di Nello Trocchia
Tonnellate di merda in mare. ‘ Anche la merda di Acerra va nei regi lagni' dice al telefono Generoso Schiavone, responsabile ciclo depurazione acque della regione Campania, uno degli arrestati. In una frase la sintesi perfetta, di quello che in questi anni è successo in Campania. Funzionari, politici, amministratori, controllati e controllori hanno consentito lo scempio, sapevano che il percolato, il liquido velenoso di risulta dalle discariche, passava solo per i depuratori, senza filtro, finiva direttamente in mare devastando il litorale napoletano e casertano, i lidi che nell'estate torride diventavano luogo di svago e riposo per migliaia di cittadini campani.
Lo schema adottato anche dall'imprenditoria mafiosa che da sempre finge il trattamento dei rifiuti per poi interrarli ovunque. Questa volta il crimine organizzato non ha colpe, responsabili sarebbero gli uomini dello stato. In questo caso sono i depuratori che avrebbero dovuto filtrare e che, invece, hanno inquinato il mare campano. Per questo le accuse rivolte agli indagati sono molto gravi dall'associazione per delinquere alla truffa fino ai reati ambientali. L'inchiesta della Procura di Napoli, condotta da Guardia di Finanza e dal Noe, è il quarto atto della guerra aperta dalla magistratura contro i monatti della Peste campana, la prosecuzione dell'indagine Rompiballe scattata nel maggio 2008 ( con 25 arresti) e poi finita a Roma per competenza. Sono 36 gli indagati, tra questi anche l'ex commissario all'emergenza e alle acque Antonio Bassolino( gli ex assessori Gianfranco Nappi e Luigi Nocera), ai domiciliari, insieme ad altre 5 persone, il prefetto Corrado Catenacci, ex commissario rifiuti e a capo della società provinciale napoletana dei rifiuti la Sapna( si è subito dimesso). In carcere sono finiti i soliti noti, già coinvolti e citati in altre indagini ma sempre premiati, come Claudio De Biasio, ex responsabile tecnico del commissariato, ai domiciliari Marta Di Gennaro, numero due di Bertolaso alla protezione civile, Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell'ambiente. Uomini del commissariato su richiesta di Fibe, la società del gruppo Impregilo ( indagato, anche Sergio Asprone, responsabile gestione Impianti) usavano la soluzione 'depuratori' per liberarsi del percolato prodotto dalle discariche e dagli impianti campani che finiva nel litorale marino della provincia di Napoli, Salerno e Caserta.Una condotta, dal 2006 ancora in corso, che, provocava, scrivono i giudici, ' un gravissimo e irreparabile disastro ambientale incidente sugli equilibri biologici e marini e sulle stesse condizioni di vita umane'.
L'eterno ritorno. Tra inchieste e incarichi
Dalle mille pagine dell'ordinanza cautelare, firmata dal Gip( in sezione collegiale), su richiesta dei pm Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello( coordinati dall'aggiunto Aldo De Chiara) emerge il paradigma adottato in questi anni: l'assenza di un piano di gestione e le conseguenze dell'eterna emergenza. Dall'assenza di collaudi per i Cdr alla gestione delle discariche, dalla costruzione dell'inceneritore al trattamento del percolato. Ogni fase contraddistinta da deroghe e irregolarità con conseguenze devastanti per l'ambiente e la salute dei cittadini. I protagonisti sempre gli stessi: gli uomini dello stato. L'ex direttore del ministero dell'ambiente Gianfranco Mascazzini è stato scelto per un delicato ruolo all'Aquila. In questi giorni il presidente Gianni Chiodi lo aveva nominato commissario per la gestione del fondo di 40 milioni di euro disposto per contrastare il rischio idrogeologico. Non solo Mascazzini è anche consulente, emerge dall'ordinanza, della Sogesid società in house del ministero dell'ambiente e per questo si è ritenuto di disporre la misura cautelare.
Eppure Mascazzini era lo stesso che nell'inchiesta Rompiballe al telefono formulava la strategia per rendere meno puzzolenti le discariche campane, gestite non a norma "Il tentativo - diceva - è di trattare con una polverina magica tipo calce che mischiata la roba da spostare la rende non puzzolente". Nella discarica di Terzigno dovevano portare solo rifiuti trattati, ma gli impianti non funzionano, e Mascazzini ammette: "Su Terzigno pensiamo di metterci solo marmellata fritta... Il mio problema è di avere quattro carte...». Tre anni dopo promosso per meriti sul campo, ora ai domiciliari.
Marta Di Gennaro, numero due di Guido Bertolaso, fu già coinvolta nell'inchiesta Rompiballe, al telefono ad un uomo del commissariato che le spiegava: "Qui non ha proprio senso fare il trattamento dei rifiuti...», Di Gennaro rispondeva: «Sì, ma rimane fra noi... non ce lo possiamo dire... ora noi dobbiamo parlare il linguaggio che parlano tutti... che è il linguaggio della vaghezza». Ieri con le discariche e gli impianti di trattamento dei rifiuti, oggi con il percolato. Un altro uomo finito ai domiciliari in questa ultima inchiesta è Claudio De Biasio, definito dai giudici uomo dalla ‘personalità criminale allarmante'. Già direttore del consorzio Ce4, il centro di potere di Nicola Cosentino luogo di incontro tra imprenditoria mafiosa e malaffare politico, De Biasio nel 2007 approda al commissariato di governo, come numero due di Bertolaso, una nomina al centro di un audizione secretata della commissione ecomafie. In intercettazioni e nelle deposizioni del pentito Gaetano Vassallo, De Biasio viene definito come persona ‘vicina' ai fratelli Orsi, gli imprenditori contigui al clan dei Casalesi. De Biasio viene arrestato nel 2007 poco dopo la nomina al commissariato. Nonostante le indagini a suo carico resta nella Protezione civile con un incarico emergenziale in Puglia e poi arriva anche la promozione. Guido Bertolaso, nonostante la bufera giudiziaria, lo sceglie come attuatore dell'organizzazione del G8 in Sardegna. Il vertice degli scandali, quello della cricca. Un incarico dal quale De Biasio si dimetterà ‘per depotenziare eventuali iniziative giudiziarie ai suoi danni'. Nel giugno 2009 viene coinvolto in una nuova inchiesta per i falsi collaudi ai Cdr. Cambiano le stagioni, cambiano i governi, ma Claudio De Biasio resta sempre in sella. Come questa cricca che, nonostante le pesanti ombre, ha continuato a lavorare e occupare posti decisionali nello scacchiere istituzionale. Dalle perquisizioni effettuate dagli inquirenti negli uffici di Protezione civile, prefettura e in due società( Termomeccania e Hydrogest) potrebbe emergere nuovi dettagli e l'inchiesta potrebbe allargarsi.