di Nicola Tranfaglia
Il messaggio di fine anno del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, non è stato rituale perché ha affrontato dal suo osservatorio i problemi dell’Italia di oggi e ha indicato le linee a cui come presidente della repubblica si attiene nel suo mandato. Della situazione internazionale che, a mio avviso, resta di particolare gravità, ho colto un indubbio aspetto positivo che è intervenuto con la presidenza americana di Obama e la tendenza che ne è derivata a una politica multilaterale (a differenza di quella dell’amministrazione Bush) e a sempre più frequenti incontri con le nuove grandi potenze come la Cina e con gli alleati europei.
Ma, subito dopo, ha indicato come era necessario, il prezzo alto che l’Italia ha pagato alla grave crisi economica e quindi alla “pesante caduta della produzione e dei consumi” che si è verificata in questo anno e dei rischi che corre nel 2010 l’occupazione.
Ha dato un giudizio positivo delle misure di protezione e sostegno assunte dal governo ma ha sottolineato anche le contraddizioni e i problemi di una parte del paese: “la realtà delle famiglie che hanno avuto maggiori problemi: le coppie con più figli minori, le famiglie con anziani, le famiglie in cui solo una persona è occupata ed è un operaio”.
Ha segnalato, a ragione, che le condizioni più critiche si riscontrano nel Mezzogiorno e tra i giovani sottolineando che “sono queste le questioni che richiedono di essere poste al centro dell’attenzione politica e sociale e quindi dell’azione pubblica.”
Qui il presidente critica indirettamente la politica economica del governo che non ha posto questi problemi al centro della sua azione e non si è reso conto dei pericoli che ne derivano per il progresso complessivo dell’Italia.
In particolare, Napolitano ha insistito sul rischio di fuga o di smarrimento delle nuove generazioni che hanno grandi difficoltà a trovare lavoro e a spendere le tante energie di cui dispongono.
L’ultima parte del discorso il presidente l’ha dedicato alle riforme istituzionali e alla giustizia e ha concluso riaffermando un aspetto che entrerebbe in aperta collisione con la maggioranza di Berlusconi se non fossero osservate le procedure previste per le riforme costituzionali e soprattutto non si salvaguardi quello che per il Capo dello Stato resta essenziale: “In un rinnovato ancoraggio ai quei principi che sono la base del nostro stare insieme come nazione, siano sempre garantiti equilibri fondamentali tra governo e parlamento, tra potere esecutivo, potere legislativo e istituzioni di garanzia e che ci siano regole in cui debbano riconoscersi gli schieramenti sia di governo sia di opposizione.”
In un linguaggio che non vuole essere in nessun modo conflittuale con le scelte del governo e mostra la massima apertura alle proposte di riforme, il presidente ha riaffermato, tuttavia, la necessità di salvaguardare i principi fondamentali della costituzione del 1948, gli equilibri tra i vari poteri della repubblica, inclusi gli organi di garanzia come la Corte Costituzionale e la presidenza della repubblica di cui è egli stesso titolare oggi.
Se il populismo berlusconiano cercherà di modificare questi rapporti e smantellare gli organi di garanzia, il Capo dello Stato non potrà non intervenire a difesa della carta fondamentale.
Da questo punto di vista, il discorso è chiaro. C’è da sperare che l’attuale maggioranza non tenti forzature come il nuovo Lodo Alfano, i disegni di presidenzialismo, leggi chiaramente incostituzionali come quella sulle intercettazioni telefoniche. Staremo a vedere nelle prossime settimane e nei mesi che verranno.
Il Capo dello Stato, nel suo messaggio di fine anno, ha parlato in maniera limpida. Sta ora alle forze politiche prenderne atto e procedere di conseguenza.
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