di Giorgio Santelli
Avete in mente il film "Bianco Rosso e Verdone", quando una esausta Magda all'ennesima di Furio dice, con forte cadenza piemontese "Non ne posso più!". Ecco: dopo l'ennesima sparata, di nuovo sulla scuola pubblica e sugli insegnanti della scuola pubblica, di Silvio Berlusconi, il piacentino Pierluigi Bersani non ce l'ha fatta più ed ha risposto. Ma non si fa intempo a rispondere che oggi attacca nuovamente i giudici. Ma al di là dell'immortalare l'ennesimo attacco alla Costituzione (perchè l'istruzione pubblica e la Giustizia trovano spazio essenziale nella Carta), la domanda è: fino a quando potrà dire tutto quel che vuole senza che qualcuno lo fermi?
In questo fermare non c'è, ovviamente, alcuna voglia di violenza. Fermare nel senso che un sistema democratico dovrebbe avere in sè quegli anticorpi che permettano di intervenire quando anche le più alte cariche dello Stato danno fuori di cervello, oppure producono attacchi mirati ad altre istituzioni dello Stato. Ovviamente non mi riferisco esclusivamente alla scuola. Sono stati, questi, due giorni di feroci attacchi ai Pm che, a dire del Presidente del Consiglio, lo stanno perseguitando. Li ha definiti degli eversori, come se appartenessero ad una vera e propria associazione che vuole sovvertire il nostro Stato.
A questo punto in un regime democratico ci si aspetterebbe che, se quanto affermato dal Presidente del Consiglio rispondesse a verità, questi pericolosi procuratori venissero prelevati dalle proprie abitazioni e incarcerati. Perchè il reato di eversione è un reato importante. Per l'ordinamento giuridico italiano, le associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico sono quelle associazioni «che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico».
È naturalmente un reato associativo, alla configurabilità del quale è perciò sufficiente una condotta - fra quelle idonee a concretizzare ragionevolmente un reale pericolo - di mera "progettazione" di un futuro concorso in uno o più reati.
La norma infatti punisce sia chi «promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia» queste associazioni, con la reclusione da sette a quindici anni, che chi più semplicemente vi partecipa, con la reclusione da cinque a dieci anni.
Questo significherebbe che, stando alle parole del Presidente del Consiglio, oltre ai Procuratori, dovrebbero essere incarcerati tutti quei leader e dirigenti di partiti politici che, a quel che dice il ducetto di Arcore, promuovono, organizzano e dirigono queste benedette o maledette che siano toghe rosse.
Le finalità previste per la configurabilità del reato sono quelle di terrorismo ed prevista inoltre la «confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego». Quindi, in linea teorica, si potrebbe procedere anche alla chiusura dei tribunali e delle procure italiane.
Dal gennaio 2003 i condannati per tali reati sono esclusi dalla possibilità di misure alternative alla detenzione, previste dalla legge Simeone per molti reati. Almeno mettiamo tutti i giudici e l'opposizione in carcere e non ci pensiamo più.
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Ma se così non fosse? Se quel che va ripetendo Silvio Berlusconi in giro per l'Italia, più volte al giorno e a reti unificate non fosse vero? Pensiamo a quel che ha detto oggi, domenica, da Milano.
"Le accuse su cui si basano i miei processi, sostenute dalla cellula rossa dei Pm - ha detto il premier - sono assolutamente infondate". Dopo avere ribadito che la riforma della giustizia è indispensabile, Berlusconi ha rivendicato la propria estraneità alle accuse della magistratura: "Le accuse su cui si basano i miei processi, sostenute dalla cellula rossa dei Pm, sono assolutamente infondate. Tutte le accuse sono infondate - ha aggiunto - l'ho giurato sulla testa dei miei cinque figli e dei miei amatissimi nipoti".
Cellula rossa dei Pm, dice. Una legittimazione, di fatto, dei manifesti affissi per Milano con la scritta "Via le BR da Palazzo di Giustizia".
Torniamo alle domande. Se non avesse ragione lui e gli eversori non fossero i Pm, l'eversore non sarebbe lui?. Non avrebbe violato la Costituzione, compiendo un duro attacco ad uno dei principali poteri dello Stato in modo illegittimo allo scopo di delegittimarlo? Non starebbe cambiando a colpi di maggioranza leggi che tutelano la garanzia e gli equilibri fra i poteri dello Stato?
Se al Senato passasse quell'emendamento sulla prescrizione breve, fermato alla Camera, in cui si dice che in presenza di un conflitto di attribuzione un processo si sospende in attesa della decisione della Consulta (unico caso simile conosciuto allo stato attuale è il processo Ruby di Silvio Berlusconi, altri non ce ne sono), non si sarebbe ottenuta una nuova legge che impedisce di processare un Presidente del Consiglio?
Chi lo dovrebbe dunque fermare?
Non sono d'accordo con il pezzo di Asor Rosa sul manifesto, ma c'è da chiedersi, almeno, quali anticorpi restano al nostro sistema democratico prima di soccombere silenziosamente. Nel discorso di Berlusconi oggi a Milano c'è poi una cosa che mi spaventa molto di quel che ha detto contro i giudici.
"Questa riforma della giustizia noi la faremo. Avviso ai naviganti della Procura: la faremo anche se riusciranno a far fuori Berlusconi, perché avremo sempre e comunque la maggioranza nel Paese e nel Parlamento. Ma guarda caso, ci scommetto, Berlusconi non riusciranno a farlo fuori".
Avere sempre e comunque la maggioranza del Paese e nel Parlamento non è cosa possibile. Ma se ci sta pensando, se lo dice, qualche ragione ci sarà!