di Elisabetta Reguitti
E’ questo che ho trovato sfogliando i maggiori organi di stampa all’indomani della manifestazione promossa a Brescia dall’associazione Migranti. Oltre 10 mila immigrati che si sono dati appuntamento per protestare contro le delibere razziste che ormai dilagano nel profondo nord. Diecimila persone che hanno sfilato con un adesivo rettangolare giallo e nero sul quale campeggiava la scritta “Combatti il razzismo e lo sfruttamento per la sicurezza sociale”. Non avevano alcuna bandiera politica solo striscioni con slogan che ricordavano che ci sono ordinanze che obbligano l’uso della sola lingua italiana nei luoghi pubblici, i premi in denaro riconosciuti agli studenti meritevoli (immigrati esclusi), contro i 500 euro di incentivo per tornare nei Paese di origine dai quali si è fuggiti, contro il divieto di professare una religione diversa dal Cristianesimo e tanto altro ancora.
Uomini e donne che hanno ricordato a tutti che alcuni Comuni negando diritti a chi è cittadino straniero nega diritti anche ai francesi e agli spagnoli. Contro le delibere locali, sempre più spesso bocciate dai Tribunali che ne sanciscono il carattere palesemente discriminatorio e che cercano di ridisegnare le politiche sociali in base alla nazionalità.
Che la crisi economica rischia di scatena conflitti anche razziali all’interno delle fabbrichette in cui un padrone può decidere se pagare o non un lavoratore straniero. Che tanto rimane un “negher”. Contro il razzismo quotidiano che fa tanto male quanto un gesto magari eclatante che trova spazio e risalto nei titoli dei Tg serali.
Insomma in piazza a Brescia sabato sarebbe stato importante, un po’ per tutti, esserci. Per conoscere da vicino quella che è già l’Italia di domani. Che ci piaccia o no. Invece solo 10 righe di comunicato stampa nelle notizie brevi della pagine della Lombardia.
"Io mi sono dimenticato com’è il Pakistan le sue tradizioni e i suoi colori. I miei figli sono nati qui e non l’ hanno mai visto. Non possiamo più essere trattati ancora come ospiti". Sono state le parole di Mahfooz Safdar vicepresidente dell’ associazione pakistana nazionale. Per la comunità pakistana il gioco del cricket è importante quanto il calcio per gli italiani per questo motivo il divieto imposto dalla città di Brescia di poterlo praticare nei parchi pubblici è stato per loro uno schiaffo fortissimo. Ma non si arrendono promettendo di portare la nazionale italiana di cricket ai mondiali oltre ad un grande raduno sportivo fissato per agosto sempre a Brescia.
Alla testimonianza di Safdar si aggiunge quella di Ennya Ariss del coordinamento immigrati della Cgil di Brescia. “ Il problema più importante, però, resta quello del lavoro. Oggi se un immigrato perde l’occupazione ha sei mesi di tempo per trovarne un’altra, altrimenti non gli viene rinnovato il permesso di soggiorno. Noi siamo i primi ad essere stati lasciati a casa per le conseguenze della crisi”. "Questo è il nostro paese, vogliamo bene all’Italia e paghiamo le stesse tasse che pagate voi. Per questo motivo vogliamo partecipare alla vita del paese, nel bene e nel male, e abbiamo diritto agli stessi aiuti di cui godono gli italiani" afferma Iqbal Mazhar dell’ associazione Diritti per tutti. A queste parole possiamo unire quelle di Adama Mbodj segretario generale della Fiom di Biella e fratello del senegalese ucciso lo scorso dicembre nel comune piemontese dal suo datore di lavoro perché chiedeva la regolarizzazione della propria situazione. "Dove governa la destra, veniamo considerati come carta da buttare. Vogliamo ricordare a chi ci ascolta che esiste una Costituzione che oggi però viene male interpretata, anche nei loro confronti", ha spiegato Mbow Momar, rappresentante di tutte le associazioni di immigrati della provincia di Brescia che ha aggiunto: "Ci hanno attaccato con i bonus bebè, con le ronde, con i decreti sicurezza, con i controlli a tappeto senza esito, vietando il gioco del cricket nei parchi e infine ci umiliano offrendoci 500 euro per tornare volontariamente a casa" riferendosi alla nuova iniziativa messa in campo dalla giunta comunale di Brescia che tra l’altro si appresta ad inserire nel nuovo Pgt (piano di governo del territorio) vincoli alla costruzione di edifici di significato politico/identitario/religioso come minareti e moschee.
Tutte scelte populiste che non portano certamente alla risoluzione dei problemi quotidiani di convivenza; che in compensano incendiano gli animi in questa parte del profondo nord nella quale sono ormai oltre 160 le nazionalità presenti. Dove le adesioni degli stranieri ai maggiori sindacati – tra i lavoratori attivi – superano il 20 per cento del totale.
E tra gli alunni nella fascia di età tra i 5 e 14 anni, nella sola città di Brescia, un quinto di loro è figlio di persone che non hanno la nazionalità italiana.