di Ylenia Di Matteo
“Non c’è nessuna strada facile per la libertà”… Non a caso Nelson Mandela venne insignito del Nobel per la Pace nel 1993... Solo tre anni prima, l’11 febbraio 1990, dopo ventisette anni, centottantanove giorni e quindici ore, veniva liberato a Città del Capo, una “segregazione” cui era stato sottoposto proprio per le sua straordinaria battaglia di libertà dall’apartheid, dalla forzata separazione tra bianchi e neri. Questa politica di “buon vicinato” (espressione coniata da uno dei suoi ideatori, Hendrick Frensch Verwoerd) venne istituita nel 1948. Imponeva ai cittadini di registrarsi come bianchi o neri, permetteva di bandire ogni opposizione etichettata dal governo come "comunista", proibiva a persone di colore diverso di utilizzare le stesse strutture pubbliche, complicava l’accesso per i neri all'istruzione, sanciva la discriminazione razziale in ambito lavorativo. Erano gli anni ‘50, teorie (e pratiche) del nazismo erano ancora vive nella memoria.
L’Italia di oggi non è il Sudafrica di ieri, ma la “segregazione”, pur sotto altre forme, è tutt’altro che un concetto superato. Negli ultimi mesi il nostro è diventato il paese dei divieti, in nome dell’ordine pubblico, dell’igiene, della sicurezza, del rispetto dei costumi e delle tradizioni. Grazie alla creatività di alcuni sindaci e di altrettanti politici (leghisti ma non solo). A Lucca, nei ristoranti del centro storico, vietati i piatti di etnia diversa come il kebab o il cous cous, a Foggia autobus riservati agli immigrati e a Milano carrozze della metropolitana solo per la razza autoctona. Fino al “Bianco Natale” di Coccaglio, nel bresciano, perché “Il Natale è della tradizione cristiana”.
Ed è proprio nel rispetto della tradizione cristiana che “Il mio maialino non vede l’ora di fare la pipì sulla moschea” (Calderoli) e “Vadano a pregare nel deserto! Non voglio vedere neri, marroni o grigi che insegnano ai nostri bambini! Cosa insegneranno, la civilità del deserto? “(Gentilini), proprio nel rispetto dell’altrui diversità che “Voglio la pulizia etnica dei culattoni” (Gentilini), perché “La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni… Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni” (Calderoli).
Poco più di un mese fa la tragedia già dimenticata di Rosarno. Quel giorno, in quella località sventurata del sud, il razzismo crescente e dilagante si è tristemente saldato con la sospensione dello stato di diritto e della legalità.