di Elisabetta Viozzi
Quello che Benjamin Netanyahu ha portato con sé alla Casa Bianca è un fardello pesante: proprio mentre iniziavano i colloqui nella sala ovale con Barack Obama, da Gerusalemme è arrivata la notizia, a conferma della linea intransigente di Israele sulla Città Santa, che l’amministrazione aveva dato il via libera alla costruzione di venti nuovi appartamenti oltre la Linea verde, la zona araba della città. Dopo che, il giorno prima, il leader aveva sottolineato che Gerusalemme non è una colonia ma la capitale di Israele: un vero e proprio “diritto” quello di costruire laddove il popolo ebraico costruiva oltre 3.000 anni fa, ha rimarcato Netanyahu di fronte all’assemblea dell’Aipac, l’American Israel Public Affairs Committee, potente lobby filoisraeliana negli Stati Uniti. La cena con Joe Biden, il vicepresidente che aveva visto funestata la sua visita in Israele, due settimane fa, con l’annuncio bomba della costruzione di 1600 nuovi edifici a Gerusalemme Est, non deve essere stata un pasto rilassante. Tanto meno lo è stato l’incontro con il segretario di stato Hillary Clinton, se si vuole interpretare come un segnale il fatto che, il faccia a faccia, inizialmente previsto al dipartimento di stato alla presenza dei media, è stato poi spostato nell’albergo dove risiedeva il premier israeliano, a porte chiuse. Nella Sala Ovale, poi, durante il colloquio tra Obama e Netanyahu, l’aria deve essere stata piuttosto tesa, nonostante il fatto che anche qui nessun giornalista è stato ammesso a testimoniare il clima dell’incontro. Stati Uniti, dunque che, tra mille cautele diplomatiche, non nascondono la freddezza che la linea dura del governo Netanyahu ha portato nei rapporti tra i due paesi, storici e cruciali alleati. E, fuori dalle stanze del potere, il rischio di una nuova intifada e di un nuovo, sanguinoso scontro tra israeliani e palestinesi, dopo l’operazione “piombo fuso” dell’anno scorso, rimane alto. Il sangue inizia già a scorrere: stanotte 2 palestinesi sono rimasti feriti dalle bombe lanciate da Israele contro un campo profughi nel nord della striscia di Gaza. E’ la sesta notte di bombardamenti consecutivi sulla striscia, scatenati dal lancio di razzi palestinesi verso Israele. Mattia Toaldo, Docente di Politica Italiana all'università americana IES di Roma e collaboratore della rivista LIMES, parla della politica israeliana come una politica suicida, stretta com’è dall’isolamento diplomatico da un lato, e da una crescente contrarietà dell’opinione pubblica dall’altro, per non parlare della fragilità interna del governo.
Ascolta l'intervista a Mattia Toaldo