di Shukri Said*
Dopo un mese di missione all’estero, Abdiweli Mohamed Ali, detto Gas, Primo Ministro del TFG (Governo Federale di Transizione) della Somalia, è rientrato a Mogadiscio. Arriva dopo ben sei giorni dal terribile attentato al Ministero dell’Istruzione dove hanno perso la vita oltre 80 persone e più di 150 sono rimaste ferite: un bilancio gravissimo, con le bandiere a mezz’asta nella capitale per tre giorni e, nonostante il quale, il Primo Ministro non ha ritenuto di interrompere la permanenza in Etiopia dove ha preferito incontrare perfino gli studenti universitari pur di mancare l’ultimo saluto a così tante vittime di Al Shabab.
La visita in Etiopia completava un lunghissimo viaggio all’estero che ha portato Abdiweli, tra l’altro, a New York per la lunga 66° conferenza dell’ONU a margine della quale si è tenuto il 21 settembre, sotto la presidenza dello stesso Ban Ki-Moon, anche un minivertice sulla Somalia con la partecipazione di 19 paesi, tra cui l’Italia.
Da New York Abdiweli, al seguito di Agostino Mahiga, Ambasciatore delle Nazioni Unite per la Somalia, è volato lo scorso 29 e 30 settembre a Copenhagen per la 20° riunione dell’International Contact Group (ICG) per la Somalia dove erano confluiti anche i ministri della difesa e dell’interno del TFG.
Alla riunione danese, Mahiga aveva imbucato anche Sheikh Sharif Hassan, detto Lametta, speaker del Parlamento di transizione, che si era mosso parallelamente ad Abdiweli anche a New York, sebbene non invitato.
E’ stato proprio in questo vuoto di potere delle istituzioni a Mogadiscio che si è inserito l’attentato di Al Shabab martedì 4 ottobre.
A onor di cronaca, da Addis Abeba, Abdiweli avrebbe telefonato al Presidente transitorio della Repubblica Sheick Sharif Ahmed per avere istruzioni e questi l’avrebbe tranquillizzato sul fatto che ai funerali di Stato era sufficiente la sua presenza, invitando Abdiweli a non interrompere la visita presso l’influente vicino etiope.
Il consiglio all’ingenuo Abdiweli però, era a doppio fondo perché è servito a coprire anche l’assenza alla cerimonia di Lametta che, da Nairobi, dove era volato da Copenhagen, ha preferito non comparire a Mogadiscio per evitare i fischi e le contestazioni che lo accompagnano ad ogni pubblica apparizione.
Così ai funerali di Stato, l’unico esponente delle screditate istituzioni di transizione era il Presidente Sheick Sharif Ahmed il quale, nel suo discorso di commiato, ha affidato a Dio la punizione dei criminali di Al Shabab senza indicare le azioni che intende attuare sul campo. “Perché non può, o perché non vuole” hanno detto tanti somali.
Non può – osservano - perché le istituzioni di transizione ancora reggono solo perché sostenute dalle truppe di AMISOM messe a disposizione dall’Unione Africana con soldati burundesi e, sopratutto, ugandesi, ma senza un sufficiente sostegno da parte della popolazione. Non vuole, perché i capi di Al Shabab provengono da quell’Unione delle Corti Islamiche dalle quali lui stesso proviene.
La reazione ufficiale delle istituzioni di transizione all’attentato è stata quella di organizzare, per domenica 9 ottobre, una manifestazione contro Al Shabab, col risultato di ottenere dal popolo la bollatura di patetico e ridicolo lamento di piazza, vilmente preferito ad una vera caccia ai capi di Al Shabab che circolano indisturbati per le vie di Mogadiscio.
Dal canto suo Abdiweli, mancando all’appuntamento per l’ultimo saluto alle vittime, ha visto crollare il suo prestigio presso la popolazione dove pure le aspettative erano alte nei suoi confronti, essendo stato vice dell’amato ex Primo Ministro Mohamed Abdullahi Mohamed. I somali non gli perdoneranno di essere caduto nella trappola di restare lontano dalla patria nel lungo e mesto lutto nazionale.
Ad ogni modo, con il ritorno a Mogadiscio di Abdiweli, è terminato anche l’inseguimento da parte di Lametta: ovunque il primo si sia recato, si è trovato inaspettatamente a fianco il secondo. Perfino all’ONU (dove non aveva titolo per comparire alla mini-conferenza sulla pacificazione della Somalia, essendo ammesse solo figure esecutive come, appunto, il Primo Ministro) Lametta ha trovato il modo di apparire, ma solo per intercessione dell’Ambasciatore Agostino Mahiga che ha speso i suoi buoni uffici per farlo ricevere dalla Sig.ra Asha Rose Migiro, Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite, ma, soprattutto, tanzaniana come lo stesso Mahiga.
Per questo ruolo promozionale in favore di Lametta, Mahiga è ormai visto dai somali come una sorta di “ufficio stampa” preposto a spianargli la strada al potere dopo l’agosto 2012 in cui è prevista la scadenza delle istituzioni di transizione.
L’inseguimento di Lametta a Gas si è interrotto solo alle porte di Addis Abeba, ma Lametta sapeva benissimo che il Primo Ministro etiope Meles Zenawi, nel prendere in carico Abdiweli, non aveva bisogno di altre balie.
Le ingerenze straniere sulla Somalia continuano a destare allarme e preoccupazione.
L’organizzazione islamica moderata di Ahlu Sunna Wal-Jamaha, al termine di una riunione del suo direttivo, tramite il Vicepresidente Sheikh Omar Ali Rooble, ha affermato che finora Mahiga ha deviato dal compito che gli è stato affidato perché, invece di sostenere e indirizzare i somali verso la pace e la stabilità, sta operando per la divisione loro e della stessa Ahlu Sunna. “Abbiamo invitato l’Ambasciatore Mahiga – ha concluso Rooble – a dedicarsi al prestigioso incarico che gli è stato affidato. Se non lo osserverà, prenderemo seri provvedimenti.”
L’unico Paese che sta mostrando sincera solidarietà e collaborazione alla Somalia è la Turchia che ha rifiutato di affidare alle Nazioni Unite i suoi contribuiti per la carestia e per la ricostruzione preferendo gestirli direttamente sul posto ed in diverse direzioni: sue erano le borse di studio che i giovani attendevano fuori dal Ministero dell’istruzione quando sono stati falciati dall’attentato di Al Shabab; sua è stata la prima disponibilità ad accogliere nei propri ospedali i feriti più gravi mandando a prenderli con un proprio aereo; suo è l’impegno in varie infrastrutture, sia nel settore sanitario che in quello dell’istruzione, che nel ripristino delle public utilities.
Il Premier turco Erdogan, la scorsa estate, è stato il primo Capo di governo a far visita ufficiale a Mogadiscio e durante la permanenza si è recato anche in un vicino campo profughi. Sempre Erdogan ha promosso ad Ankara, lo scorso agosto, un’importante riunione di ben 57 paesi islamici in favore della Somalia invitando Sheikh Sharif Ahmed al quale ha così donato visibilità e credito politico. Per contro, il Presidente di transizione somalo non risulta nella lista di coloro che hanno fatto le condoglianze a Erdogan per la scomparsa della madre avvenuta la scorsa settimana. Evidentemente i continui contatti con l’estero, rimproverati per i loro eccessi da Ahlu Sunna, non hanno ancora insegnato il galateo internazionale a chi attualmente rappresenta la Somalia sul palcoscenico mondiale.
*fondatrice dell'Associazione Migrare – www.migrare.eu