Articolo 21 - ESTERI
Parlare di censura a Beirut
di Tana de Zulueta
Nel paese dei Cedri la libertà ha un prezzo. Sono numerosi i giornalisti che hanno pagato le proprie parole con la vita. Uno dei più famosi fu Samir Kassir, un giornalista che sostenne, da posizioni di sinistra, l'indipendenza del Libano, la democratizzazione della Siria e la causa palestinese. Samir Kassir è morto nell'esplosione provocata da un'autobomba sotto casa sua a Beirut, il 2 giugno 2005. I mandanti del suo assassinio rimangono ignoti.
A testimonianza della vitalità del loro paese, oggi la signora Kassir si dedica a promuovere la libertà d'informazione attraverso la fondazione che porta il nome di suo marito. La Fondazione assegna un premio ogni anno, finanziato dall'Unione Europea, dedicato alla libertà di espressione nel mondo arabo.
Molto entusiasmo in occasione della conferenza sulla censura nel mondo arabo promossa dalla Fondazione, che si è svolta il 29 e 30 gennaio. Temi dell'incontro: la censura politica, culturale, economica e religiosa, nonché la libertà su Internet e la piaga silenziosa dell'autocensura. Tra gli ospiti, noi di Articolo 21 e Reporters Sans Frontières. I relatori, che provenivano da vari paesi, arabi e non, hanno convenuto che in nessun'altra capitale della regione si sarebbe potuto parlare di questi temi con tanta libertà. Questa capacità di sentire più voci è la prima qualità del Libano, paese pieno di contradizioni, in billico tra il dialogo necessario e la guerra fratricida che tutti temono, ma sempre capace di sorprendere.
L'ospite che ha attirato più curiosità e più domande è stato il delegato della Sicurezza Pubblica libanese, con tanto di uniforme militare. Come fece spiritosamente notare il blogger egiziano, Jamal Eid, non è tutti i giorni che si ha l'occasione di conoscere un censore. A testimonianza del prezzo pagato dal mondo della cultura e dello spettacolo libanese alla logica perversa della censura politica, abbiamo sentito il giovane regista Simon El Habre e sua produttrice, Hania Mroueh, che ci hanno proposto uno spezzone di cinque minuti tagliato dal loro ultimo film. La legge libanese, infatti, consente la proiezione di brani censurati in occasione di riunioni "private". Chi si aspettava qualche scena scabrosa è rimasto deluso. Nei cinque minuti mancanti al film 'A One Man Village' ("Il paese con un uomo solo"), si vede un anziano contadino che ritorna sulle rovine di quello che era stata la sua casa, che aggiusta la vigna, e che narra della guerra che lo ha costretto a fuggire. Parole semplici, che accenano ad una frattellanza sempre più difficile. Nella logica dell'equilibrio politico sul quale si regge il paese, come con sincerità ci aveva spiegato il delegato della Sicurezza, quelle parole devono avere toccato le sensibilità di una delle numerose comunità (sciiti, sunniti, drusi o cristiani) di cui è costituito il paese, ciascuna delle quali ha diritto di veto su quello che si vede e si sente.*
Raula Abou Agem, giornalista egiziana e anchorwoman del canale satellitare El Arabya di Dubai, ha raccontato delle nuove libertà che ha trovato in quella redazione e delle "linee rosse" che tuttora ostacolano la raccolta delle notizie. Per quanto riguarda il mondo della rete, sempre più importante come fonte giornalistica e piattaforma di comunicazione nel mondo arabo, il quadro è a luci ed ombre. Grande libertà e molti affari in rete in Libano, dove la censura non interferisce con il web, mentre i partecipanti ci hanno parlato della repressione che subiscono in Egitto e in Tunisia - e dei trucchi per aggirarla. A sopresa la notizia di una censura sempre più bigotta in Giordania, dove una commissione governativa si accanisce anche sui libri -- compreso il libro 'Gomorra', di Roberto Saviano, che ha subito tagli e una traduzione edulcorata.
Per l'Italia, già citata da altri come caso unico di conflitto di interessi, con un padrone dei media e della televisione a capo del governo, ho parlato dei vincoli imposti dallo squilibrio del mercato della pubblicità, con pezzi crescenti della stampa a rischio di conformismo, e della manomorta della politica sul servizio pubblico radiotelevisivo. Anche da noi, purtroppo, esiste l'autocensura. In positivo, la proposta di mantenere i contatti, a sostegno delle voci libere.
* Il film 'A One Man Village' è stato proiettato il 4 febbraio a Firenze nel contesto del festival "Film Middle East Now - Il Cinema del Medio Oriente".
A testimonianza della vitalità del loro paese, oggi la signora Kassir si dedica a promuovere la libertà d'informazione attraverso la fondazione che porta il nome di suo marito. La Fondazione assegna un premio ogni anno, finanziato dall'Unione Europea, dedicato alla libertà di espressione nel mondo arabo.
Molto entusiasmo in occasione della conferenza sulla censura nel mondo arabo promossa dalla Fondazione, che si è svolta il 29 e 30 gennaio. Temi dell'incontro: la censura politica, culturale, economica e religiosa, nonché la libertà su Internet e la piaga silenziosa dell'autocensura. Tra gli ospiti, noi di Articolo 21 e Reporters Sans Frontières. I relatori, che provenivano da vari paesi, arabi e non, hanno convenuto che in nessun'altra capitale della regione si sarebbe potuto parlare di questi temi con tanta libertà. Questa capacità di sentire più voci è la prima qualità del Libano, paese pieno di contradizioni, in billico tra il dialogo necessario e la guerra fratricida che tutti temono, ma sempre capace di sorprendere.
L'ospite che ha attirato più curiosità e più domande è stato il delegato della Sicurezza Pubblica libanese, con tanto di uniforme militare. Come fece spiritosamente notare il blogger egiziano, Jamal Eid, non è tutti i giorni che si ha l'occasione di conoscere un censore. A testimonianza del prezzo pagato dal mondo della cultura e dello spettacolo libanese alla logica perversa della censura politica, abbiamo sentito il giovane regista Simon El Habre e sua produttrice, Hania Mroueh, che ci hanno proposto uno spezzone di cinque minuti tagliato dal loro ultimo film. La legge libanese, infatti, consente la proiezione di brani censurati in occasione di riunioni "private". Chi si aspettava qualche scena scabrosa è rimasto deluso. Nei cinque minuti mancanti al film 'A One Man Village' ("Il paese con un uomo solo"), si vede un anziano contadino che ritorna sulle rovine di quello che era stata la sua casa, che aggiusta la vigna, e che narra della guerra che lo ha costretto a fuggire. Parole semplici, che accenano ad una frattellanza sempre più difficile. Nella logica dell'equilibrio politico sul quale si regge il paese, come con sincerità ci aveva spiegato il delegato della Sicurezza, quelle parole devono avere toccato le sensibilità di una delle numerose comunità (sciiti, sunniti, drusi o cristiani) di cui è costituito il paese, ciascuna delle quali ha diritto di veto su quello che si vede e si sente.*
Raula Abou Agem, giornalista egiziana e anchorwoman del canale satellitare El Arabya di Dubai, ha raccontato delle nuove libertà che ha trovato in quella redazione e delle "linee rosse" che tuttora ostacolano la raccolta delle notizie. Per quanto riguarda il mondo della rete, sempre più importante come fonte giornalistica e piattaforma di comunicazione nel mondo arabo, il quadro è a luci ed ombre. Grande libertà e molti affari in rete in Libano, dove la censura non interferisce con il web, mentre i partecipanti ci hanno parlato della repressione che subiscono in Egitto e in Tunisia - e dei trucchi per aggirarla. A sopresa la notizia di una censura sempre più bigotta in Giordania, dove una commissione governativa si accanisce anche sui libri -- compreso il libro 'Gomorra', di Roberto Saviano, che ha subito tagli e una traduzione edulcorata.
Per l'Italia, già citata da altri come caso unico di conflitto di interessi, con un padrone dei media e della televisione a capo del governo, ho parlato dei vincoli imposti dallo squilibrio del mercato della pubblicità, con pezzi crescenti della stampa a rischio di conformismo, e della manomorta della politica sul servizio pubblico radiotelevisivo. Anche da noi, purtroppo, esiste l'autocensura. In positivo, la proposta di mantenere i contatti, a sostegno delle voci libere.
* Il film 'A One Man Village' è stato proiettato il 4 febbraio a Firenze nel contesto del festival "Film Middle East Now - Il Cinema del Medio Oriente".
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