di Giulia Fresca
Rabbia, costernazione e beffa. Sono questi i sentimenti che animano i partecipanti alla manifestazione nazionale“Basta veleni. Riprendiamoci la vita, vogliamo una Calabria pulita” che in queste ore sta animando Amantea, la cittadina sulla costa tirrenica cosentina, nota agli onori della cronaca per la vicenda della nave “Jolly Rosso” che vi si arenò nel dicembre del ’90. In piazza la moglie del comandante De Grazia, Anna Vespia, accompagnata dal figlio Giovanni, e c’è attesa per la mamma di Ilaria Alpi e la partecipazione, nonostante il tempo non favorevole è massiccia e tantissime sono le associazioni che hanno risposto all’appello lanciato dal Comitato civico “Natale De Grazia” che l’ha promossa facendo affluire da tutta la regione migliaia di persone (15 mila secondo la questura), insieme per richiamare l’attenzione sulla vicenda della “nave dei veleni”, inabissata nelle acque al largo di Cetraro ma anche sulle emergenze ambientali della valle del fiume Oliva, ad Aiello Calabro, dove si ipotizza siano stati interrati rifiuti nocivi e radioattivi, e di Crotone dove interi quartieri residenziali, comprese le scuole, sono stati costruiti sui rifiuti pericolosi della ex “Pertusola Sud”.
Il corteo aperto da uno striscione del Comitato De Grazia, sorto nel nome del capitano della Marina morto a metà degli anni '90 mentre indagava sulle navi a perdere nell’ambito di un pool della Procura di Reggio Calabria ha un’appendice internazionale grazie all’adesione di alcuni studenti calabresi del programma Erasmus che animeranno momenti di sensibilizzazione in Spagna, a Jaen (Andalusia) e a Lille, in Francia.
Ma la rabbia è quella dei cittadini che hanno paura dell’aumento dei casi di tumore, che in Calabria in questi venti anni ha avuto un incremento, fino a poche settimane fa ingiustificato e che dopo la scoperta della nave di Cetraro è divemtato una terribile realtà con la quale scontrarsi. L’inquinamento delle coste potrebbe essere irrisorio se paragonato al veleno che i prodotti ittici hanno ingerito trasmettendolo alla popolazione. Non solo dunque, pesce radioattivo ma tutta la catena dell’agro alimentare terribilmente compromessa. Questo significa che l’interramento delle scorie ha interessato le falde acquifere e dunque l’acqua di irrigazione,che in Calabria non è mai stata sottoposta a controlli accurati.
L’economia della pesca è in ginocchio e si aggiunge a quella del turismo che per via del mare sporco, è ormai in crisi da anni tanto da indurre il presidente della regione Calabria, Agazio Loiero, nel 2008 a chiedere pubblicamente “scusa” ed il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio a proporre un’iniziative del “Mare da bere” fallita miseramente.
Oggi la gente è in piazza per protestare non contro la politica ma contro la mancanza di tutela da parte delle Istituzioni nei confronti di un’intera popolazione che non è solo calabrese ma che, nello specifico delle navi dei veleni, interessa l’intero Mediterraneo.
Ciononostante molti politici saranno assenti come quelli del PdL perché ritengono la manifestazione “strumentale”. Strumentale a chi?. I calabresi oltre alla rabbia ed alla costernazione di fronte all’immobilismo totale, si sentono beffeggiati. Nessuna risposta da 42 giorni, da quel 12 settembre quando ufficialmente la storia del relitto di Cetraro; presumibilmente la Cunski, ha inizio. Ma nessuna risposta è arrivata da Crotone, dove lo screening epidemiologico disposto dall’allora governatore Giuseppe Chiaravalloti oggi indagato per vari reati, è fermo da ben sei anni. Ed infine, proprio ieri, dopo aver impiegato più di un mese per arrivare, la nave “Mare Oceano” messa a disposizione del Ministero dell’Ambiente per effettuare le verifiche sul relitto non è riuscita ad iniziare la sua attività, ufficialmente a causa del maltempo. In realtà solo ieri la commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti ha licenziato due decreti di sequestro riguardanti il “recupero di un fusto ed un campione di sedimenti marini nelle vicinanze del relitto”. La beffa è dunque che, a parte le immagini offerte dalla telecamera ad immersione radiocomandata, non si sa ancora nulla sulla presenza di cadaveri nel relitto e soprattutto sul contenuto dei fusti, presumibilmente “fanghi radioattivi”.
Intanto crescono le dichiarazioni e la prima ad arrivare è quella di Giacomo Mancini, esponente del Pdl, ex parlamentare che oggi non partecipa alla manifestazione di Amanetea perché, scrive «Trovo più che giusto che dalla Calabria si faccia sentire la voce di un popolo che chiede di vivere in una regione sicura anche dal punto di vista ambientale. E, però, è imperdonabile che da un mese in Italia e all’estero si sia strumentalmente diffusa l’idea che il mare calabrese sia radioattivo e pieno di scorie, solo per imbastire una polemica contro il governo nazionale. E ad Amantea ho l'impressione che per gridare forte contro il governo, vomiteranno veleni sulla Calabria. Un crimine imperdonabile contro la nostra terra. Da quando il pentito ha parlato di questo relitto collegandolo ad un traffico internazionale di rifiuti, l’onorevole Loiero ed il suo assessore all’ambiente invece di affrontare con pacatezza e serietà il problema hanno dato polvere ai cannoni della propaganda anti Berlusconi parlando di «bomba tossica» senza che esistesse un solo dato scientifico a conforto. Questi fusti propagandati come radioattivi a detta del capo ispettore dei ricercatori del Ispra sembrano contenitori normalissimi in dotazione a tutte le navi e alloggiati sul ponte per contenere oggetti vari e non certamente sostanze tossiche. Aspettiamo gli esami definitivi, augurandoci che escludano ogni pericolo. E, però, i danni prodotti da questo allarmismo strumentale sono ingenti e rischiano di avere conseguenze devastanti. Pensiamo al settore turistico e a quello ittico: sono in ginocchio e non sarà facile risollevarli. Chi ha responsabilità istituzionali ha il dovere dell’equilibrio. Il presidente Pecorella della commissione parlamentare sulle ecomafie è stato anche in questa vicenda impeccabile. È invece imperdonabile – conclude Mancini – che il massimo rappresentante istituzionale della Calabria pur di lucrare un vantaggio in termini elettorali per la sua parte, non abbia esitato a distruggere agli occhi del mondo l’immagine della Calabria».
Ma la Calabria non cista perché il problema non riguarda solo il mare ma anche la terra ed in fatti la petizione “Liberi dalle scorie” lanciata dal Quotidiano della Calabria ha visto l’adesione di oltre 22000 persone in pochissimi giorni tra i quali moltissimi personaggi pubblici ed associazioni, e naturalmente Articolo 21.
I politici di centro sinistra sfilano nonostante uno striscione recita "Liberiamoci dalle scorie portiamole in Parlamento" e si registrano fischi all'indirizzo di Diego Tommasi leader dei Verdi calabresi, ed ex assessore all’ambiente, coinvolto con Pecoraro Scanio in alcuni reati ambientali. Tra i politici nazionali è presente Antonio Di Pietro ed avevano dato adesione Pierluigi Bersani e Dario Franceschini oltre a tantissimi sindaci, ma sono le famiglie, i ragazzi ed i tanti i medici, i veri protagonisti di questa “Ribellione”.