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15 ottobre, indiginazione e protesta
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di Paolo Beni*

15 ottobre, indiginazione e protesta

Il 15 ottobre, raccogliendo l’appello degli indignados spagnoli, si terranno manifestazioni in molte capitali europee. Sarà il giorno dell’indignazione e della protesta di quanti si oppongono alla distruzione dei diritti sociali e democratici provocata dalle ricette con cui i governi europei stanno affrontando la crisi economica. La manifestazione di Roma vedrà la partecipazione di tanti soggetti diversi, organizzazioni sociali, reti, alleanze, gruppi informali, singoli cittadini. E’ un fatto importante, perché oggi in Italia c’è tanto più bisogno di convergenza e di azione comune fra le diverse forze che, pur con esperienze identità e culture diverse, si oppongono alla deriva in cui sta scivolando il Paese.
La recente manovra economica imposta dal Governo è inutile e sbagliata, non risolve il problema del debito, non libera risorse per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo, avrà al contrario effetti recessivi. E’ soprattutto una manovra scandalosamente ingiusta sul piano sociale, un massacro ai danni di lavoratori, pensionati, famiglie.
Si potevano cercare le risorse nella lotta all’evasione, tassando le grandi ricchezze e i grandi patrimoni, riducendo le spese militari. Invece si è scelto di far pagare i più deboli per non toccare gli interessi dei più forti. La cricca che in questi anni si è arricchita a danno del Paese non intende restituire il mal tolto né mettere in discussione le proprie scelte, rifiuta la dialettica fra le parti sociali, stravolge impunemente i principi sanciti dalla Costituzione.
La situazione è grave, è a rischio la tenuta del tessuto sociale del paese. Le politiche liberiste di questi anni e l’effetto distruttivo della finanza speculativa stanno causando un corto circuito fra sviluppo economico, diritti sociali e democrazia. I governi non hanno la forza di opporsi ai poteri finanziari o non vogliono farlo, e preferiscono scaricare i costi della crisi sui più deboli.
Ci dicono che non ci sono alternative. Ma noi sappiamo che questa crisi non è un maleficio del destino bensì il frutto di precise scelte politiche. E pensiamo che non se ne possa uscire accettando come dogmi intoccabili le ricette imposte dai poteri finanziari che l’hanno provocata. Nemmeno il patto di stabilità può essere un vangelo: quelle regole vanno discusse e subordinate ad altri vincoli di natura sociale.
E’ il momento di cambiare strada verso un diverso sistema economico e sociale, verso uno sviluppo mirato alla riconversione ecologica dell’economia, alla qualità e alla sostenibilità delle attività produttive, ai beni pubblici e sociali. Non è vero che il risanamento dei conti pubblici e lo sviluppo economico siano incompatibili con l’equità, la giustizia sociale, la partecipazione democratica. E’ possibile rimettere al centro il lavoro, i beni comuni, il welfare, la sostenibilità ambientale, la cultura e l’istruzione, una vera democrazia al servizio delle persone e delle comunità.
E’ possibile costruire l’alternativa di un’altra economia, di un’altra società, di un’altra democrazia. La condizione per farlo è che le scelte sul nostro futuro non siano sequestrate nelle mani di governi subalterni ai poteri economici; che in Italia come in Europa siano le società a farsi protagoniste del cambiamento. Per questo saremo in piazza il 15 ottobre.

* Segretario nazionale Arci


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