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Torino, dalla nuova giunta alla fitta agenda del neo-sindaco
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di Roberto Moisio

Torino, dalla nuova giunta alla fitta agenda del neo-sindaco Parità di genere; rinnovamento generazionale; competenze e rappresentanza della società civile. Tanto aveva promesso Piero Fassino e tanto ha mantenuto. A 15 giorni esatti dalla sua elezione a sindaco Fassino ha presentato la sua giunta: una squadra composta da 5 donne e 6 uomini, dove i più anziani sono il capitano ed il suo vice, che hanno appena superato i 60 e l’età media si aggira intorno ai 40 anni. La scelta della composizione ha rispettato fedelmente gli umori ed il senso del voto torinese: un mix di esperienza e continuità rispetto ad una amministrazione uscente che aveva ben operato, una quota di rinnovamento che il lunghissimo corso di una serie di amministratori imponeva, il corretto riconoscimento di una capacità propositiva dell'universo femminile che va ben al di là della “gabbia” delle quote rosa e che la grande manifestazione del febbraio scorso di “se non ora quando?” aveva plasticamente evidenziato a Torino. In più competenze certificate sul campo “pescate” dalla società civile o, per meglio dire, fuori dai partiti, ma dentro la “polis”. Cosi sono interpretabili le nomine di Elide Tisi, cattolica, presidente regionale di Federsolidarietà, incaricata delle deleghe al welfare e di Maurizio Braccialarghe, direttore del centro di produzione Rai di Torino, ex amministratore delegato della Sipra, alla cultura e al turismo. Sono 8 complessivamente i nuovi assessori; una sola donna, Ilda Curti, riconfermata alle periferie e promossa all’urbanistica per portare avanti il lavoro di trasformazione della città avviato dalle precedenti amministrazioni, a partire da quelle di Valentino Castellani.
Fitta e complicata è l’agenda del nuovo sindaco. Innanzitutto il destino di Mirafiori  o meglio qualità e quantità di presenza della Fiat a Torino. Se gli occupati a Mirafiori sono all’incirca un decimo di quando Fassino era responsabile fabbriche del PCI alla fine degli anni ’70, l’indotto coinvolge nell’area metropolitana circa 50 mila addetti; le relazioni sindacali, dopo i referendum a Mirafiori e alla Bertone, sono tese, anche se proprio due giorni fa Susanna Camusso e Gianfranco Carbonato, il presidente degli industriali piemontesi si sono confrontati pubblicamente in Cgil, riprendendo il filo del dialogo, e ancora non si è visto il piano Fiat, di cui per ora è stata annunciata la cifra globale di investimento, ma non i dettagli.
Poi è necessario mantenere e incrementare la felice trasformazione di Torino in città d’arte, che Chiamparino, sulla fortunata onda delle Olimpiadi invernali del 2006 ha opportunamente coltivato, in un quadro sempre più fosco di carenza di fondi pubblici che il governo federalista a parole e ferocemente centralista nei fatti ha costantemente lesinato. A Torino non è piaciuto per niente il ripiano cash dei debiti di Catania e Roma da parte del governo, mentre le casse comunali soffrono di un debito pro capite forse il più alto d’Italia, contratto per sostenere gli investimenti che in questi anni hanno cambiato la faccia della città.
Il federalismo ed il rapporto con Milano ed il resto del Nord saranno quindi le prossime frontiere che Fassino dovrà affrontare, incluso il nodo cruciale della Tav che sta arrivando al pettine. Lo può fare contando in questo momento su una maggioranza ampia e piuttosto coesa, mentre l’opposizione appare piuttosto stordita, colpita da un risultato elettorale che ha visto sorpresa e sconcerto nella Lega, colpita al cuore a Novara, città del Presidente Cota, e percorsa da tensioni diventate ormai pubbliche nel Pdl, dove la gestione Ghigo-Ghiglia è fortemente contestata.
In tutto questo quadro le squadre cittadine di calcio, Juve e Toro, hanno appena  terminato uno dei peggiori campionati, in controtendenza con l’andamento dei risultati sopra descritti; proprio mente sta per essere inaugurato il nuovo stadio della Juventus, riedificato rapidamente al posto del demolito Delle Alpi, primo esempio italiano di società proprietaria di impianto sportivo, seguendo l’ormai famoso “ modello Manchester”. Ma questa è un’altra storia. Che racconteremo in un’altra puntata da Torino.

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