Articolo 21 - IDEE IN MOVIMENTO
Amianto: quante vittime ignorate?
di Maria Antonietta Farina Coscioni*
Quanti sanno che qualche anno fa numerosi lavoratori delle ferrovie sono stati esposti a La Spezia all’amianto, e ne sono morti in seguito al tumore contratto? Quanti sanno dell’analoga vicenda che si è verificata a Offanengo e Romanengo, vicino a Cremona, vittime alcuni lavoratori della fabbrica ex NAR? Quanti sanno di quel che è accaduto nel territorio di Broni, vicino Pavia, dove per anni ha operato la Cementifera Italiana Fibronit Spa, che produceva manufatti in cemento-amianto, provocando centinaia di casi di mesotelioma diagnosticati a lavoratori e alle loro famiglie?
Ancora: quanti sanno di vagoni e locomotori arrugginiti e sventati, su cui spiccava la “A” di amianto, abbandonati per mesi nel grande scalo “smistamento” tra Milano e il comune di Pioltello, vetture andate a fuoco e in seguito a ciò diventate rifugio e dormitorio per senza-tetto? C’è poi il caso del cantiere navale di Monfalcone: lavoratori esposti all’amianto, alcuni dei quali deceduti dopo essersi ammalati di asbestosi e mesotelioma; ondulati in fibrocemento, lastre deteriorate e altri rifiuti tossico-nocivi risultavano abbandonati nello stabilimento Barilla di San Nicola di Melfi, nel quale parecchie decine di lavoratori si sarebbero ammalati di asbestosi e alcuni di loro sono deceduti a causa del tumore alla pleura provocato dall’amianto…. Quanti sanno che vicino a una scuola elementare a Montecalvario in Campania c’era una discarica abusiva con lastre d’amianto deteriorate; che a Firenze, in un grande capannone ex deposito di autobus turistici avevano trovato rifugio una trentina di famiglie senza tetto, un capannone costruito con eternit e cemento che si stava deteriorando a vista d’occhio; o la presenza di amianto in strutture scolastiche che si stanno sgretolando e dunque spargono il loro invisibile veleno in Liguria come a Milano, a Roma come a Napoli… Credo di aver presentato almeno cinquanta interrogazioni parlamentari su questi veri e propri attentati alla salute della gente, non ho mai avuto risposta dai ministri competenti. Ogni volta ho diffuso comunicati alla stampa, ripresi dalle agenzie e dai giornali regolarmente ignorati. Evidentemente dovrò cominciare a parlarne per telefono, sperando di essere intercettata da qualcuno, magari “condendo” la notizia con qualche particolare piccante, chissà che finalmente che queste denunce, queste segnalazioni siano riprese. E soprattutto che si cominci finalmente a parlare di questa vera e propria tragedia. Per fare un esempio: il fatto che oltre duecento operai dell’arsenale militare di Taranto abbiano contratto l’asbestosi o patologie correlate e 35 di questi casi siano di mesotelioma, e almeno 130 di asbestosi, ispessimenti pleurici, broncopatie, è una notizia oppure no? Meriterebbe di essere conosciuta e dibattuta, o invece come accade, deve essere seppellita da silenzio e indifferenza?
Si tratta di una tragedia con cui dovremo fare i conti ancora per molti anni: il tumore dell’amianto si manifesta generalmente dopo più di quarant’anni dalla prima esposizione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità valuta che siano almeno 125milioni i lavoratori nel mondo esposti all’amianto; che ogni anno siano centomila i morti, ma gli esperti avvertono che si tratta di cifre sottostimate. Nei soli paesi industrializzati dell’Europa, dell’America del Nord e del Giappone, si registrano ogni anno circa ventimila tumori per cancro al polmone, e diecimila casi di mesotelioma dovuti all’amianto. Nessuno conta gli indiani, i pakistani, i vietnamiti, gli africani, gli abitanti di quelle che un tempo erano le repubbliche dell’Unione Sovietica, di sudamericani, che ogni giorno lavorano, sottopagati, tubi e pannelli di eternit.
Del resto, a Gela mi sono sentita dire da un’operaio: “Ho due possibilità: o morire di fame io e la mia famiglia; o morire per il tumore. Ho scelto il tumore”. L’ISPEL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro) ha calcolato che dal dopoguerra fino alla messa al bando dell’Eternit, nel 1992, sono state usate circa ventimila milioni di tonnellate di amianto, e prodotte 3,75 milioni di tonnellate di amianto grezzo. L’epidemiologo Valerio Gennaro spiega che si morirà di amianto almeno fino al 2040, il picco arriverà tra qualche anno, il 54 per cento dei tumori professionali è provocato dall’amianto. E si poteva sapere già tutto trent’anni fa! Mentre leggete, provate a pensare che ci sono circa 32 mila tonnellate di fibre di amianto sparse ovunque: una tettoia, un rivestimento in una scuola, intercapedini del vostro appartamento, negli ospedali e nelle caserme, negli edifici pubblici… pannelli che si potrebbero deteriorare e sfilacciarsi, e quelle microfibre le possiamo respirare: a Milano come a Napoli, a Bologna come a Palermo… Pensate: erano rivestite di amianto le strutture delle Twin Towers di New York. Quando i due grattacieli vennero polverizzati dai seguaci di Bin Laden, le fibre si sono disperse nell’aria. Le hanno trovate fin in Canada…
Sono dunque d’accordo con Stefano Corradino e con “Articolo 21” che denunciano come giornali e televisioni, nel complesso, accendono timidamente i riflettori solo quando il numero dei morti supera le tre-quattro unità. Ma queste morti, queste tragedie, di solito non fanno mai notizia (a differenza di vicende come i delitti ieri di Cogne e Garlasco, oggi di Sarah, Yara, Melania: a cui vengono dedicate, morbosamente, ore ed ore di trasmissioni.)
Informazione latitante, ma occorre non scoraggiarsi e insistere: e chiedere che il servizio pubblico sia tale di fatto e non solo di nome; e per parte nostra, di parlamentari, occorre assumere l’impegno di denunciare ogni volta questi casi, e chiedere a chi ci governa di intervenire, provvedere, agire. Il famoso mugnaio era fiducioso di trovare a Berlino un giudice che gli desse ragione contro gli abusi perpetrati dall’imperatore. Noi a volte ci imbattiamo in questo tipo di giudici: a Genova o ad Ancona, e sono sicura che ce ne saranno altri.
Insistiamo, ostinati e caparbi. E alle passate interrogazioni, ne aggiungerò tra qualche ora un’altra: sulla situazione del palazzo della Rai di Viale Mazzini a Roma, inquinato da amianto. Come rivela lo studio condotto dall’Istituto di medicina del lavoro della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che ne certifica la presenza: duemila lavoratori e dipendenti a contatto con questa pericolosa sostanza, l’ingresso principale è sbarrato per operazioni “di bonifica” da quasi un anno, mentre i lavori si sarebbero dovuti concludere in pochi mesi. I dipendenti, con atti formali hanno chiesto ufficialmente alla Rai di prendere provvedimenti. E’ tempo di sapere come stanno le cose, di conoscere finalmente la verità.
*Deputata radicale
Ancora: quanti sanno di vagoni e locomotori arrugginiti e sventati, su cui spiccava la “A” di amianto, abbandonati per mesi nel grande scalo “smistamento” tra Milano e il comune di Pioltello, vetture andate a fuoco e in seguito a ciò diventate rifugio e dormitorio per senza-tetto? C’è poi il caso del cantiere navale di Monfalcone: lavoratori esposti all’amianto, alcuni dei quali deceduti dopo essersi ammalati di asbestosi e mesotelioma; ondulati in fibrocemento, lastre deteriorate e altri rifiuti tossico-nocivi risultavano abbandonati nello stabilimento Barilla di San Nicola di Melfi, nel quale parecchie decine di lavoratori si sarebbero ammalati di asbestosi e alcuni di loro sono deceduti a causa del tumore alla pleura provocato dall’amianto…. Quanti sanno che vicino a una scuola elementare a Montecalvario in Campania c’era una discarica abusiva con lastre d’amianto deteriorate; che a Firenze, in un grande capannone ex deposito di autobus turistici avevano trovato rifugio una trentina di famiglie senza tetto, un capannone costruito con eternit e cemento che si stava deteriorando a vista d’occhio; o la presenza di amianto in strutture scolastiche che si stanno sgretolando e dunque spargono il loro invisibile veleno in Liguria come a Milano, a Roma come a Napoli… Credo di aver presentato almeno cinquanta interrogazioni parlamentari su questi veri e propri attentati alla salute della gente, non ho mai avuto risposta dai ministri competenti. Ogni volta ho diffuso comunicati alla stampa, ripresi dalle agenzie e dai giornali regolarmente ignorati. Evidentemente dovrò cominciare a parlarne per telefono, sperando di essere intercettata da qualcuno, magari “condendo” la notizia con qualche particolare piccante, chissà che finalmente che queste denunce, queste segnalazioni siano riprese. E soprattutto che si cominci finalmente a parlare di questa vera e propria tragedia. Per fare un esempio: il fatto che oltre duecento operai dell’arsenale militare di Taranto abbiano contratto l’asbestosi o patologie correlate e 35 di questi casi siano di mesotelioma, e almeno 130 di asbestosi, ispessimenti pleurici, broncopatie, è una notizia oppure no? Meriterebbe di essere conosciuta e dibattuta, o invece come accade, deve essere seppellita da silenzio e indifferenza?
Si tratta di una tragedia con cui dovremo fare i conti ancora per molti anni: il tumore dell’amianto si manifesta generalmente dopo più di quarant’anni dalla prima esposizione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità valuta che siano almeno 125milioni i lavoratori nel mondo esposti all’amianto; che ogni anno siano centomila i morti, ma gli esperti avvertono che si tratta di cifre sottostimate. Nei soli paesi industrializzati dell’Europa, dell’America del Nord e del Giappone, si registrano ogni anno circa ventimila tumori per cancro al polmone, e diecimila casi di mesotelioma dovuti all’amianto. Nessuno conta gli indiani, i pakistani, i vietnamiti, gli africani, gli abitanti di quelle che un tempo erano le repubbliche dell’Unione Sovietica, di sudamericani, che ogni giorno lavorano, sottopagati, tubi e pannelli di eternit.
Del resto, a Gela mi sono sentita dire da un’operaio: “Ho due possibilità: o morire di fame io e la mia famiglia; o morire per il tumore. Ho scelto il tumore”. L’ISPEL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro) ha calcolato che dal dopoguerra fino alla messa al bando dell’Eternit, nel 1992, sono state usate circa ventimila milioni di tonnellate di amianto, e prodotte 3,75 milioni di tonnellate di amianto grezzo. L’epidemiologo Valerio Gennaro spiega che si morirà di amianto almeno fino al 2040, il picco arriverà tra qualche anno, il 54 per cento dei tumori professionali è provocato dall’amianto. E si poteva sapere già tutto trent’anni fa! Mentre leggete, provate a pensare che ci sono circa 32 mila tonnellate di fibre di amianto sparse ovunque: una tettoia, un rivestimento in una scuola, intercapedini del vostro appartamento, negli ospedali e nelle caserme, negli edifici pubblici… pannelli che si potrebbero deteriorare e sfilacciarsi, e quelle microfibre le possiamo respirare: a Milano come a Napoli, a Bologna come a Palermo… Pensate: erano rivestite di amianto le strutture delle Twin Towers di New York. Quando i due grattacieli vennero polverizzati dai seguaci di Bin Laden, le fibre si sono disperse nell’aria. Le hanno trovate fin in Canada…
Sono dunque d’accordo con Stefano Corradino e con “Articolo 21” che denunciano come giornali e televisioni, nel complesso, accendono timidamente i riflettori solo quando il numero dei morti supera le tre-quattro unità. Ma queste morti, queste tragedie, di solito non fanno mai notizia (a differenza di vicende come i delitti ieri di Cogne e Garlasco, oggi di Sarah, Yara, Melania: a cui vengono dedicate, morbosamente, ore ed ore di trasmissioni.)
Informazione latitante, ma occorre non scoraggiarsi e insistere: e chiedere che il servizio pubblico sia tale di fatto e non solo di nome; e per parte nostra, di parlamentari, occorre assumere l’impegno di denunciare ogni volta questi casi, e chiedere a chi ci governa di intervenire, provvedere, agire. Il famoso mugnaio era fiducioso di trovare a Berlino un giudice che gli desse ragione contro gli abusi perpetrati dall’imperatore. Noi a volte ci imbattiamo in questo tipo di giudici: a Genova o ad Ancona, e sono sicura che ce ne saranno altri.
Insistiamo, ostinati e caparbi. E alle passate interrogazioni, ne aggiungerò tra qualche ora un’altra: sulla situazione del palazzo della Rai di Viale Mazzini a Roma, inquinato da amianto. Come rivela lo studio condotto dall’Istituto di medicina del lavoro della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che ne certifica la presenza: duemila lavoratori e dipendenti a contatto con questa pericolosa sostanza, l’ingresso principale è sbarrato per operazioni “di bonifica” da quasi un anno, mentre i lavori si sarebbero dovuti concludere in pochi mesi. I dipendenti, con atti formali hanno chiesto ufficialmente alla Rai di prendere provvedimenti. E’ tempo di sapere come stanno le cose, di conoscere finalmente la verità.
*Deputata radicale
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