di Riccardo Cristiano
Come mai la crisi libanese è precipitata? Come mai Hezbollah ha deciso di mettere in crisi il governo? Per rispondere occorrere procedere con ordine e sopratuto avere un po’ di pazienza.A conferma della duplice natura del Paese, l’ora in cui i barbuti leader di Hezbollah ( e i loro sbarbati alleati maroniti fedeli al generalissmo Aoun) hanno potuto annunciare la caduta del governo libanese ha conciso con quella della divulgazione delle fotografie di miss top model 2010, Luna Ramos, immortalata in bikini sulle nevi del Libano.
Il Libano è così, nonostante la scarsa propensione al pluralismo di Hezbollah. Soltanto il 14 febbraio del 2005, il giorno in cui una devastante esplosione sul lungomare di Beirut ha eliminato l’ex primo ministro libanese, Rafq Hariri, e altre 22 persone, non verà ricordato per altre immagini, nessun bacio nella festa di San Valentino ha sfidato le foto della carneficina.E quel crimine da allora condiziona la vita politica libanese. La comunità internazionale infatti ha dato vita ad un Tribunale Internazionale per il Libano, e il Libano ha ufficialmente deciso di collaborare con esso. Col passare del tempo però gli assassini si erano convinti di averla fata fatta franca, come agli assassini capita spesso in Medio Oriente. E invece mesi fa dal Tribunale sono cominciate a filtrare indiscrezioni sempre più insistenti sull’imminente rinvio a giudizio di uomini di Hezbollah.
Dunque quello che si era pensato da subito sarebbe vero: Hezbollah avrebbe eseguito materialmente il delitto su mandato siriano. Damasco infatti al tempo contestava ad Hariri di non “eseguire gli ordini”, diciamo così. Da quando si è cominciato a parlare di rinvii a giudizio il nervosismo è aumentato, con il Partito di Dio che ha chiesto sempre più insistentemente al governo di rompere con il Tribunale: il Libano per loro dovrebbe smettere di cooperare. L’attuale premier libanese, il figlio del defunto Rafiq Hariri, Saad, ha respinto la proposta. E Hezbollah, che nell’esecutivo con i suoi alleati conta su 10 ministri su 30, ha bloccato i lavori dell’esecutivo.
Avrebbe potuto seguitare a bloccare l’esecutivo, e invece ha deciso di farlo cadere. Per conseguire questo risultato doveva o far sfiduciare il premier o far dimettere più di un terzo dei ministri, dunque 11 su 30, quindi i dieci non bastavano. Non avendo la maggioranza parlamanetare ha trovato l’undicesimo ministro in uno dei cinque eletti nella cosiddetta quota presidenziale, un escamotage inventato per comporre un esecutivo senza che nessuna delle due parti, amici di Hezbollah e amici di Hariri, potessero dire di aver vinto e di controllare il governo di unità nazionale. Perchè dunque Hazbollah ha voluto far cadere il governo di Hariri? Secondo i più perché vuole insediare un altro governo, un esecutivo che mandi all’opposizione Hariri e i suoi alleati e sbatta la porta in faccia al Tribunale. Per farlo Hezbollah deve trovare una maggioranza parlamentare, che attualmente non ha, e un sunnita disposto a presiedere un esecutivo contro Hariri. Per raggiungere il primo obiettivo deve convincere il leader druso Joumbatt a scherarsi contro Hariri. Minacciato in malo modo, Joumblatt è già andato a Canossa, distanziandosi da Hariri, ma non tanto da votargli contro. E a favore di chi, poi, dovrebbe votare Joumblatt? Visto che la costituzione prevede che il premier debba essere sunnita, quale sunnita libanese potrebbe prestarsi a formare un governo su designazione del partito accusato di aver ucciso il sunnita Hariri? ”Solo quel signor nessuno di Mrad, eletto nella lontana Beqaa, sconosciuto ai più, potrebbe prestarsi a un gioco del genere.”, assicurano a Beirut. Dunque un signor nessuno, eletto con una maggioranza risicatissima, appeso ai voti del tormentato Joumblatt dovrebbe dire al Tribunale Internazionale, “non ti vogliamo più”? Sembrerebbe una mossa disperata e tardiva, incapace di salvare la reputazione di Hezbollah e di impedire i rinvii a giudizio di cui si parla, ormai imminenti. Dunque l’accelerazione potrebbe derivare da un’altra paura: cercare comunque di fermare la corsa del Tribunale per evitare che dopo gli uomini di Hezbollah vengano rinviati a giudizio anche i presunti mandanti, cioè i più stretti collaboratori del presidente siriano. A mali estremi, estremi rimedi.