di Ugo Dinello
"No, davvero, non esiste: vedere quel corpo martoriato fa capire che siamo oltre i limiti, non solo dello stato di diritto, ma del rispetto della persona umana". Di corpi martoriati, di immagini cruente un magistrato chissà quante ne ha viste. Ma ogni volta è la prima volta. E le immagini del volto martoriato di Stefano Cucchi, il ragazzo arrestato ai giardini dell'acquedotto di Roma la notte del 16 ottobre e restituito cadavere alla famiglia la mattina del 23 ottobre, hanno colpito Felice Casson, ex sostituto procuratore della Repubblica e attuale componente della Commissione Giustizia del Senato. Il giorno dopo è stata sua la prima interrogazione presentata perché si facesse luce su un episodio aberrante. E anche sul suo prosieguo, se possibile ancora più aberrante, con organi dello Stato, con ministri della Repubblica, che sembrano fare a gara per rivelare particolari che dovrebbero essere coperti da segreto, il tutto nel maldestro tentativo di gettare cattiva luce su un morto che non si può nemmeno difendere.
Ma i fatti parlano chiaro. "Stefano Cucchi è stato sottoposto a fermo per fatti di non grave allarme sociale - spiega Casson - ed è morto con lesioni gravissime procurate nel periodo in cui era a carico degli organi di polizia e giustizia dello Stato".
Eppure si assiste ora a un palleggiamento di responsabilità, a un continuo ammiccamento osceno con particolari sull'arresto e le responsabilità altrui. Cosa sta succedendo allo Stato di diritto?
"Il palleggiarsi le responsabilità tra ministero della Giustizia e della Difesa è letteralmente osceno. Una cosa vergognosa e una mancanza di rispetto agghiacciante nei confronti di una famiglia che ha subìto un grave lutto. Tanto più se si tratta di un tentativo di coprire le responsabilità"
Quindi, dal punto di vista pratico, cosa occorre fare ora?
"Accelerare subito le indagini. Sovrintendere a che vengano analizzate, sia all'interno della polizia penitenziaria che dei carabinieri, tutte le posizioni con cui questo povero ragazzo è venuto a contatto".
Lei ha parlato di una mancanza di rispetto nei confronti della famiglia. Ma a monte nei confronti di quella famiglia c'era stata pure una negazione di diritti. Cosa ne pensa?
"Sì, i familiari avevano diritto di vedere il loro congiunto. Questo gli è stato negato. E questo ci porta a un particolare ancora più grave, una di quelle cose che fanno tremare i polsi a tutti i genitori: se i familiari avessero potuto vedere da vicino Stefano, se si fossero potuti rendere conto dell'estremo pericolo in cui versava il loro figlio, ebbene, avrebbero potuto lanciare l'allarme quando era ancora vivo, e non quando hanno visato quel corpo martoriato all'obitorio. Se fossero stati rispettati i loro diritti forse a quest'ora non staremmo parlando di un cadavere".
C'è chi parla di una "caduta dalle scale", come nei film sulle carceri.
"Ma vi rendete conto? Una caduta dalle scale! Quando si sa benissimo che una persona impaurita che si trovi in stato di costrizione, come è un arrestato o un detenuto, ha ancora più paura a denunciare i soprusi".
Qui lo Stato di diritto sembra essere stato lasciato fuori dalla porta.
"Questo caso ha portato a galla una serie di mancanze e di colpe inconcepibile, che nulla hanno a che vedere con lo Stato di diritto. Qui segni sono di lesioni, lesioni gravissime. Ora ci spieghino come sono accadute invece di fare un teatrino orribile di scaricabarile. Quanto accaduto non è accettabile, da nessuno".
In uno stato di diritto tutto ciò non deve succedere. Intervista a GIANRICO CAROFIGLIO - di Ugo Dinello / Di carcere si può morire - di Bruna Iacopino / Una tragica morte tra Regina Coeli e l’ospedale Pertini. Molti dubbi e molti sospetti- di Luigi Manconi e Patrizio Gonnella / Stefano Cucchi: parlano i familiari