di Bruna Iacopino
Si susseguono in maniera preoccupante le notizie che provengono dalla Tunisia infiammata negli ultimi giorni da una violenta protesta rispetto alla quale il Governo ha preferito usare le armi e far fuoco sulla folla. Imprecisato il numero dei morti, che stando a fonti ufficiali sarebbero 14, secondo fonti sindacali 25, stando invece a Radio Kalima 50… Ed è la stessa radio a diffondere stamani la notizia del ritrovamento di altri 5 cadaveri, tre dei quali si troverebbero all’interno di una caserma della polizia.
Ma la protesta non si combatte solo sulle strade. Da giorni hacker governativi sono a lavoro per violare gli account degli attivisti su Facebook, Google e Yahoo e intercettare i successivi passi della rivolta. A denunciarlo, sempre oggi, è oggi una nota di Cpj ( Commissione per la protezione dei giornalisti) che spiega come siano stati violati gli account su Facebbok del giornalista Sofiene Chourabi di al-Tariq al-Jadid, giornale affiliato al partito di opposizione Ettajdid, e del giornalista video Haythem El Mekki, un indipendentee e come, tramite questi accessi, gli hacker siano anche entrati in possesso delle passwords di altri. "I loro account e le foto delle proteste recenti (postate su Facebook, ndr) sono state cancellate o modificate' dichiara Cpj. Il controllo sulla rete, del resto, non è una pratica nuova per il governo di Ben Alì che può vantare un sofisticato sistema di controllo e censura denominato “Ammar”.
E naturalmente al semplice controllo, blocco degli account, divieto di pubblicare video e foto relative alla protesta, puntuali sono scattati gli arresti a carico di blogger e giornalisti. A darne conto è un post pubblicato su Global voices Italia anticipato da un’ancora più accurata e dura denuncia fatta circolare da Reporters sans frontieres lo scorso 6 gennaio. Stando a quest’ultimo sarebbero ben 5 i casi di bloggers e giornalisti scomparsi o arrestati i questi giorni di cui non si hanno più notizie. Ma la lista, precisano, potrebbe essere molto più lunga.
Secondo Rsf farebbero parte di questa lista: il blogger e militante Hamadi Kaloutcha, Sleh Edine Kchouk, militante de l’Union générale des étudiants de Tunisie (UGET), Slim Amamou e Azyz Amamy, uno dei promotori dell'operazione “Nhar 3la 3ammar” [fr] (movimento civico e pacifico contro la censura in Tunisia) e tra gli organizzatori della protesta contro la censura svoltasi il 22 maggio 2010 ( racconta Global voices), blogger e attivista il secondo.
A questi si aggiungono i nomi di Ammar Amroussia, corrispondente per il sito di informazione Albadil.org, il cui arresto risale al 29 dicembre scorso, attualmente detenuto nel carcere di Gafsa e quello di El Général, il rapper tunisino autore di un brano che ha fatto il giro del mondo come inno della protesta.
Solo in queste ore l’Unione europea ha deciso di prendere ufficialmente posizione, seppur in maniera molto cauta, contro le violenze, le uccisioni e gli arresti arbitrari chiedendo "l'immediato rilascio di blogger, giornalisti, avvocati e altri che manifestavano pacificamente". Mentre il nostro ministro degli Esteri ha pensato bene di garantire il sostegno a “governi che hanno avuto coraggio e hanno pagato con il sangue dei propri cittadini gli attacchi del terrorismo… governi che costituiscono- precisa il Ministro- un’importante presenza mediterranea, innanzitutto nella lotta al terrorismo."
Ruolo rispetto al quale la morte, l’arresto ingiustificato, la censura sono argomenti assolutamente irrisori.
La denuncia di Reporters sans frontieres
Consulta Global voices Italia
Leggi il testo del brano "incriminato" costato l'arresto al rapper El Gènèral