di Stefania Limiti
Stamattina la corte d'appello di Milano ha confermato in seconda istanza la sentenza di condanna per diffamazione contro Renzo Magosso ed Umberto Brindani, caporedattore ed ex Direttore di Gente. Si tratta di una pesantissima pietra gettata sopra il diritto di cronaca e la libertà di stampa. Magosso aveva riferito in un articolo del 17 giugno del 2004 dal significativo titolo ‘Tobagi poteva essere salvato’, le accuse pesantissime di un ex ufficiale del Carabinieri, Dario Covolo, nome in codice ‘Ciondolo’, che aveva detto di aver riferito ai suoi superiori, Alessandro Ruffino ed Umberto Bonaventura, sei mesi prima dell’assassinio di Tobagi, avvenuta il 28 maggio 1980, i nomi degli appartenenti alla Brigata XXVII marzo che avevano progettato l’uccisione del giornalista del Corriere della Sera. Covolo ha confermato le sue dichiarazioni ma per i giudici questo non ha contato nulla. Inoltre, Renzo Magosso ci spiega che “nuove prove erano state portate davanti ai giudici, documenti che confermano la versione dei fatti di Covolo che io ho solo riferito”. Nel confermare la condanna 'simbolica' all'ex appuntato e al giornalista a 1000 euro di multa ciascuno e a 300 euro all'ex responsabile del settimanale, i giudici hanno riformato la sentenza del Tribunale nella parte relativa ai risarcimenti a favore del generale dei carabinieri Alessandro Ruffino e della sorella del suo collega Umberto Bonaventura, morto qualche anno fa. La corte ha sostituito la liquidazione del danno con la condanna generica al risarcimento da definire in sede civile e ha assegnato al generale Ruffino una provvisionale di 75 mila euro e ai familiari di Bonaventura di 45 mila euro. I giudici di primo grado avevano stabilito un risarcimento diretto di 120 mila euro al primo e di 90 mila euro al secondo. E’ stupefacente che in un caso controverso come l’assassinio di Walter Tobagi, sul quale si allungano le ombre della P2, gli unici a pagare siano due giornalisti e un ex carabiniere che ha deciso di dire tutta la verità. E’ un caso su cui è necessaria un’attenta riflessione che riguarda il futuro della nostra informazione e la possibilità dei giornalisti di continuare a svolgere il proprio mestiere.