di Arturo Di Corinto*
Ma allora vuol dire che Internet non conta niente? No, non è neppure così. Un'altra ricerca, stavolta del Forum Europeo sull'Immigrazione (fieri.it) trova che i giovani italiani di origine immigrata (e i nativi digitali) assumono sempre più un ruolo di netizens, ossia cittadini digitali che, esclusi dai canali tradizionali di partecipazione trovano nel web uno spazio pubblico, un luogo di cittadinanza e di partecipazione politica non convenzionale, da esercitare da soli o in gruppo. E questo forse è l'aspetto più importante che non riguarda solo gli immigrati ma tutti coloro che hanno ansia di futuro. Se c'é una cosa che sia il Popolo Viola che gli attivisti digitali nordafricani e quelli della beffa di "Sucate" ci hanno mostrato, é che Internet contribuisce a creare un immaginario positivo di cambiamento e facilita la mobilitazione e l'attivismo intorno a temi molto sentiti che la creatività individuale riesce a far esondare dalla rete nel mondo reale.
Per finire, esagerare il ruolo di Internet nell'esito referendario, significa non considerare altre modalità di formazione dell'opinione pubblica che sono di grande rilevanza sia dal punto di vista politico che della comunicazione.
Queste modalità vengono filtrare cognitivamente dalla cultura e dal contesto, ma soprattutto dai bisogni e dai desideri delle persone. Il passaparola, le chiacchiere da bar, gli spettacoli dal vivo, i comizi, gli interventi nello spazio e nell'arredo urbani come performance dal vivo, cartellonistica, bandiere, adesivi, feste, concerti o flash mob sono spesso espressioni di movimenti sociali strutturati, organizzazioni della società civile che pure hanno potuto trovare in Internet un mezzo di aggregazione e moltiplicazione, ma che ad essa sono parallele e preesistenti. Non c'é un sistema di comunicazione più vecchio del passaparola e delle discussioni in piazza. Giusto i graffiti di Lascaux in Francia. Ma stavolta pure i graffiti sono stati usati per portare la gente a votare nel 2011.
Per tanto tempo abbiamo detto che la televisione influenza l'opinione pubblica sul versante dell'infotainment (information + entertainment) più che su quello dell'informazione e basta. Perciò bisognerebbe anche chiedersi l'effetto che le altre forme di comunicazione, soprattutto quelle visuali e interattive, hanno sugli stili di vita e le scelte che le persone fanno. Per capirci, se sono "i nani e le ballerine" che influenzano stili e scelte di vita, e non tanto i mezzobusti del tg, allora una riflessione sulle potenzialità persuasive di videogame, spot virali e comunicazione guerriglia prima o poi andrà fatta.
orremmo poter dire te che è merito del web se abbiamo vinto, anche perché sono circa quindici anni che cerchiamo di difendere la rete dai suoi nemici. Però dobbiamo portare le prove di quel che si dice.
Nel periodo di rilevazione della ricerca, effettuata fra il 12 e il 18 maggio scorsi, emerge che del 40 per cento di chi si informava on line su temi politici solo l'1per cento cercava informazioni sul referendum. E infatti la fonte primaria, la tv, quasi non ne parlava. Perciò per capire l'esito dei referendum un mediologo non può non considerare il ruolo svolto dalle radio e dai giornali locali, un sociologo enfatizzerebbe cortei e sit in di semplici cittadini che da anni protestano contro la privatizzazione dell'acqua, un politico accorto il fatto che il movimento antinucleare di 24 anni fa ha lasciato una traccia profonda nella società.
Come la televisione interviene a rafforzare opinioni precostituite, anche il web è servito molto a questo. Nella competizione referendaria c'é stato di sicuro un effetto di trascinamento il cui drive è stato il clima instauratosi in rete unito all'insoddisfazione verso l'informazione televisiva. Ma comunque la si veda, non riusciamo ancora a spiegare i 25 milioni e passa di votanti con le scelte informative e i comportamenti del popolo della rete.
E questo significa che c'é ancora molto spazio per lavorare sull'informazione online di qualità e per rinnovare, attraverso Internet, quel circuito di scambio, dialogo e ascolto che é alla base della buona politica.