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Cantone al Festival dell’impegno civile: “Chi svende il voto, svende la propria dignità”
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di redazione

Cantone al Festival dell’impegno civile: “Chi svende il voto, svende la propria dignità” E’ iniziata la IV edizione del Festival dell’Impegno Civile, la cui fase finale sarà presentata il prossimo 21 giugno con Articolo 21, alla Camera dei Deputati, con una tappa a Casalnuovo, comune della provincia napoletana. Tra i tanti dibattiti, riportiamo un’intervista collettiva realizzata dagli studenti dell’ISIS Siani  i quali hanno presentato un’idea di recupero e riutilizzo di un bene confiscato al clan Egizio dove loro vorrebbero collocare un ristorante.

Valeria: Secondo lei il voto del singolo è importante?

Non solo è importante  ma fondamentale. Le associazioni mafiose gestiscono pochi voti, un numero relativo  ovviamente a secondo dei contesti.  In questo modo riescono a spostare gli equilibri e le sorti di una tornata elettorale, soprattutto nei piccoli centri. Ma qui dobbiamo comprendere che svendere il proprio voto, accettando dei soldi, significa svalutare la propria dignità e quella della democrazia. Il voto è il momento in cui si dimostra di essere cittadini, svenderlo non ci dà nessun diritto di recriminare su quanto potrà accadere dopo le elezioni.

Paolo: Quanto è importante costruire benessere con i beni confiscati?

La lotta alle mafie non si risolve solamente con gli arresti che servono, a dir la verità, a creare un cambio di gestione oltre che a decimare momentaneamente le fila di un clan. Sottrarre i beni alle organizzazioni criminali significa ridurre la loro capacità economica. Prosciugare i loro patrimoni, ridurre la loro disponibilità economica vuol dire  rendere loro la vita difficile. Il vostro è un grande sogno che dev’essere sostenuto. Bisogna dire basta alla campagna delle inaugurazioni per i beni confiscati, ma andare oltre e far sì che queste strutture realmente diventino dei luoghi per creare delle opportunità di lavoro.

Margherita: Stiamo assistendo a un nuovo scandalo del calcio scommesse. Eravamo noi troppo distratti o, invece, si tratta di qualcosa di conclamato nel nostro sistema?

Posso dire tranquillamente che abbiamo fatto la classica scoperta dell’acqua calda. Segnali rilevantissimi si erano manifestati da tanto tempo. Purtroppo se noi accettiamo ogni introito alternativo senza porci limiti morali, ci ritroveremo in queste condizioni. Soprattutto le società calcistiche che militano nei campionati italiani di terza serie, in particolare quelle del sud Italia, sono vicine ad alcune realtà delinquenziali. Gli antidoti, però, vanno impiegati prima e non a malattia in corso. Io credo, che anche di questo scandalo ce ne dimenticheremo presto per meravigliarci, così, alle prossime “combine”.
 

Gerardo: Il nostro PON si chiama leg(A)li al sud. Per lei cosa vuol dire essere legali al sud?

Al Sud? Una cosa banalissima ma rivoluzionaria: normalità. Coniugare i comportamenti quotidiani con il rispetto delle regole. Si partecipa alle marce, ed  è giusto, ma poi bisognerebbe dare seguito con atti concreti quello che ci ripetiamo durante la marcia.


Francesco: Adesso la nostra scuola è intitolata a Giancarlo Siani, un giovane che voleva fortemente il cambiamento della società. Lei ha qualche suggerimento per il nostro percorso?

Tante scuole di questo Paese sono intitolate a valori sicuramente importanti  io, però, ne preferirei qualcuna in meno con il cognome di Manzoni e in più con nomi che ricordano la nostra quotidianità. Sicuramente il vostro è un progetto importante, un sogno che dovete realizzare. Solo  chi non sogna non può cercare il cambiamento.

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