di Riccardo Cristiano
Ormai manca soltanto l’ufficialità, che presto comunque arriverà. Tutto conferma che il siriano di lungo corso, Omar Karami, a giorni sarà designato quale nuovo primo ministro libanese, con una maggioranza parlamentare tra le più esigue che possano esistere. L’uomo che nel 2005 fu cacciato a furor di popolo dal palazzo del primo ministro per le evidenti correità di servizi di sicurezza nell’assassinio del suo predecessore, Rafiq Hariri, dovrebbe giurare all’inizio della prossima settimana. Hezbollah e i fedelissimi alleati maroniti che fanno capo al generale Aoun non avevano la necessaria maggioranza parlamentare, ma dopo le minacce siriane e di Hezbollah il leader druso Walid Joumblatt avrebbe piegato la testa, dando il suo benestare al ritorno dell’anziano Karami (classe 1934) alla guida del Paese. Che Karami fosse un fedelissimo esecutore degli ordini di Damasco lo si sapeva da sempre; che accettasse di diventare il primo ministro sunnita designato da Hezbollah per dare copertura politica agli assassini di Hariri, il più importante esponente sunnita della storia recente del Libano, sorprende. Nel precedente post al riguardo infatti avevo scritto che forse neanche Karami avrebbe avuto tanto coraggio.
Se le indiscrezioni che arrivano da Beirut saranno confermate, il partito di Hariri passerà all’opposizione, insieme agli altri alleati del “fronte del 14 marzo”, cioè i cristiani di Gemayyel e Geagea. E anche questo fa balzare agli occhi che solo tra gli sciiti il dissenso politico non può esistere, nessuna voce può levarsi a differenziarsi da quella di Hezbollah. Una volta ci provò l’imam sciita di Sidone, lo cacciarono a fucilate dalla moschea.
Omar Karame dovrebbe essere già impegnato nella stesura del suo discorso, il terzo da primo ministro designato (’92 e 2004 i precedenti). Se è evidente che il punto centrale dovrà essere il rifiuto di collaborare con il Tribunale Internazionale sul Libano (che sta certamente per incriminare alcuni esponenti di Hezbollah dell’assassinio di Rafiq Hariri e forse anche alcuni agenti dei servizi siriani) quel che non è chiaro è se Karami dirà anche che neppure le sanzioni internazionali indurranno il suo governo ad accettare eventuali verdetti. Il generale Aoun, ansioso di scavalcare i concorrenti nella lista di gradimento del presidente siriano, lo ha già fatto, orgoglioso di far pagare agli altri i suoi servigi politici.
Un’ultima annotazione: se le cose andranno realmente così l’antistato, cioè Hezbollah, dovrà gestire lo stato. Un esperimento che sarà molto interessante seguire.