di Gian Mario Gillio*
È da sempre presente nella società umana l'abitudine di segnare il tempo con scansioni precise, date significative: l'inizio dell'anno, festività religiose e in tempi moderni il ricordo di avvenimenti del passato che hanno segnato l'identità nazionale, da noi il XX settembre, il 25 aprile, il 2 giugno. Di recente è stata introdotta una nuova categoria di date significative: i giorni dedicati alla memoria. Siamo infatti a pochi giorni dalla ricorrenza del 27 gennaio (sessantacinque anni fa, il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli di Auschwitz. Le immagini che apparvero agli occhi dei soldati sovietici che liberarono il campo, sono impresse nella nostra memoria collettiva) e questa Giornata sarà ricordata con numerosi appuntamenti consultabili sul sito www.ucei.it . Momenti che dovrebbero costituire punti fermi nella presa di coscienza della nostra identità collettiva perché fissano avvenimenti che hanno segnato le generazioni passate, di cui è essenziale mantenerne il ricordo. Mentre le feste nazionali del passato rinnovavano ricordi di vittorie o di gloria (sia pur glorie effimere come tutto ciò che è umano) i giorni della memoria rievocano sofferenze, dolore. Il 17 febbraio, ad esempio, ricorda le Lettere Patenti con cui Carlo Alberto, nel 1848, poneva fine a secoli di discriminazione riconoscendo ai suoi sudditi valdesi i diritti civili e politici. Un editto di tolleranza che concedeva libertà molto limitata, per quanto concerne infatti quella religiosa "nulla era innovato" e restavano perciò in vigore tutte le restrizioni dell'età controriformista. Quella che è stata per decenni la festa dei valdesi è diventata, a ragione, la giornata degli evangelici. Anzitutto per ricordare un problema, quello della libertà, in questo caso religiosa, di coscienza, il fatto che la espressione della religione deve essere libera in una società moderna e il potere civile, lo Stato, non ha alcuna competenza in questo campo e tanto meno ha da privilegiarne una. La tolleranza è una concessione del Potere, la libertà è una conquista della coscienza.. Lo Stato può concedere spazi controllati ma il vivere da uomini liberi, non solo di dire e fare liberamente ma di essere liberi è il risultato di una lunga battaglia. La libertà religiosa nel nostro paese è stata una lunga conquista che dalle Lettere Patenti del 1848 è giunta sino alla Costituzione del dopo guerra e permane impegno attuale. Per questo motivo Sergio Velluto, presidente del Concistoro della Chiesa evangelica valdese di Torino, ci informa su un’iniziativa di sensibilizzazione questi giorni: «Le chiese Evangeliche del Piemonte hanno inviato una lettera a tutti i Consiglieri Regionali. A giorni andrà in aula la discussione della pdl sulla istituzione del 17 febbraio come “Giornata regionale della libertà di coscienza, di religione e di pensiero”. La pdl giunge in aula col parere contrario della Commissione e pertanto ha pochissime probabilità di passare. Abbiamo voluto far sentire la nostra voce. La pdl regionale – ha proseguito Velluto – nasceva anche in seguito alle varie iniziative legate alla proposta di legge nazionale sulla Libertà religiosa. L’idea di scrivere questa lettera – ha concluso il presidente – è partita dal Concistoro della Chiesa Valdese di Torino ed è stata accolta dai Circuiti delle Valli, dagli Avventisti di Torino, da molte comunità Battiste, e ha avuto il "nulla osta" del Rabbino capo di Torino». Nella lettera si legge: «Come componente attenta alla vita sociale e politica della nostra regione, le nostre chiese seguono con interesse l'attività dell'Assemblea Regionale. In particolare abbiamo apprezzato l'iniziativa che ha portato alla presentazione della proposta di legge n.526 del 12 marzo 2008 sulla istituzione della "Giornata regionale della libertà di coscienza, di religione di pensiero". Sono oltre 150 anni che la comunità valdese, grazie alle Regie Patenti, prima anticipazione dello Statuto Albertino del 1848, ha avuto riconosciuti i Diritti Civili, ponendo fine alla discriminazione di una minoranza solo per il fatto che professasse una convinzione religiosa diversa da quella della maggioranza. Da quel primo atto, firmato a Torino il 17 febbraio del 1848, sono poi discesi tutti gli altri (4 marzo Statuto Albertino, 24 marzo concessione diritti alla Comunità Ebraica, ecc ) che hanno portato alla nascita in Italia di uno stato laico che ha garantito l'espressione e la tutela di tutte le espressioni di coscienza e religiose. Oggi la fisionomia della nostra regione ha acquisito una caratteristica multiculturale in cui le diverse espressioni di coscienza (religiose o meno) possono liberamente convivere grazie alla legislazione moderna che in quegli Statuti ottocenteschi affonda le sue radici. La nostra comunità non soffre più di discriminazioni ed è impegnata affinché nessun altro sia messo in condizione di subirle a cagione della sua coscienza. Riteniamo – prosegue la lettera delle Chiese valdesi e metodiste del Piemonte – che i diritti e la libertà non siano garantiti per sempre e in ogni luogo, ma vadano coltivati e difesi continuamente. Per questo abbiamo colto con favore l'iniziativa di alcuni Consiglieri regionali di fissare una giornata simbolica in cui potesse essere ricordato questo concetto basilare della democrazia. Poiché la legislatura sta arrivando a termine, a nostro parere, sarebbe un atto doveroso e qualificante per tutta la comunità piemontese che la proposta di legge in oggetto non venisse dimenticata e trovasse una sua collegiale approvazione. Una proposta di legge sulla Libertà religiosa, con le firme di Deputati e Senatori appartenenti a tutti gli schieramenti politici, è stata presentata nella scorsa legislatura in Parlamento. La libertà di coscienza, di religione e di pensiero non è un concetto di parte. E' un presupposto che tutela tutti e che va esteso anche laddove fatica ad attecchire. Per questo vi chiediamo di sostenere attivamente l'approvazione del disegno di legge n. 526».
*direttore della rivista Confronti