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Amnesty: dalle rivolte del mondo arabo alla libertà di espressione
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di Bruna Iacopino

Amnesty: dalle rivolte del mondo arabo alla libertà di espressione Rivolte nel mondo arabo e ruolo dei nuovi media ( in particolare i social network), libertà d'espressione a rischio ma anche motore propulsore del cambiamento possibile... Questa in estrema sintesi la fotografia che emerge dal rapporto annuale presentato ieri da Amnesty international, nell'anno in cui l'organizzazione festeggia i suoi primi 50 anni.
“Cinquant’anni dopo che la candela di Amnesty International iniziò a fare luce sulla repressione, la rivoluzione dei diritti umani oggi è vicina a un cambiamento storico” – ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana dell’organizzazione. Si apre una nuova pagina forse un nuovo momento storico rispetto al quale la comunità internazionale deve trovarsi vigile e attenta “...e assicurare che il 2011 non sarà una falsa alba per i diritti umani” – ha ammonito sempre la Weise. Secondo l'organizzazione che si batte per la tutela dei diritti umani nel mondo è in corso una battaglia per il controllo dei mezzi di informazione, proprio in un momento in cui, la possibilità di accesso alla rete, ormai pervasiva, consente a un numero crescente di persone di ottenere informazioni in tempo reale, comunicare e agire di conseguenza.
Tra i diritti fondamentali, la libertà di espressione risulta dunque minacciata oggi più che mai, e gli esempi sono stati forniti proprio dai paesi arabi: come dimenticare, infatti, il black out di internet provocato in Egitto nel tentativo di “spegnere” la rivolta?
Amnesty parla di “ cambiamento storico sul filo del rasoio” la strada da percorrere è lunga e impervia, le rivolte estese dal mondo arabo al Medio Oriente fanno paura anche altrove e la repressione sta dietro l'angolo pronta a colpire.
Ma i diritti umani continuano ad essere violati nel mondo in maniera sistematica, anche in paesi civili e democratici, come il nostro. Ancora una volta l'Italia scivola sulla questione dei diritti calpestati di Rom e migranti, per concludere con la situazione dei reclusi nostrani. Focus sui flussi migratori e la cattiva gestione degli ultimi mesi, i respingimenti e la crisi prodotta a Lampedusa, il trattato Italia-Libia... Dito puntato poi, contro gli sgomberi forzati dei campi nomadi e contro lo stesso piano nomadi tout court, soprattutto nella capitale. A questo proposito l'organizzazione ha presentato nei giorni scorsi 27.000 firme al prefetto Pecoraro ( responsabile del Piano nomadi a Roma)  per chiedere la fine degli sgomberi forzati di rom a Roma e il rispetto del loro diritto a un alloggio adeguato.

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