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L'attentato a Carlo Palermo nel 1985 a Pizzolungo: "non è solo una storia di mafia"
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di redazione

L'attentato a Carlo Palermo nel 1985 a Pizzolungo: "non è solo una storia di mafia"

Nel corso dell’odierna puntata di Brontolo, condotta da Oliviero Beha su RaiTre, si è ricordata la strage di Pizzolungo. Nel 1985 dopo soli 50 giorni di permanenza a Trapani come sostituto Procuratore, la mafia cercò di uccidere il magistrato Carlo Palermo. Lui sopravvisse in quell’attentato dove invece persero la vita Barbara Asta e i suoi due gemelli di 6 anni. Nel corso della puntata Oliviero Beha ha avuto modo di parlare a più riprese con Carlo Palermo. Nell’intervista che riproponiamo estrapolandola dalla trasmissione, vi sono alcune importanti e nuove dichiarazioni dell’ex magistrato.
 
Come ha passato i 5 anni dall’ ’85 al 90, prima di abbandonare la toga e dopo l’attentato che l’ha coinvolto.
Sono stati gli anni più terribili della mia vita. Nell’85, qualche mese dopo l’attentato, fui costretto ad abbandonare l’attività giudiziaria a seguito delle ulteriori minacce giunte non solo a me ma indirizzate anche nei confronti delle mie figlie. Dal successivo novembre mi trasferii al ministero di Grazia e Giustizia e quindi si verifico in me una trasformazione totale nella vita. Non c'era più quella che era stata negli ultimi 5 anni nei quali avevo dedicato tutto me stesso in un impegno di ricerca processuale delle verità a Trento e a Trapani che erano in qualche modo poste in congiunzione. Dopo l’attentato e dopo aver lasciato Trapani subentrò in me il vuoto più totale. Da una parte un vuoto operativo e dall’altra compressione smisurata nei miei confronti per le minacce ossessive di nuovi attentati, raccolte nei miei confronti a Roma nell’86 e negli anni successivi. Minacce così pesanti che, è poco noto, venne proposto nei miei confronti una sorta di mia soppressione formale, cioè un cambiamento di identità così come da qualche anno avviene nei confronti dei collaboratori di giustizia. Sarei dovuto sparire e mi sarebbe data una nuova identità in un altro paese, in Canada, dove oltre ad essere sistemato sotto ogni profilo non sarei più esistito come Carlo Palermo.
Da una parte mi trovai con scorte e protezioni che comprimevano la mia vita; dall’altra nell’impossibilità di svolgere una qualsiasi attività per la ricerca della verità. E’ stato il momento più difficile considerando che all’epoca avevo 38 anni.
 
 Lei sta meglio adesso di allora? O sta ancora male oggi per non aver potuto fare il suo lavoro?
 No, non sono guarito da quel male!
 
La sua è solo una storia di mafia?
Direi che forse potrebbe essere capovolta...sì, forse potrebbe essere esattamente capovolta: è anche una storia di mafia
 
Perché aveva scelto la procura di Trapani lei che era titolare a Trento di una delicatissima inchiesta?
Perché esisteva un collegamento diretto fra l’inchiesta trentina,  alcuni personaggi chiave di Trento e personaggi di Trapani. Inoltre un collegamento diretto tra me e Gian Giacomo Ciaccio Montalto proprio nell’esame congiunto di questi elementi che territorialmente interessavano entrambi, proprio nel periodo dell’ultimo mese prima della sua uccisione. Quando nel novembre del 1984 si verificò nei miei confronti ciò che non è mai avvenuto nella storia giudiziaria - e cioè che a un magistrato vengano tolti tutti i processi che aveva in corso -,  dall’oggi al domani mi ritrovai per volontà della suprema Corte di cassazione e su richiesta del Procuratore generale della Cassazione la scrivania vuota. Allora mi posi unicamente un problema:  cercare una sede che mi potesse dare la possibilità di continuare a cercare la verità. Trovai la sede di Trapani disponibile, perché era libero il posto a seguito dell’uccisione di Ciaccio Montalto e dell’arresto del suo collega Costa.
Nessuno voleva andare in quella sede, feci domanda e chiesi personalmente anticipato possesso all’allora ministro di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli. Per me il tempo era prezioso, sentivo che era un momento cruciale della mia vita poiché vivevo in un ingranaggio di acquisizione e comprensione della verità. Così cercai di affrettare il più possibile. Evidentemente anche altri affrettavano le loro contro-misure.
 
Quindi ci fu qualcuno contento che lei fosse andato a Trapani, visto l'attentato che le fecero pochi giorni dopo. Erano trascorsi solo 50 giorni dal suo arrivo a Trapani... 
Non credo. Non credo perché sono sopravvissuto. Questo ha costituito una variabile che ha scombinato i progetti di interessi contrapposti.
 
Ma lei in teoria non doveva sopravvivere e purtroppo ci portiamo dietro dei morti in quella vicenda, come Barbara Asta e i suoi due gemelli di 6 anni. Per fare memoria completamente è giusto dire che chi si scagliò contro di lei fu all’epoca il Presidente del consiglio Bettino Craxi che, attraverso il Presidente della Cassazione Tamburrino, in soli sei giorni la mise nei guai facendole perdere le inchieste di Trento. E’ così?
No, ha sbagliato. Il 15 dicembre del 1983 alle 8,30 di mattina mi trovavo nell’anticamera del ministro degli esteri Andreotti per un suo esame testimoniale. Incontrai nell’anticamera il personale della Guardia di Finanza che, seguendo le impostazioni e i risultati della mia inchiesta trentina, attraverso il nucleo polizia tribunale di Roma mi aveva preparato dei provvedimenti di perquisizione e sequestro di documentazione in certe società. Io firmai questi provvedimenti, ascoltai il ministro Andreotti e alle 13,30 partii per Brindisi per un convegno.
Quando alle 21 arrivai alalla sede del convegno in hotel, trovai due messaggi. Di mio padre e del Presidente del tribunale di Trento. Entrambi  mi riferirono che era intervenuto il Procuratore Generale della Cassazione perché avrei compiuto degli atti contro parlamentari e vi era quindi una minaccia di mia sospensione del servizio. Quei provvedimenti non sono mai stati eseguiti.
 
 Ho sbagliato perché ho detto sei giorni, avrei dovuto dire poche ore?
 Esatto.
 
A Trapani lei tornò nel 2008 in occasione della commemorazione della strage di Pizzolungo. Dopo l’attentato e prima di quella data c’era mai tornato?
Vi sono stato qualche volta successivamente al 1990 e sono state delle esperienze traumatiche
 
Quando ha seguito tre anni fa la vicenda di Clementina Forleo a proposito delle scalate bancarie e delle intercettazioni, ha rivissuto una situazione di conflitto tra politica e magistratura oppure no?
Dall’epoca di tangentopoli sono stati numerosi i casi di conflittualità tra determinati magistrati e potere politico. Ogni qualvolta si sono verificati questi conflitti per me è stato naturale paragonarli a episodi da me vissuti in prima persona. Posso dire che ciò che è molto cambiato rispetto al passato è la contestualità dell’informazione.
 
Se ne parla di più, oggi?
Vede, la scarsa e inesatta memoria sui fatti che mi riguardano e su ciò che avvenne allora, non fu casuale, perché le mie notizie, il fatto che fosse intervenuto quel giorno il presidente del Consiglio Craxi si è venuto a conoscere mesi dopo.

(GUARDA LA PUNTATA SUL SITO DELLA RAI) / QUESTE LE INDAGINI CHE IL GIUDICE PALERMO STAVA SEGUENDO A TRENTO E POI A TRAPANI


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