di Marco Travaglio
Il direttore del Tempo Franco Bechis chiede di ridiscutere, dopo Londra, «le libertà di movimento e di pensiero». Per quella di movimento non sapremmo che dire. Ma, per quella di pensiero, c'è chi s'è portato avanti col lavoro. E ha risolto la faccenda nel modo più semplice: rinunciando a pensare. Prendete il ministro Gianduja, al secolo Calderoli. L'ultima volta che, diversi anni fa, un pensiero gli passò per la testa, lui tentò di castrarlo con le forbici. Lui infatti non parla: sfiata. Tanto sa che, qualunque cosa dica, non verrà preso sul serio. Uscire dall'euro per tornare alla lira, insultare Ciampi perché ci ha salvati dalla bancarotta, sparare agli immigrati, torturare gli scippatori, tagliar le palle agli stupratori, preparare la bara a Papalia, denunciare i giudici che scioperano, depenalizzare il razzismo, stato di guerra contro Bin Laden, prossimamente allarme atomico contro i cinesi e conversioni forzate dei musulmani al culto celtico. Chi lo dice, un ministro? No, Calderoli. Ah, beh, allora. Ogni tanto perfino Bossi lo trova eccessivo e lo cazzia: «L'altro giorno - raccontò Gianduja a Sette - sull'aereo pieno di parlamentari Umberto mi ha visto e ha urlato: â??Calderoli, da quando ti ho fatto 'saggio' (per le riforme, ndr) ti sei rincoglionito!â?. Ha riso tutto l'aereo». Fa piacere, in frangenti così drammatici, sentirsi in buone mani.
Poteva mancare una sua dichiarazione sull'intervento della gip Clementina Forleo in difesa dell'extracomunitario malmenato dalla polizia a Milano? No che non poteva, anche se è arrivato prima l'altro grosso pensatore padano, Mario Borghezio. S'è fiondato alla conferenza stampa di un sindacato di polizia e ha tuonato contro questa giudice «giuridicamente insulsa» e «mentalmente squilibrata». Lei ha risposto che il suo equilibrio mentale è già stato accertato dai test per entrare in polizia, essendo lei un ex commissario di Ps, per nulla buonista o di sinistra. � semplicemente un magistrato e, diversamente da Borghezio e Calderoli, conosce la legge e la rispetta. Sa che magistratura, come dice Havel, è «il potere dei senza potere»: esiste per difendere i cittadini inermi dai soprusi dei potenti. L'altro giorno, in piazza Duomo, le han detto di «farsi gli affari suoi». Ma lei sa che proprio quelli sono affari suoi. Per questo il regime vuole separare le carriere: per produrre magistrati che, di fronte a un abuso, si voltano dall'altra; per calamitarli nell'orbita del potere, affiancarli alla polizia e inculcargli la cultura del risultato. Vince chi «produce»: più arresti, più condanne. Oggi tira il terrorismo? Giù condanne per terrorismo, senz'andare troppo per il sottile. Domani va lo scippo? Giù condanne per scippo, con encomio governativo incorporato. Dieci agenti saltano addosso a un magrebino che ha tentato di prendere la metro senza biglietto e ha aggredito il controllore? Un giudice di regime accorre sul posto e gi dà qualche pedata in più nei denti, pronto a coprire le violenze dei tutori dell'ordine. La Forleo ha fatto il contrario: s'è fatta identificare per testimoniare al processo chi ha riempito il tizio di lividi. Dimostrando sul campo quant'è preziosa l'indipendenza dei magistrati e perché il regime si scalda tanto per cancellarla. Dopo nove anni di bicamerali e bombardamenti, è l'ultimo brandello di Costituzione che ci resta.
Ma, direbbero Borghezio e Calderoli se avessero la parola, insultare la polizia e opporvisi è reato: oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Roba da fucilazione, in tempo di guerra. Tolleranza zero, linea dura. Se l'imputato è extracomunitario. Se invece è italiano, anzi padano, allora non è grave. Si dà il caso, infatti, che gli onorevoli Bossi, Calderoli, Borghezio, Maroni e Caparini siano stati processati per gli stessi reati del magrebino di Milano: oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale per aver insultato e picchiato gli agenti della Digos venuti a perquisire la sede di via Bellerio a Milano, il 18 settembre '96. In primo grado Bossi fu condannato a 7 mesi, gli altri a 8. In appello la pena fu ridotta a 4 mesi. La Cassazione la confermò per Maroni e ordinò un nuovo appello per gli altri. Bossi e Borghezio invocarono l'immunità europea, ma il Parlamento di Strasburgo, la settimana scorsa, l'ha negata a larga maggioranza. «Fatto gravissimo», denuncia Calderoli, parlando della mancata impunità , non certo delle botte leghiste agli agenti. Quando li commettono loro, l'oltraggio e la resistenza a pubblico ufficiale diventano reati di opinione.
di Marco Travaglio (tratto da L'Unità , 13 luglio 2005)