Come si fa a spiegare che una giovane donna, in preda ad angosce e ad incubi che nessuna medicina riesce a sanare, tenta per tre volte di farla finita, e un giorno si butta nel vuoto, dal sesto piano di una palazzina dove aveva trovato rifugio alla periferia di Roma.
  Come si fa a spiegare che Fakhra Younas, questo il nome di questa infelice ragazza, ha sofferto e patito un inferno, qui e in terra, colpevole di nessuna colpa, se non quella di essersi ribellata alle violenze e alle umiliazioni che era costretta a subire da un marito, figlio di un influente politico pakistano, che la considerava cosa sua.
   Come si fa a spiegare che questa ragazza, un tempo famosa ballerina, ha pagato in modo atroce l'"affronto" di aver osato chiedere il divorzio, e di essere fuggito con il figlio; per questo il marito la sfregia orribilmente con l'acido mentre dorme, trasformando il suo bel volto in una penosa maschera di dolore.
  Come si fa a spiegare undici anni di calvario, trentanove interventi di chirurgia plastica per tentare di ridare un vis normale, e intanto dentro c'e' una ferita che sanguina e sanguina, che non puo' rimarginarsi, una sofferenza descritta in un commovente libro, "Il volto cancellato" scritto assieme a Elena Doni, e che presto diventa un best sellers: denuncia di quelle violenze e di quella realta' che migliaia di donne sono costretti a subire non solo in Pakistan.
  Il marito di Younas e' stato condannato, per il suo crimine, a un'inezia: sei mesi di carcere. Poi si e' risposato. Quel mascalzone ha avuto il coraggio e l'improntitudine di scrivere a Younas per dirle che comunque lei era l'amore della sua vita.
   Forse, dopo quello che aveva patito, non c'era nulla che si potesse davvero fare per Younas. Ma quante sono le Younas in Pakistan e nel mondo, che ne condividono la sorte, la violenza, la persecuzione solo perche' sono donne? La citta' di Roma dovrebbe trovare il modo per ricordare e onorare Younas, con una lapide, con qualche iniziativa. Un fiore per Younas, vittima del fanatismo e di una bestiale ignoranza, colpevole solo di essersi ribellata e rivendicato di essere una persona.