Articolo 21 - ESTERI
Nasrin Sotoudeh resterà in carcere. Una vergogna iraniana
di Tiziana Ferrario
Provo una grande pena per questa donna coraggiosa di 45 anni, madre di due bambini, che sta pagando un prezzo altissimo per la sua battaglia a favore dei diritti umani. Le autorità iraniane le hanno ridotto la pena da 11 anni a 6 anni di reclusione e qualcuno interpreta questo gesto come un segnale di attenzione del regime iraniano nei confronti delle pressioni internazionali. Trovo sia abominevole tenere rinchiusa nella terribile prigione di Evin l’avvocatessa Nasrin Sotudeh, difensore dei diritti umani, legale del premio nobel Shirin Ebadi, ma soprattutto al fianco dei minori rinchiusi nel braccio della morte delle carceri iraniane.
L’ho incontrata più volte a Teheran durante le mie trasferte. La porta del suo piccolo studio era sempre aperta per i giornalisti stranieri che cercavano di capire qualcosa di più sul funzionamento della giustizia in Iran , che cosa stava cambiando con l’elezione del presidente Ahmadinejad, quanto erano aumentate le condanne a morte, quanto era diventata più opprimente la cappa di controllo sulla libertà di espressione per giornalisti e attivisti . Lei parlava con tutti,e infatti ogni volta bisognava mettersi in coda con le altre troupe televisive e aspettare il proprio turno per avere l’intervista. Me la ricordo in particolare quando era incinta del suo ultimo figlio che oggi ha poco più di quattro anni. Lei è in carcere già da un anno.
Minuta, vestita di bianco con il velo in testa non si risparmiava e ci riceveva uno per uno, coraggiosa e determinata a denunciare al mondo le continue violazioni di diritti umani del regime iraniano. Mi aveva parlato dei minori rinchiusi nelle carceri iraniane condannati a morte, dell’aumento delle esecuzioni capitali durante l’era Ahmadinejad, mi aveva mostrato i poster della campagna one million signature, una raccolta di firme a favore dei diritti umani e delle donne. Una campagna sostenuta anche dal Premio Nobel Shirin Ebadi, amica di Nasrin Sotudeh e che ormai è costretta a vivere all’estero lontano dal suo paese. Era stata una lunga intervista, una di quelle che non piacciono al regime iraniano. Prima di intraprendere la carriera di avvocato Nasrin aveva fatto la giornalista per una rivista sui diritti umani.
È stato anche per i suoi continui contatti con i media internazionali e per essersi schierata al fianco degli arrestati in seguito alle proteste represse nel sangue, subito dopo la contestata rielezione di Ahmadinejad, che Nasrin Sotudeh è stata arrestata lo scorso settembre 2010, condannata a gennaio a undici anni di carcere e all’interdizione dallo svolgimento del suo lavoro per 20 anni. Anche questa pena ora è stata ridotta a dieci anni, ha spiegato il marito al quotidiano inglese Guardian, ma non si capisce il senso di una condanna simile.
Negli ultimi mesi Nasrin ha fatto lo sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione e l’impossibilità di vedere il suo difensore. Anche le telefonate le sono state proibite dal mese di maggio. Ultimamente si è rifiutata di incontrare i suoi familiari,perché ha raccontato il marito, ogni volta la figlia undicenne e il bambino di 4 anni rimangono traumatizzati nel vedere la madre in carcere.
Se è vero che le pressioni di governi e movimenti hanno spinto l’Iran a ridurre la pena, continuiamo a farci sentire. C’è una pagina su Facebook dove lasciare un commento e intervenire. Non facciamo calare l’attenzione su Nasrin Sotoudeh e sui tanti, non sappiamo quanti, attivisti e avvocati degli attivisti per i diritti umani, rinchiusi nella prigione di Evin. Un nome che quando viene pronunciato fa venire i brividi agli iraniani per i racconti di orrore che fanno coloro che riescono ad uscire da quel buco nero negazione di ogni giustizia. Dal 2009,da quelle pacifiche proteste stroncate brutalmente dai pasdaran e dai basiji, Evin si è riempito di prigionieri. Nasrin Sotudeh che era diventata il difensore di molti arrestati ed ora sta condividendo con loro la stessa tragica sorte.
E’ stata accusata di agire contro la sicurezza nazionale, semplicemente a me pare che chiedesse libertà e rispetto dei diritti umani, ingredienti essenziali per trasformare un regime in uno stato democratico.
L’ho incontrata più volte a Teheran durante le mie trasferte. La porta del suo piccolo studio era sempre aperta per i giornalisti stranieri che cercavano di capire qualcosa di più sul funzionamento della giustizia in Iran , che cosa stava cambiando con l’elezione del presidente Ahmadinejad, quanto erano aumentate le condanne a morte, quanto era diventata più opprimente la cappa di controllo sulla libertà di espressione per giornalisti e attivisti . Lei parlava con tutti,e infatti ogni volta bisognava mettersi in coda con le altre troupe televisive e aspettare il proprio turno per avere l’intervista. Me la ricordo in particolare quando era incinta del suo ultimo figlio che oggi ha poco più di quattro anni. Lei è in carcere già da un anno.
Minuta, vestita di bianco con il velo in testa non si risparmiava e ci riceveva uno per uno, coraggiosa e determinata a denunciare al mondo le continue violazioni di diritti umani del regime iraniano. Mi aveva parlato dei minori rinchiusi nelle carceri iraniane condannati a morte, dell’aumento delle esecuzioni capitali durante l’era Ahmadinejad, mi aveva mostrato i poster della campagna one million signature, una raccolta di firme a favore dei diritti umani e delle donne. Una campagna sostenuta anche dal Premio Nobel Shirin Ebadi, amica di Nasrin Sotudeh e che ormai è costretta a vivere all’estero lontano dal suo paese. Era stata una lunga intervista, una di quelle che non piacciono al regime iraniano. Prima di intraprendere la carriera di avvocato Nasrin aveva fatto la giornalista per una rivista sui diritti umani.
È stato anche per i suoi continui contatti con i media internazionali e per essersi schierata al fianco degli arrestati in seguito alle proteste represse nel sangue, subito dopo la contestata rielezione di Ahmadinejad, che Nasrin Sotudeh è stata arrestata lo scorso settembre 2010, condannata a gennaio a undici anni di carcere e all’interdizione dallo svolgimento del suo lavoro per 20 anni. Anche questa pena ora è stata ridotta a dieci anni, ha spiegato il marito al quotidiano inglese Guardian, ma non si capisce il senso di una condanna simile.
Negli ultimi mesi Nasrin ha fatto lo sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione e l’impossibilità di vedere il suo difensore. Anche le telefonate le sono state proibite dal mese di maggio. Ultimamente si è rifiutata di incontrare i suoi familiari,perché ha raccontato il marito, ogni volta la figlia undicenne e il bambino di 4 anni rimangono traumatizzati nel vedere la madre in carcere.
Se è vero che le pressioni di governi e movimenti hanno spinto l’Iran a ridurre la pena, continuiamo a farci sentire. C’è una pagina su Facebook dove lasciare un commento e intervenire. Non facciamo calare l’attenzione su Nasrin Sotoudeh e sui tanti, non sappiamo quanti, attivisti e avvocati degli attivisti per i diritti umani, rinchiusi nella prigione di Evin. Un nome che quando viene pronunciato fa venire i brividi agli iraniani per i racconti di orrore che fanno coloro che riescono ad uscire da quel buco nero negazione di ogni giustizia. Dal 2009,da quelle pacifiche proteste stroncate brutalmente dai pasdaran e dai basiji, Evin si è riempito di prigionieri. Nasrin Sotudeh che era diventata il difensore di molti arrestati ed ora sta condividendo con loro la stessa tragica sorte.
E’ stata accusata di agire contro la sicurezza nazionale, semplicemente a me pare che chiedesse libertà e rispetto dei diritti umani, ingredienti essenziali per trasformare un regime in uno stato democratico.
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