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Chi ha paura dei "segreti" di Wikileaks?
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di Gianni Rossi

Chi ha paura dei "segreti" di Wikileaks?

A chi fanno tanta paura i dossier riservati, che fra poco il sito “irriverente” Wikileaks pubblicherà e che riguardano le comunicazioni intercorse tra le ambasciate degli Stati Uniti, sparse nel mondo, e i principali governi amici e non dell’amministrazione Obama? Irrituale e inconsueta, per la prima volta nella storia dei governi italiani, quello guidato da Berlusconi è addirittura intervenuto con un documento ufficiale, per mettere in guardia dai probabili danni di immagine per il nostro paese. Insomma, il regime del Sultano di Arcore ha messo le mani avanti e, addirittura, il suo ministro degli esteri, Frattini, ha avanzato la richiesta ai magistrati di non indagare su eventuali misfatti, ma su chi li documenta. Come dire: “se un testimone vede uccidere una persona, arrestate lui e lasciate libero l’assassino”! Quale stravolgimento del diritto nazionale e internazionale, in questo “inverno del Patriarca”, che coinvolge anche tutti i suoi più stretti corifei!

Cosa c’è da aspettarsi, dunque, di così riprovevole e dannoso dai dossier che Wikileaks sarebbe riuscito a sottrarre dagli archivi elettronici del Dipartimento di Stato degli USA? Intanto, va chiarita la strategia di questa “tela del ragno” americana. Wikileaks è uno strumento molto sofisticato e di “massa” per attuare una strategia di “laundry”, di lavanderia, che nelle intenzioni neppure tanto nascoste della nuova amministrazione Obama-Clinton dovrebbe fare piazza pulita delle vecchie alleanze intrecciate dalla precedente amministrazione di Bush figlio e Cheney, che insieme al gruppo di affaristi, comunque riconducibili a Bush padre, avevano creato appunto una loro “tela di ragno”, fatta di accordi riservati con personalità politiche, imprenditoriali e finanziarie in grado di controllare alcuni settori strategici: energia, gas, petrolio, armi e telecomunicazioni. “Dirty affairs”, affari sporchi intrecciati con la diplomazia sotterranea, che Obama, aiutato dalla coppia Clinton, intende recidere, per riallacciare rapporti internazionali più trasparenti e appunto puliti, in vista di un’eventuale “guerra valutaria” con i nuovi potenti della terra, come Cina, India e Brasile.

Una nuova epoca di alleanze per sconfiggere la crisi economica che, se non sfocerà in una guerra come fu quella mondiale del 1939-’45, che fece seguito alla Grande Depressione del ’29, certo potrebbe portare a focolai di forti tensioni sociali in più emisferi, Europa compresa, e a creare grandi rivolgimenti politici ed economici. Non potendo affidarsi ai canali della diplomazia ufficiali, quindi, si lascia trapelare il peggio del peggio attraverso l’uso mirato del WEB e di un sito “urticante” come appunto Wikileaks. Per l’Italia, se le previsioni saranno rispettate, i maggiori dolori, i mal di pancia potranno sorgere proprio per il Sultano di Arcore e le sue “amicizie preferite”: Putin, Gheddafi, Erdogan. Sono loro i principali referenti di Berlusconi per quanto riguarda i settori dell’energia, ma anche per la vendita di sistemi di Difesa e per le TLC. Tutto alla luce del sole, certo! Ma trattandosi di “mercati sensibili”, di quelli per i quali sono necessari i Nulla osta di segretezza, gli accertamenti del settore ricerche e operazioni dei Servizi segreti, non è detto che siano state operate intercettazioni, pedinaggi e altre iniziative di intelligence sia da parte dei tanti servizi speciali italiani (ricordiamo soprattutto quelli della Guardia di Finanza, molto collegata ai reparti simili americani), sia da parte di intelligence stranieri, alleati e non.

Che i rapporti tra l’amministrazione Obama-Clinton e il governo Berlusconi non fossero da questo punto di vista “cordiali” lo avevamo sottolineato già molti mesi fa, proprio sul nostro sito e in relazione agli accordi energetici sul Southstream, tra Italia, Russia e Turchia e quello sul gas tra Russia e Italia, che si gioverebbe di società private di intermediazione molto vicine agli ambienti governativi. Per quale ragione, poi, Berlusconi lasciò alcune settimane fa il Summit del G-20 a Seoul sui rischi finanziari del pianeta, per recarsi nella Russia di Putin, senza neppure onorare la rituale conferenza stampa? Problemi legati ai nostri contratti energetici o le preoccupazioni sulla futura fuoriuscita dei dossier, o ancora per ricevere in dono dagli ambienti spionistici russi "scartoffie"  antiche, contenenti chissà quali rivelazioni su alcune personalità politiche, a cominciare dal presidente della Repubblica, Napolitano?

Lo strappo formale con gli Stati Uniti , comunque, è avvenuto molto probabilmente ( lo anticipammo il 22 maggio scorso) alla vigilia della commemorazione della strage del giudice antimafia Falcone, nel pieno della lotta politica sul DDL “bavaglio” per impedire le intercettazioni alla magistratura. In quell’occasione si schierò a fianco dei giudici una personalità molto influente negli USA, l'Assistent Attorney General della Criminal Division di Washington, con delega per la lotta alla criminalità organizzata, Lanny A. Breuer, nel corso di un incontro con la stampa presso l'ambasciata degli Stati Uniti a Roma. 

"La legislazione italiana così come è stata finora è stata molto efficace nella lotta alla criminalità organizzata.",dichiarò Breuer, il più famoso giusrista esperto di crimini commessi dai "white collars", gli operatori finanziari di Wall Street. "Non vogliamo che succeda qualcosa che impedisca ai magistrati italiani di continuare l'ottimo lavoro svolto finora. Finora, il rapporto di cooperazione tra Italia e Stati Uniti nella lotta al crimine organizzato è stato ottimo. In un mondo dove il crimine non conosce limiti, un'efficace collaborazione tra le forze dell'ordine e' essenziale per sventare e perseguire la criminalità organizzata. Così come il crimine organizzato è sempre più sofisticato, anche gli strumenti di indagine devono essere sempre più sofisticati". Berlusconi, appena sentite queste dichiarazioni, andò su tutte le furie e, in piena crisi di apnea intellettuale, chiamò i suoi fedeli autori della legge bavaglio, per cercare di  far smentire almeno in parte il contenuto della presa di distanza del governo USA.

Il ministro Alfano riuscì solo a farsi consegnare una nota stampa, che in pratica diplomaticamente asseriva che nessuna ingerenza da parte degli Stati Uniti veniva messa in opera sulle “decisioni interne italiane”. Ma l’appoggio americano alla Magistratura italiana in prima linea su questo fronte restava tutto. Lotta dura per Obama alla Piovra mafiosa, che estende i suoi tentacoli in più affari sporchi non solo in Italia e nel Nord dell’Europa (come un documento allarmato della Commissione Europea ha denunciato mesi fa, ripreso solo dalla stampa francese), ma anche nella Russia di Putin e dintorni. E la Cina con la Triade e il Giappone con gli Yakuza, e i vari “Cartelli” sudamericani della droga? Sono tutte fonti di riciclaggio del danaro malavitoso che si sono riversati sui prodotti più sofisticati e incontrollabili dei cosidetti “Derivati” a Wall Street e nelle altre piazze finanziarie mondiali, decretando la crisi che dalla fine del 2008 attanaglia i paesi più industrializzati. Per non parlare ovviamente delle bolle speculative nell’immobiliare!

Nello stesso periodo, i prezzi del petrolio, del gas e dell’oro hanno fatto dei balzi da gigante. Così come assitiamo a fluttuazioni pericolose per la stabilità degli stati Euro, delle monete principali, mentre quella cinese non si è ancora apprezzata, nonostante le richieste del Fondo Monetario e dell'ultimo summit del G-20 a Seoul. E chi detiene queste enormi masse di denaro incontrollabile per speculare sui mercati mondiali? Ecco, quindi, che parte la strategia della “tela del ragno” Obama-Clinton e che alcuni paesi, governi “amici” più sensibili si sentono “minacciati”. Qualcuno dovrebbe ricordare al Sultano che nei primi anni Sessanta ci fu chi per rendere l’Italia indipendente sul fronte energetico, ci rimise la vita, avendo sfidato le allora “Sette sorelle”. Fu un uomo coraggioso, un ex-partigiano, politicamente discutibile, ma certamente uomo dabbene ed onesto: Enrico Mattei. Ci fu anche chi ,sempre per colpa dell’energia e dei minerali più preziosi, come la Francia, perse le colonie africane, a partire dalla sanguinosa guerra in Algeria e chi, come il democratico Mossadeq, fu spodestato da un golpe etero-diretto dagli USA, per riprendere il controllo energetico e politico dell’Iran, utilizzando lo Scià Reza Pahlavi.

Qui non si tratta di prevedere prossimi golpe o spargimenti di sangue in piazza. Qui si tratta di fare pulizia mediatica, politica e finanziaria di gruppi politico-affaristici che, in barba a qualsiasi alleanza storica e trasparenza democratica, da alcuni anni stanno solo intessendo interessi privati grazie ai loro ruoli pubblici. Non si tratta si un complotto. Solo di una giusta pulizia morale.

 


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