di Giulio Albanese*
Duole doverlo scrivere, ma no n fa piacere sapere che il Consiglio di Amministrazione della Rai abbia espresso parere favorevole in merito alla drastica riduzione delle sedi di corrispondenza nel mondo . Anzitutto va ricordato che il “core business” di un’azienda preposta al servizio pubblico radiotelevisivo , come la Rai, dovrebbe rispondere adeguatamente, in questa difficile congiuntura economico - finanziaria su scala planetaria, alla diffusa esigenza di conoscere e riflettere sull’attualità internazionale. Nelle relazioni tra i popoli, infatti, la sfida prim’ancora che essere economica, politica o sociale è culturale. E l’informazione, da questo punto di vista, rappresenta la prima forma di solidarietà. È curioso , peraltro , che questo provvedimento venga adottato quasi in coincidenza con la decisione del nuovo governo Monti di affidare a un ministro “senza portafoglio ”, il professor Andrea Riccardi, le deleghe per la cooperazione internazionale e le politiche dell’integrazione. Si tratta di temi che non possono prescindere da un’informazione puntuale, soprattutto dal Sud del mondo . Pertanto , il progetto di ristrutturazione Rai, sostenuto sia dei consiglieri di maggioranza come anche da quelli di minoranza, è profondamente contrario agli interessi e alle prerogative del nostro Paese in un mondo sempre più “villaggio globale”. Pensare che le sedi di corrispondenza all’estero siano uno spreco , significa, alla prova dei fatti, legittimare un indirizzo isolazionista, rispetto agli investimenti che altri grandi aziende straniere del settore stanno realizzando nel mondo . Basti pensare a quello che la Cina ha messo in cantiere in Africa, nell’ambito del servizio radiotelevisivo , per non parlare di altri network del mondo arabo attivi nelle aree di crisi. In particolare, è bene rammentare che l’apertura della sede Rai a Nairobi è stata fortemente voluta, oltre che dalla Tavola della Pace, dai nostri missionari, con l’intento dichiarato di “dare voce a chi non ha voce”. Sarebbe dunque auspicabile che i vertici della Rai guardassero alle sedi estere come ad una straordinaria risorsa per rilanciare l’intera azienda e soprattutto alcune redazioni, duole doverlo scrivere, affette da un cronico provincialismo , o da un’eccessiva attenzione al gossip e alla cronaca rosa. Per carità, i tagli saranno anche necessari, ma non certo sul versante delle redazioni estere. Esse piuttosto vanno sostenute da nuovi spazi nei palinsesti quotidiani capaci di portare in primo piano la vita delle persone e dei popoli.
*missionario comboniano
(tratto da Avvenire, 1 dicembre 2011)