di Norma Ferrara
Fare a partire dalla strada. Dall'incontro con l'altro, dai suoi bisogni e dalle sue idee. Interrogarci e ragionare insieme sulle politiche sociali, i diritti e le proposte volte a costruire una prospettiva di maggiore uguaglianza nell'offerta delle opportunità e nella distribuzione delle risorse nel nostro Paese. Questo uno degli obiettivi di "Strada Facendo", luogo d'incontro e confronto fra associazioni, volontari, operatori, studiosi, studenti, politici e amministratori locali che quest'anno si svolgerà a Terni, dal 5 al 7 febbraio, promosso da Gruppo Abele, Libera e Cnca. Abbiamo parlato di questa tre giorni di lavoro che sta per partire e della situazione economico - politica e sociale del Paese e dell'Umbria, con l'Assessore regionale alle politiche sociali, Damiano Stufara.
L'Umbria ospita per la seconda volta l'incontro "Strada Facendo". Nel 2005 la tre giorni di lavoro si svolse a Perugia, quest'anno sarà Terni ad ospitarla. Cos'è cambiato nella società sotto il profilo sociale - politico ed economico in questi cinque anni?
Sono cambiate molte cose, la maggior parte in peggio. Sia per gli effetti che la crisi sta producendo nella società italiana, determinando una crescita del quadro dei bisogni e anche del disagio, sia per l'assenza di politiche che seriamente si pongano l'obiettivo di rafforzare questi settori d'intervento. Per quel che riguarda l'Umbria, ma anche le altre regioni, un dato è particolarmente significativo: nel 2007 la quota del Fondo nazionale per le politiche sociali destinata a l'Umbria è di 15 milioni e mezzo di euro. Oggi questa cifra scende a 6 milioni e mezzo: di fronte a queste cifre è evidentissima la volontà del Governo di mettere in ginocchio i sistemi di welfare locale. Noi abbiamo provato a resistere, da un lato innovando il nostro modello e la programmazione, dall'altro cercando di colmare le lacune che i tagli finanziari determinano. Da "Strada Facendo" del 2005 ad oggi la spesa sociale diretta della nostra Regione è cresciuta del 104%. Questo è un dato di per se significativo di cosa è cambiato in questi anni e in che direzione stia andando questo cambiamento.
Molti tagli nella Finanziaria hanno penalizzato le politiche del Welfare. Che ambiti in particolare sono stati danneggiati dai tagli e quali sono le conseguenze a livello locale di queste scelte nazionali?
E' stata penalizzata tutta l'area della spesa sociale. Tutte le voci che nel fondo indistinto servivano a finanziare: i servizi per i giovani, infanzia, immigrazioni, anziani, hanno subito la stessa entità di taglio. Le conseguenze sono quindi state che le regioni hanno dovuto supplire a queste risorse mancanti. In Umbria non siamo rimasti a guardare ma abbiamo lavorato sul complesso delle politiche sociali. Solo per citarne alcune, proprio in queste settimane si sono compiuti passi importanti: a dicembre è stata approvata la nuova legge che disciplina il sistema integrato di interventi e servizi sociali, con elementi di innovazione significativi. E proprio dieci giorni fa abbiamo approvato, in via definitiva, il nuovo piano sociale regionale. In Umbria si è scelto di rileggere il contesto sociale e, a partire da questa nuova lettura, introdurre gli elementi che potevano permetterci di rispondere in maniera più adeguata ai nuovi bisogni. L'Umbria, negli ultimi anni, ha visto crescere la componente degli anziani e dei migranti. Questi processi innescano ulteriori difficoltà che stiamo cercando di affrontare. Uno degli aspetti salienti sarà ad esempio introduzione dei livelli di assistenza regionali: da un decennio sono previsti a livello nazionale ma nessuno sembra avere interesse a garantirli, cosi abbiamo scelto di aprire una stagione di universalizzazione del sistema di Walfare e di garanzia di esigibilità dei diritti su tutto il territorio, attraverso la declinazione dei livelli, su scala regionale.
Inutile nascondere che ci si trova in questo momento a ragionare di politiche sociali nel pieno di una crisi economica, che ha numerose ripercussioni nella vita quotidiana delle persone. Quali politiche rivolte al sociale, al Welfare, sono necessarie adesso?
Servono politiche integrate. Noi amministrazioni regionali abbiamo contribuito a tamponare l'emergenza. Il problema è che l'organizzazione degli ammortizzatori, casse integrazioni e altro, è a tempo e già dai prossimi mesi quegli elementi di tutela verranno meno e si passerà direttamente ai licenziamenti, se il ciclo economico non si inverte in maniera significativa. Noi abbiamo improntato un pacchetto anticrisi per famiglie e imprese, in Umbria. Stiamo per aggiungere altre risorse in questa direzione, ma è chiaro che una regione piccola come la nostra, ma anche altre, se vengono lasciate da sole ad affrontare questi problemi non possono farcela. Quello che manca sono politiche nazionali. O meglio quelle attuali sono devastanti, vanno nella direzione di tamponare qualche singola difficoltà e poi lasciano il singolo ad arrangiarsi'.
Un tema centrale scelto nella due giorni di "Strada Facendo" è: l'uguaglianza nel rispetto delle differenze. E' proprio di ieri l'infelice dichiarazione del Presidente del Consiglio che ha equiparato la presenza di immigrati con i dati della criminalità nel Paese, mettendoli in stretta correlazione. Qual è la sua opinione in merito e a che punto si trovano le politiche per i migranti in Italia?
La dichiarazione di Berlusconi altro non è che l'apertura della campagna elettorale per le regionali con il solito metodo: solleticare le paure del popolo italiano inducendo ad una stagione di odio della quale non abbiamo certamente bisogno. Una dichiarazione da condannare, Non c'è dubbio che le disuguaglianze siano molto aumentate nel Paese e che le migrazioni abbiamo inoltre posto di fronte ad una rilettura del contesto sociale e culturale del territorio. L'Umbria è un caso significativo per l'esperienza di lavoro su integrazione e migranti. I processi migratori nella regione sono recenti ma intensi. Gli ultimi dati Istat ci collocano di poco sotto l'Emilia Romagna, il trend ci piazza, già dal 2010, in prima posizione. La Regione ha da poco presentato il primo rapporto sull'immigrazione dal quale emerge che il livello di inclusione ed integrazione sociale dei nuovi cittadini ci colloca fra i migliori d'Italia. Questo dato è il frutto di un lungo lavoro: da un lato volto a manterere una tenuta della dimensione comunitaria, della solidarietà fra persone, della comunità come soggetto di integrazione. Dall'altro lato concentrato su una presenza capillare e costante sul territorio. Negli ultimi 15 anni abbiamo finanziato circa 1.700 progetti, anche piccoli, che però sono stati l' occasione per radicarsi e penetrare il territorio con queste politiche a sostegno dei processi di integrazione.
Su tutto questo impegno pende una spada di Damocle, il reato di clandestinità....
Abbiamo una legislazione italiana che produce clandestinità e non aiuta. Il fatto che dei 4milioni e mezzo di regolari presenti sul territorio nazionale l'80 percento sia stato un clandestino può significare due cose: o che abbiamo 3milioni e mezzo di potenziali criminali pericolosissimi sul territorio o che quell'equazione, fra clandestinità e criminalità, non ha senso di esistere. Bisognerebbe abolire questo reato e invece costruire delle modalità per governare il processo attraverso dei canali d'ingresso regolari e attenti.
Molti dei diritti di cui abbiamo parlato sin qui, e che saranno oggetto di questa tre giorni di lavoro, sono valori indispensabili della nostra Carta Costituzionale: lavoro, salute, diritti della persona. Quanto è importante recuperare questa centralità della Costituzione nella progettazione di politiche per il sociale?
Penso che le parole di Don Ciotti alla presentazione di "Strada Facendo", la settimana scorsa a Terni, siano il centro del nostro lavoro. Don Ciotti ha definito la Costituzione "l'alfabeto delle responsabilità collettive". Condivido pienamente questo approccio e penso che si debba ripartire proprio da qui. Tutti i giuristi del mondo definiscono la Costituzione italiana una delle più avanzate mai esistite. Certamente molte previsioni della Costituzione, in termini di diritti, non trovano oggi corrispondenza nella realtà. Ma questo deve rappresentare uno stimolo affinchè questa corrispondenza si realizzi e non un motivo per decidere di smontarla, come sembra che alcuni vogliano fare. Inoltre siamo di fronte ad un attacco agli organi di garanzia costituzionale che non ha precedenti. In quest'ultima fase, il Presidente del Consiglio ha attaccato contemporaneamente: la Corte costituzionale e la magistratura, pilastri dell'ordinamento italiano. Un fatto simile non ha precedenti negli ultimi 60 anni di vita di questa democrazia. Dunque i rischi di una involuzione antidemocratica nel Paese, costruita attraverso una deriva populista, non può che preoccuparci. Paradossalmente è ancora più insidioso che tutto ciò avvenga sulla base della conquista continua del consenso. Non dobbiamo dimenticare che il fascismo e il nazismo andarono al potere con un ampio consenso.
Democrazia che è sempre più messa a rischio anche dalla costante presenza di un sistema mafioso che incide sui diritti delle persone e altera le regole dell'economia e della politica. Su questo versante proprio la Regione Umbria si è impegnata in prima linea: ha istituito una Commissione d'inchiesta e contestualmente dato il via a percorsi di informazione con Liberainformazione. Qual è la situazione nella regione attualmente?
Siamo in una fase delicata, nella quale le organizzazioni criminali e mafiose hanno cambiato pelle e il loro grado di penetrazione nei territori avviene attraverso l'economia e non più solo attraverso la militarizzazione del territorio. Questo è molto più insidioso e fa si che le ramificazioni siano le più imprevedibili e le più radicate. L'Umbria ha anche avuto negli ultimi 15 anni un flusso di risorse straordinarie per la ricostruzione post - sisma del '97. Certamente questo ha influito nella crescita della presenza della criminalità organizzata, soprattutto perchè nel medesimo periodo, si è registrato una più ampia diffusione del narcotraffico. Nel contrasto alel mafie serve una strategia complessa e fatta di più aspetti: certamente il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è centrale, allo stesso tempo però si rendono necessarie: una vigilanza delle amministrazioni pubbliche, ad esempio sulla tematica degli appalti, e un lavoro di diffusione della cultura della legalità. Abbiamo voluto stabilire questo rapporto con Libera Informazione proprio perchè a voi, chiediamo di aiutarci nell'affermare questa cultura dei diritti e della legalità, nella quale, per intenderci, chi fa forzature nel sistema della pubblica amministrazione non venga considerato un "furbo" ma un rischio per la salute del sistema.