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Viaggiare senza padrini
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di Elisabetta Reguitti

Viaggiare senza padrini

Nel Paese dei piccoli, appiccicosi e insistenti opportunisti, dei presunti martiri di congiure e censure politiche, di chi lancia crociate per salvare se stesso, un uomo che viaggia senza padrini sta sulle scatole un po’ a tutti. Stiamo parlando di un’ormai  vecchia conoscenza degli amici di Beppe Giulietti e del sito “Articolo21” che davvero, per pimo, hanno sempre praticato (e non solo predicato) la “libertà di espressione”. Il soggetto in questione è Marco Bazzoni, l’operaio di Firenze il cui merito (o demerito a seconda dei punti di vista) è quello di viaggiare sulla corsia delle cose che servono per davvero senza mettersi al servizio di nessuno. E' fatto ormai noto che grazie alla denuncia di Bazzoni sulla grave situazione degli infortuni sul lavoro (dieci pagine di documenti spediti nel 2009) lo scorso 30 settembre la Commissione europea  ha inviato a Roma la lettera con cui mette in mora - sulla base della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro - il nostro Paese che in pratica obbliga a mettersi in regola. La notizia era stata ripresa da giornali e siti e non poteva esserediversamente nonostante  Marco Bazzoni, l’uomo che viaggia senza padrini, stia sulle scatole a molti.
Un giorno un collega mi ha riferito  che il direttore del suo sito ha commentato: “Non diamo spazio a Bazzoni che è solo in cerca di visibilità”.
Punto primo: le mail che arrivano ad ogni giornalista italiano scritte da  Marco Bazzoni possono essere considerate tutto tranne che inviti a dare visibilità ad una persona che ti mette con le spalle al muro e ti scrive: “Insomma, vi decidete a  pubblicare la mia lettera o no?”.
Marco Bazzoni perseguita, non lascia respirare  e di solito non chiede, ma pretende di essere ascoltato.
Punto secondo: se anche Bazzoni cercasse visibilità mediatica sarebbe molto più meritata di tanti tromboni  bipartisan  che scrivono fiumi di parole sul Paese che non c’è più (c’è mai stato?).
Terzo: meglio è  dare visibilità ad un cittadino che si impegna, ottenendo risultati, per una causa di civiltà o alla schiera di politici (vecchi e nuovi-vecchi) “amici degli amici di” (o sindacalisti) che riescono a farsi intervistare sul niente?
Eppure, nel Paese dei piccoli e appiccicosi opportunisti e crociati per se stessi, per non darla vinta ad un uomo che viaggia senza padrini si rischia  di perdere un nuova notizia.
Quella cioè che un rappresentante di un ministro  della Repubblica Italiana (Maurizio Sacconi) anziché prendere atto di un provvedimento dichiari come l’Unione europea abbia “commesso un errore a mettere in mora l'Italia e probabilmente non sarà facile spiegarlo all'Ue”. 
Insomma, la notizia c’è tutta: l’Italia viene messa con le spalle al muro su di una questione come la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro ma il Governo si difende dicendo che è stato commesso un errore.
Dal canto suo Marco Bazzoni non ha fatto una piega scrivendo: “Hanno ragione a dire che non sarà facile convincere la  Commissione europea  perchè quando io ho fatto la denuncia, poi la Commissione europea ha voluto giustamente sentire anche le spiegazioni che dava lo Stato Italianosui punti che io gli contestavo. Quindi, se non sono riusciti a convincerli prima dell'apertura della procedura d'infrazione, dubito fortemente ci riusciranno dopo”. Prosegue poi l’operaio: “Invece di attaccare la Commissione europea che li ha messi in mora, evitino le polemiche e pensino piuttosto a rispondereai punti che gli sono stati contestati (che non sono pochi). Ce ne sono due che pesano come macigni, la deresponsabilizzazione del datore di lavoro in caso di delega e subdelega (salva-manager) e la violazione dell'obbligo di disporre di una valutazione dei rischi per la sicurezza e salute durante il lavoro per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori”. Tutto chiaro?
Eppure della risposta del ministero guidato da Sacconi nessuno ne parla. Nessuno si indigna, nessuno grida allo scandalo e all’ingiustizia. Nessuno schieramento politico, di certo nessun sindacalista men che meno l’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi sul lavoro). In una conversazione, all’indomani della sua  nomina a presidente Franco Bettoni, mi disse: “Noi dobbiamo occuparci dei sopravvissuti e delle famiglie, non possiamo preoccuparci anche dei lavoratori. Di quelli dovrebbe occuparsi il sindacato”. Io gli risposi: “Ma se ve ne occupate voi, con tutte le vostre storie di sofferenza e mutilazioni,  tutti vi daranno retta e vi ascolteranno".
Parole cadute nel vuoto. Perché l’Anmil ormai emette più comunicati neanche quando muore qualcuno, perché ormai  nessuno ha interesse a cavalcarela “guerra dei caduti sul lavoro” e perché quelli come Bazzoni viaggiano senza padrini.

reguitti@articolo21.com


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