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Salviamo il soldato Renzulli
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di Ennio Remondino

Salviamo il soldato Renzulli

Troppo facile prendersela col collega Renzulli per l'intervista compiacente fatta a Berlusconi e andata in onda sul Tg1. Intanto c'è una questione di 'linea editoriale'. Qualcuno poteva oggettivamente immaginare un'intervista aggressiva e graffiante su Ruby e Bunga bunga messa in onda dal Tg diretto da Minzolini? Suvvia, siamo seri e non facciamo gli ipocriti. Come pretendere dal Tg di Emilio Fede una inchiesta sulla prostituzione ricattatoria nel sottobosco televisivo e da Lele Mora una lezione sulle virtù necessarie per accedere al mondo dello spettacolo. Chiarito questo, parliamo invece della oggettiva difficoltà professionale del condurre una intervista. Sfatando da subito una leggenda. Mettere il microfono sotto la bocca di qualcuno non è intervista. Sovente è pura e semplice pelandronite per evitare lo sforzo di capire e la responsabilità di raccontare. Più classicamente è il pigro accondiscendere da “pastone politico”: un solo microfono per tutti ed ogni cucina giornalistica dosa a suo piacimento gli ingredienti. Mai uno sfizio di creatività. Stessa minestra riscaldata. Del resto una dichiarazione di  Capezzone o di Gasparri, puoi conservarla in frigo ed usarla anche il giorno dopo. Tanto non cambia né il contenuto né il sapore.
L'intervista vera è  l'interlocuzione tra due persone dove uno pone le domande e l'altro fornisce le sue risposte. Banale, ma tutt'altro che facile. Primo quesito professionale. Pesano di più le domande poste o le risposte che voglio ottenere? Il più delle volte le risposte potresti già dartele da solo, salvo scoop clamorosi, anch'essi, solitamente concordati prima. Il giornale che intervista diventa semplice postino di un messaggio altrui. Per il giornale-veicolo che vuole compiacere l'intervistato, valgono le risposte scontate che ha scelto di diffondere. Per l'intervistatore sono invece decisive le domande, non tanto nella speranza di una qualche risposta sconvolgente, quanto per salvare la propria dignità e la faccia nell'aver scelto almeno di formularle. A questa lezione del corso base di giornalismo, il collega del Tg, di cui tanto si parla, doveva essere assente. Capita. Ma per non fare il moralista e il maestrino datato, debbo confessare alcuni peccati personali. Per una intervista scoop puoi arrivare a commettere qualsiasi nefandezza.
Per portare Licio Gelli a recitare la sua scontata autodifesa al microfono del Tg1, in lunghe telefonate di convincimento ho chiamato con tenero opportunismo il nipotino prediletto del Venerabile, “Licino”. Roberto Morrione, che mi era accanto, ha sussultato e non me lo perdona ancora oggi, a 30 anni di distanza. In Bosnia, per strappare una dichiarazione a quel galantuomo di Karadzic, ho partecipato ad un rito religioso ortodosso che mi ha imposto il triplo bacio con lo stesso. Poi ho tirato fuori il microfono, è la mia giustificazione. Per indurre don Tano Badalamenti a farmi accendere la telecamera, mi sono sorbito un mese di canzoni di Elvis Presley a Memphis, Tennessee, e mi sono inventato un lontano parente siciliano. Alla fine, di quella galera dove lui era recluso, conoscevo ogni secondino. Sovente, è la lezione finale che ho appreso, l'intervista è importante soltanto per essere riusciti ad avvicinare “quel” personaggio e non tanto per ciò che lui ha da dire o che speri di riuscire a strappargli. Succo del succo, nel giornalismo dignitoso, dell'intervista non contano le risposte ma le domande, la curvatura della tua spina dorsale.
L'intervista si può distinguere anche per categoria. Grossolanamente, da vecchio mestierante, partirei dalla “Intervista inutile”, detta anche “Istituzionale”. Il già citato “microfono-gelato” messo sotto la bocca del portavoce di qualche partito per raccogliere dichiarazioni scontate da “pastone politico” indigesto. Segue, per diffusione, l'intervista “marchetta”, molto praticata, in questi tempi di degrado, su navi da crociera e noti luoghi di vacanza. Altrettanto minacciosa e in espansione la “Intervista cretina”. Chiedere a una madre che ha appena appreso della morte di un figlio, “Cosa prova?”. Repertorio vastissimo con esempi quotidiani. Poi, ad accorciare, l'intervista ossequiosa, quella compiacente, quella genuflessa e, ultimamente, quella coricata, dati alcuni andazzi privati e notturni di stretta attualità. Siamo insomma nei pasticci. Questione da vecchio combattente sul fronte della notizia. E' possibile lasciare nelle mani di certe creature l'arma micidiale dell'intervista? Il rischio è che si facciano male da soli. Dubbio ultimo e lacerante: oltre un certo degrado non è che ci resti soltanto l'intervista, scusate l'arcorismo, “alla pecorina”?

A prevenzione e monito ma col realismo che deve distinguere ogni buon cronista, propongo alcuni schemi di possibile interviste sul modello di quanto visto al Tg1. Quattro domande secche.

Pierluigi Bersani, segretario Pd.
1.Qual è l'asse portante della vostra incisiva opposizione?
2.Nella ritrovata compattezza interna, quali alleanze certe per l'alternativa?
3.Esiste una 'questione morale' nei confronti di Berlusconi?
4.Nella continua polemica contro i giudici voi con chi state?
Da far tremare il sangue nelle vene del pur pacato emiliano di lungo corso.

Pierferdinando Casini, segretario Udc.
1.Può esistere politicamente un'Italia dei due estremi senza un suo centro?
2.Lo Stato laico e la Chiesa. Quali i confini che lei vede?
3.Il Vangelo in politica: lei si sente di scagliare la prima pietra?
4.Può un cattolico sostenere un governo con ex comunisti?
Il solitamente pacato Casini, scottato da domande tanto piccanti si alza ed esce.

Antonio Di Pietro, segretario IDV.
1.Perché il continuo attacco di Berlusconi alla magistratura?
2.Quale sarebbe la giusta collocazione per il Premier?
3.Tra giudici e attuale governo, a chi va la sua fiducia?
4.Gioco della torre. Tra Berlusconi e Boccassini che getterebbe?
Le imprecazioni in stretto molisano dell'irato Di Pietro ci evitano la censura.

Accidenti alla leggenda del giornalismo d'assalto! Finiamola una buona volta. 129 giorni tra Marrakech e Cortina passando per Cannes sono il nuovo fronte del vero inviato in carriera. Altro che le vacanze pagate in Egitto a tanti sfaccendati Rai. A proposito, dov'è finita quella acuta e preveggente analisi di qualche vertice che suggeriva la chiusura della sede di corrispondenza de Il Cairo? 

A proposito dell'intervista del Tg1 al presidente del Consiglio. Lettera al presidente Odg - di Roberto Zaccaria


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