di Nicola Tranfaglia
L’assemblea che si svolgerà nei prossimi giorni (da venerdì 22 a domenica 24 gennaio) ad Acquasparta, per iniziativa dell’Associazione Articolo 21 e di molte altre associazioni e istituzioni della società civile (da Libera alla Tavola della Pace,da Libertà e Giustizia alla Federazione nazionale della Stampa,dall’ANPI all’ANAC e a molte altre), riguarda il destino della costituzione repubblicana e i doveri degli italiani.
Almeno di quegli italiani, che a quella costituzione sono ancora legati e fedeli perché credono nei valori di legalità, libertà individuale e collettiva, di solidarietà e di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge che ci hanno insegnato i padri costituenti.
Oggi si tratta di organizzarsi nella società civile, come in quella politica, e lottare per la difesa di quei valori che attengono alla vita democratica iniziata in Italia, pur con tutte le contraddizioni che conosciamo,dopo il fascismo e la Liberazione del 25 aprile 1945.
Quale è il progetto politico, dobbiamo chiederci oggi, del capo carismatico Silvio Berlusconi, attuale presidente del Consiglio, e della sua ampia maggioranza parlamentare ?
Ormai il disegno è chiaro, se si leggono i discorsi e le dichiarazioni del gruppo dirigente berlusconiano: sono urgenti riforme che cambino il dettato costituzionale e trasformino la nostra repubblica parlamentare in un regime presidenziale senza contrappesi né meccanismi di controllo ancora vigenti come il Capo dello Stato, la Corte costituzionale e la magistratura penale (incluso il Consiglio superiore della magistratura).
Chi, sia pure con serenità e cortesia, invoca le “riforme condivise” con l’opposizione come fa il presidente della repubblica Napolitano o in modi diversi il presidente della Camera Fini viene tacciato da disturbatore.
E i vari Cicchitto precisano che le riforme si faranno comunque e, quindi, all’opposizione resta la scelta tra approvare o votare contro, ma senza conseguenze apprezzabili.
Di questa situazione sono consapevoli (più che un’opinione ormai ridotta al lumicino, grazie a tv e quotidiani vicini al capo) alcuni politici che hanno sperimentato direttamente i governi Berlusconi come l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro o giuristi come il già presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky.
Scalfaro sottolinea due aspetti allarmanti e oggi dimenticati:nella XIV legislatura, dal 2001 al 2006: Berlusconi e i suoi seguaci avevano approvato un progetto che attribuiva, in modo esclusivo, lo scioglimento delle Camere al presidente del Consiglio e azzerava la carica del Capo dello Stato.
Si interveniva, insomma, sulla prima parte della costituzione. Ma il 25 e 26 giugno 2006 milioni di italiani bocciarono il progetto (il 60 per cento dei votanti). Dopo appena quattro anni dal referendum popolare, lo si vuole attuare ad ogni costo.
Questa è la situazione attuale quantunque televisioni e giornali ne parlino il meno possibile e non mettano in luce il pericolo che abbiamo di fronte.
Vero è che tra qualche mese potremo trovarci con l’approvazione parlamentare, sia pure a maggioranza, di una repubblica presidenziale senza controlli e contrappesi, una sorta di regime populistico autoritario che impedisce di fatto sia l’alternanza democratica che qualsiasi forma efficace di opposizione.
E’ altrettanto certo che un voto a maggioranza renderà possibile il referendum confermativo/abrogativo ma è sicuro che, se la comunicazione diverrà sempre più opaca e gli italiani sapranno poco o nulla della posta in palio, potrebbero esserci sorprese nel referendum che pure quattro anni fa, nel 2006, aveva visto una salda maggioranza a difesa della costituzione.
Perché non avvenga questo, è necessaria una mobilitazione che non riguardi soltanto l’opposizione parlamentare ma una parte rilevante e maggioritaria della società civile.
L’assemblea di Acquasparta nasce da questa fondamentale esigenza e vuole essere una prima tappa necessaria di questa mobilitazione che dobbiamo promuovere di qui al prossimo 2 giugno 2010.
Speriamo che questa volta gli italiani si rendano conto di questo grave pericolo e si mettano in movimento contro il pericolo di un populismo autoritario.
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