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Premio Giuntella a Silvano Lancini, Graziella Marota e Albino Longhi
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di redazione

Premio Giuntella a Silvano Lancini, Graziella Marota e Albino Longhi Lettera di Silvano Lancini ad Articolo 21

Vivo ad Adro. Il paese della “Padania” dove qualcuno ha cercato di imporre un
simbolo di partito sui banchi delle scuole elementari. Alcuni mesi prima volevano espellere i bambini le cui famiglie non erano in regola con i pagamenti. Io ho scritto una lettera che avevo intitolato “DIGNITA’”. Ne
riporto solo due frasi:


“Voglio urlare che io non ci sto.  Ma per non urlare e basta ho deciso di fare un
gesto che vorrà dire poco, ma vuole tentare di svegliare la coscienza dei miei
compaesani… Ho deciso di rilevare il debito dei genitori che non pagano”

“Molto più dei soldi mi costerà il lavorio di diffamazione che come per altri casi
verrà attivato da chi sa di avere la coda di paglia. Mi consola il fatto che
catturerà soltanto quelle persone che mi onoreranno del loro disprezzo. Posso
sopportarlo.”

Ovviamente è difficile scrivere a coloro che non sapevano e volevano leggere e
vedere i fatti.

Alcuni hanno deciso che quelli che non pagavano erano “furbetti”. Dovrebbero avere
almeno la faccia di entrare nelle case di questi furbetti.

Recitano tutti i giorni il PadreNostro ma non colgono l’analogia con il concetto di
“rimettere il debito”.

Mi hanno detto che la carità si fa in silenzio. Io sono d’accordo ma non volevo
proprio fare la carità, volevo scandalizzare.

Chi vuole 100 euro da un povero, almeno non abbia alle spalle debiti per  importi
1000 volte superiori.

Io mi rivolgevo agli altri. Ai miei colleghi che mi hanno regalato una targa con la
famosa frase di Don Milani: “E’ inutile avere le mani pulite se poi si tengono in
tasca” Alle tante persone per bene che mi sono state vicine. Spero a voi.

Vi ringrazio dell’invito e della possibilità che mi date di esprimere le mie idee e
mi scuso se non sono presente. Non ho alcun pudore o paura a metterci la faccia.
Sono molto orgoglioso delle mie idee, mi piace però disgiungerle dalla persona e
prima ancora dalla faccia. Specialmente in questo mondo che confonde le idee con la
faccia di chi le esprime.

Mi interessa molto il tema della libertà di informazione. Io stesso avevo
sottovalutato gli effetti di medio lungo termine derivanti dal controllo
dell’informazione.  Al nostro paese (intendo ADRO, eventuali generalizzazioni le
lascio a voi) se qualcuno dice bianco trova subito un altro che dice nero. A questo
punto tante persone perbene fanno la media e ritengono che la verità sarà grigia.

Per aver regalato un po’ di soldi mi sono preso pagine dei peggiori insulti. Il
presidente Napolitano mi ha voluto premiare e il Sindaco oltre ad insultare me si è
messo ad insultare il presidente dicendo letteralmente. “Si deve vergognare..” “Se
si danno queste onorificenze a cani e porci allora diventano ingiustamente porci e
cani anche coloro che le hanno meritate”.

 A quel punto mi sono preoccupato. Se mi presentavo qui, il mio sindaco dichiarava
direttamente guerra agli Stati Uniti. Ve la immaginate Padania contro America. Ma
io non amo la guerra: sono un uomo di pace.

Infine la cosa che mi sta più a cuore. Potete dimenticarvi di me ma non di noi. La
comprensione di quanto è avvenuto nel nostro paese attraverso il controllo
dell'informazione, l'occupazione degli spazi e delle associazioni è una esperienza
che può essere utile a tutti per costruire difese per tempo.

--
Lettera Graziella Marota
Andrea aveva solo 23 anni, amava la vita e il lavoro. Un ragazzo bello come il sole,
calmo come il mare d’estate, d’indole fin troppo buona, aveva sempre un sorriso per
tutti e cercava di aiutare i più deboli.

Andrea lavorava nello stabilimento Asoplast di Ortezzano (A.P.), azienda
dell’indotto Merloni con un centinaio di operai, florida e moderna come poche,
specializzata nello stampaggio di materiali in propilene, PVC e tampografia. Peccato
che Andrea in quello stabilimento così moderno è morto a soli 23 anni il 20-06-2006
mentre stava lavorando alla Mag 1000, una macchina tampografica che imprime icone
colorate sui frontalini di elettrodomestici, la testa colpita da due tamponi capaci
di spezzargli l’osso del collo nello schianto minimo di pochi secondi. L’hanno
trovato così, sgomenti, gli altri operai, in una pozza di sangue che usciva copioso
da un orecchio.

Un lavoro da operaio semplice, un ragazzo senza troppi grilli per la testa, indomito
suonatore di chitarra, leader del gruppo Nervous Breakdown.

Un lavoro eseguito per un misero stipendio e la sicurezza un optional; quella
macchina tampografica era una macchina killer, non aveva i giusti sistemi di
sicurezza e l’unico presente era stato rimosso per velocizzare la produzione.

Vengono definite “Morti Bianche” e non si capisce il perché. Queste morti hanno
variegati colori: rosso, come il sangue che sgorga dalle ferite profonde, nero come
il buio e il dolore in cui piombano i familiari che restano e oro, come il denaro
accumulato dagli imprenditori che giocano con la vita della classe più debole.

Queste morti non sono mai incidenti, sono frutto dell’avidità di chi rifiuta di
rispettare le norme sulla sicurezza e sono frutto del disprezzo per la vita, la vita
degli operai naturalmente, la vita di chi è costretto a lavorare anche 10-12 ore al
giorno su di una impalcatura senza protezione o di chi deve manovrare macchinari con
sistemi di sicurezza disabilitati per aumentare la produzione.

Oggi il valore assoluto in questa società è il DIO PROFITTO e non la VITA UMANA in
quanto un operaio è considerato solo un numero che può essere facilmente
sostituibile.

Io sono Graziella Marota, mamma di Andrea, che si è vista strappare un figlio nel
fiore degli anni; per una mamma è il dolore più atroce che possa provare nella vita.

In casa ora regnano il vuoto , un silenzio assordante e, ogni tanto, guardo la porta
d’ingresso sperando che si apra e Andrea torni a casa come sempre. Ma la realtà è
cruda e capisci che tutto ciò non sarà mai più possibile perché quel figlio che hai
tanto amato e cresciuto, se ne è andato per sempre, non tornerà mai più!

Quando si prende coscienza di questo il cuore si lacera sempre di più! !!!!!!  Ti   
       rendi conto che la tua vita si è fermata cinque anni fa ed ora vivi un
un’agonia costante dove il tempo sembra scorrere al rallentatore, insomma capisci
che la tua esistenza è un ergastolo a vita mentre i diretti responsabili di questo
omicidio conducono la loro vita di sempre con il proprio lavoro, i propri cari….per
loro nulla è cambiato.

E’ inaccettabile che una persona parta al mattino per andare a lavorare e non faccia
più ritorno a casa.

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Dalla rete di Articolo 21