di Reporter senza rete
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Gli studenti scendono nuovamente in piazza ed i telegiornali restano fermi alla cronaca. Nessuna testata, e dobbiamo sottolinearlo ancora una volta, ha tentato una qualche spiegazione su quali siano le ragioni del governo da una parte di studenti ed insegnanti dall’altra. Solo cronaca degli eventi, quindi, declinata in base alle linee editoriali dei Tg. Iniziamo con Studio Aperto. Il notiziario di Italia Uno apre, nei titoli, con gli scontri in piazza tra studenti e forze dell’ordine, ma il primo servizio è dedicato alla scomparsa di Yara, la tredicenne della provincia di Bergamo. A seguire il caso Avetrana. Subito dopo partono due pezzi, sugli scontri di Roma e sui disagi patiti dai pendolari per i blocchi dei treni nelle stazioni ferroviarie di Milano. Emilio Fede con il suo Tg4 ci regala ancora una volta resoconti e commenti “folkloristici”, e grida dallo studio il suo “basta”. Perché per il direttore non se ne può più di studenti in piazza, di gente che urla per il sud, di operai sui tetti o di immigrati sulle gru” e trova il tempo anche per prendersela con Saviano, che secondo Fede è risultato “noioso come non mai” nel programma “Vieni via con me”. Il Tg3 apre con una lunga carrellata di immagini, senza commento, sulle proteste nelle città interessate e dedica all’argomento i primi 10 minuti della sua scaletta. Sulla stessa linea Tg5, Tg1, Tg La7 e Tg2. Da sottolineare che tutti i notiziari, con l’eccezione del solito Tg4, riportano la notizia del governo battuto su due emendamenti proposti dai Finiani e votati anche dalle opposizioni. Per la cronaca la riforma è passata alla Camera con i voti di maggioranza e finiani. Nel commento abbiamo ascoltato il giudizio critico ma non disperato del Professor Tullio De Mauro, ex Ministro della Pubblica Istruzione.
WikiLeaks è l’altra notizia che troviamo all’interno di tutti i Tg, naturalmente in secondo piano rispetto a ieri, con in evidenza le dichiarazioni del ministro Frattini che ha chiesto l’arresto per Julian Assange, responsabile del sito, e quelle di Bossi, che ha attaccato l’amministrazione americana rea di aver voltato le spalle al Premier.
Del nuovo crollo nel sito archeologico di Pompei ne parlano solo Tg3, quinto titolo, Tg5 quarto titolo e Tg La7, settimo titolo, servizio in scaletta per il Tg2. Un crollo che oggi più che mai può essere usato come metafora per sottolineare il “crollo culturale” che sta attraversando il nostro Paese. Proprio come denunciato più volte negli ultimi mesi da un grande del nostro cinema: Mario Monicelli.
Il commento di Tullio De Mauro ex Ministro della Pubblica Istruzione
(intervista di Alberto Baldazzi)
Professor De Mauro, lei ha vissuto un intera vita dentro l’università contribuendo alla sua crescita ed al suo sviluppo. Come valuta questo momento così critico, contrassegnato da proteste che non si ricordano da decenni nel nostro paese?
“Un segnale, per certi aspetti, perfino positivo per la cupezza del momento. Positivo che siano gli studenti, i giovani, i giovani ricercatori oltre che i professori a scendere in campo e a protestare. Si desidererebbe che anche i rettori si unissero decisamente a questa protesta. So che è stato richiesto che i rettori protestino più decisamente di quanto hanno fatto nei mesi passati. Sembriamo appiattiti dal desiderio di avere delle concessioni finanziarie dal Ministero.
Professore, a suo giudizio cosa c’è dentro e dietro la riforma Gelmini?
A me pare che i provvedimenti del Ministro siano punto d’arrivo di una grande disattenzione per l’università, o peggio un lungo disprezzo per ciò che l’università è riuscita a fare, fa o vorrebbe fare. Purtroppo siamo enormemente dietro nel confronto internazionale, soprattutto per quantità di diplomati e laureati … e continuiamo ad esserlo. Non si tratta di qualità, perché quelli studenti che riescono a sopravvivere fino alla laurea triennale o specialistica, quando sono costretti dall’incuria per le giovani generazioni a varcare i confini ed andare fuori in Italia vediamo che hanno tutti dei risultati straordinari in termini di inserimento negli enti di ricerca nelle università europee e del Nord America. Dunque la qualità è purtroppo garantita (come chi vive ed ha vissuto nell’università può testimoniare, anche se potrebbe essere una testimonianza poco rilevante). L’apprezzamento fuori d’Italia è una garanzia sicura di questa qualità, però siamo oramai messi molto male da quindici – venti anni, dal punto di vista delle risorse su cui l’università può contare. Speriamo quindi che questa protesta – qualunque sia l’esito immediato – cominci a risvegliare delle attenzioni sopite in tutto il ceto dirigente italiano e nel ceto imprenditoriale”.