delitto di Avetrana. Sarebbe già un grande passo avanti. In questo Paese – ha concluso Giulietti - non può esistere solo la cronaca nera: bisogna riportare in prima serata il tema del Lavoro”.