di Claudia Consolini
“La storia siamo noi. La patria, la storia, il lavoro”. Quest'anno il grande palco del concertone del primo maggio, organizzato da Cgil, Cisl e Uil nella fedele piazza della Basilica di S. Giovanni a Roma, ha riunito i suoni della grande musica italiana moderna per celebrare la festa dei lavoratori, ma anche le sonorità antiche della musica del passato per onorare la patria e la storia d'Italia in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Gli organizzatori dell'evento avevano promesso un'edizione "unica e di grande qualità" e così è stato.
“Viva l'Italia e viva il Primo maggio. Grazie di essere venuti e di aver riempito la piazza per rendere unico ed irripetibile questo concerto del Primo maggio che celebra i 150°anni dell'Unità d'Italia”. Così ha salutato la folla adunatasi in piazza S.Giovanni Neri Marcorè, conduttore di questa edizione della kermesse, aggiungendo che “non bisogna mai smettere di lottare e di essere vigili per difendere i diritti dei lavoratori” e ricordando come la scelta dell'istituzione della festa del Primo Maggio risalga ai gravi incidenti del lontano 1886 in America “quando nei primi giorni di maggio, in occasione di una manifestazione dei lavoratori a Chicago, la polizia sparò sui manifestanti provocando diverse vittime”.
Il sipario si alza sul grande palco tapis-roulant con l'Inno di Mameli rock di Eugenio Finardi, seguito dalla divertente parodia-satira di Barbarossa-Marcorè sulla canzone di Al Bano e Romina “Felicità” rivisitata nel testo e nel nuovo titolo “Immunità”, in barba alla par condicio che ha fatto arrabbiare alcuni artisti per la firma, prima dell'inizio del concerto, di una liberatoria in cui era espressamente vietato esprimere giudizi di natura politica o sui referendum e considerata, perciò, “censoria”.
“Cantiamo tutti insieme per Peppino Impastato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, le cooperative di “Libera” e tutti quelli che si battono nella lotta alle mafie”, hanno urlato con tutto il fiato e la potenza degli strumenti musicali i Modena City Ramblers che hanno intonato “Bella Ciao” definendola una canzone “contro il razzismo e le dittature, una canzone senza padrone, la canzone del popolo tutto, la canzone della Resistenza”.
Ma non di sola musica si è caratterizzata questa giornata di festa. Ad evitare i limiti della par condicio pur rimanendoci dentro, è arrivata la bravura teatrale di Ascanio Celestini con la sua lettera a Giuseppe Mazzini: “Con la Repubblica Romana nel 1848 Giuseppe Mazzini ha posto le basi della nostra Costituzione del 1948, come la laicità dello Stato, la separazione dei poteri, il lavoro come diritto, ora rischiamo di tornare indietro”.
Sul palco è, poi, salito, l’ex magistrato Gherardo Colombo, che ha affrontato il tema del lavoro dal punto di vista della nostra Carta Costituzionale: “Credo che i padri costituenti avessero pensato al lavoro come strumento di realizzazione, come molla verso la realizzazione di una società più giusta”. “Mi piace pensare, guardando al primo articolo della nostra Costituzione che recita “L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro”, come al riferimento delle fondamenta di una casa: il lavoro attraverso l’impegno dei cittadini per realizzare la casa della Repubblica e Democrazia. Democrazia vuol dire governo del popolo, governo di tutti noi, ma se il popolo non si impegna, se il popolo abdica, dove va a finire la democrazia? La democrazia non c’è più”.
A seguire sono saliti sul palco gli Autoreverse, Giuliano Palma, Edoardo Bennato, Paolo Belli, la Bandabardò, Peppe Voltalelli, Enzo Avitabile, Lucariello e ‘Nduccio.
Ma ecco la grande sorpresa attesa dopo il lungo pomeriggio di festa e musica in piazza: i grandi protagonisti della musica italiana di oggi, da Lucio Dalla a Francesco De Gregori, dai Subsonica a Gino Paoli, Peppe Servillo e Fausto Mesolella, Caparezza, Daniele Silvestri, Paola Turci hanno dialogato sul grande palco sullo sfondo dei 72 elementi e dei 60 coristi della poderosa Orchestra Sinfonietta di Roma.
Molti, tanti i temi affrontati durante l'intensa giornata proseguita per oltre otto ore di diretta televisiva.
Neri Marcorè ha parlato di “arte e cultura come valori fondanti della nostra identità nazionale” per introdurre la poderosa “Elegia per l'Italia” che il Maestro Morricone ha realizzato per l'occasione, dirigendo l'Orchestra Sinfonietta di Roma, ed in cui il “Va' Pensiero” del Nabucco di Verdi si è intrecciato con “l'Inno di Mameli” “per ricordare - ha proseguito Marcorè -che nonostante qualcuno abbia voluto appropriarsene indebitamente (leggete Lega Nord) il “Va' Pensiero di Verdi è un canto risorgimentale che ha contribuito fortemente al processo di costruzione dell'Unita d'Italia”.
E grande è il capolavoro di modernità in cui Morricone, raffinato compositore di musica contemporanea, ha saputo intrecciare la musica “alta” con l'arte, la storia e la politica, facendo, inoltre, interpretare le note del Va' Pensiero ad un Gino Paoli che ha saputo smorzare la retorica e restituire al pubblico una canzone intensa, dolce e commovente. Ma la piazza, solitamente rock, di San Giovanni ha saputo apprezzare anche i brani di musica classica di Trovatore e Traviata, scelta originale e rischiosa, segno che davvero questo concertone ha saputo accogliere tante forme d'arte, nel rispetto del lavoro di tutti gli artisti.
Caparezza e Francesco De Gregori con Lucio Dalla, hanno avviato alla conclusione il grande spettacolo musicale con divertimento, intelligenza e commozione. Perchè “Viva l'Italia, l'Italia tutta intera/Viva l'Italia, l'Italia che lavora/l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora/L'Italia derubata e colpita al cuore/Viva l'Italia, l'Italia che non muore” ci hanno ricordato De Gregori-Dalla.
“Le speranze devono essere senza fine” ha detto, ancora, con un sorriso dolce rivolto alla platea, soprattutto giovanile, Gino Paoli, prima di regalare l'ennesima emozione musicale cantando uno dei suoi grandi successi, “Senza fine”. Ed infine un omaggio alla letteratura ed alla poesia di Pier Paolo Pasolini, che descriveva un'Italia uccisa dalla modernità e dalla troppa paura di lottare e reagire della gente.
Insomma se, come sostiene il grande direttore musicale d'orchestra Daniel Barenboim, “la musica sveglia il tempo” ci auguriamo che questa grande festa del Primo maggio, all'insegna delle polemiche sindacali, raccolga lo spirito unitario del messaggio che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha lanciato al mondo del lavoro e che il leader della Cgil Susanna Camusso ha raccolto affermando, dal palco di Marsala dove si è celebrato il 1° maggio nell'anno dell'Unità d'Italia: “Ripartiamo dalla regole che ci mettono insieme, ripartiamo dai lavoratori”.